Il segreto della miniera, basato su una storia vera, è stato presentato con successo a numerosi festival, nei quali è stato insignito di prestigiosi riconoscimenti, tra cui Miglior Film e Premio del Pubblico all’Al Este International Film Festival di Buenos Aires e il Premio della giuria giovani al Trieste International Film Festival. Il film ha inoltre ricevuto il patrocinio di Amnesty International Italia.
Il lungometraggio di Hanna Slak ripercorre la vicenda del minatore sloveno di origine bosniaca Mehmedalija Alić (una persona che perse tutti i parenti maschi nella strage di Srebrenica del 1995 e alla quale egli stesso scampò perché era già emigrato in Slovenia) che nel 2007 scoprì i brutali segreti della recente storia slovena nella viscere della miniera di Huda Jama.
Alić venne inviato all’interno di una miniera ormai sigillata per poi riferire il contenuto alle autorità competenti. Dopo 2 anni di lavoro in cui ruppe 11 barriere e rischiò la vita in condizioni estremamente pericolose, scoprì la tomba nascosta di 4000 profughi di guerra uccisi alla fine della seconda guerra mondiale dai vincitori. L’atroce scoperta sconvolse la società slovena, ma la maggioranza ancora rifiuta di accettare la verità su questo crimine.
Il minatore Mehmedalija Alić è stato emarginato per aver insistito affinché le vittime venissero estratte ed identificate e nel 2013 la sua autobiografia No One è stata pubblicata riscuotendo enorme successo.
La regista Hanna Slak ha aiutato Alić nella stesura del libro, per poi adattarlo in un film sulla ricerca della verità personale e collettiva e sulla lotta per la giustizia sociale. Il film è stato prodotto da Nukleus Film, in collaborazione con lo Slovenian Film Centre.
“Come regista, sceneggiatrice e narratrice, mi sono ritrovata davanti al compito di raccontare la sua storia. Quando ho sentito per la prima volta delle scoperte di Huda Jama e delle 4000 persone uccise segretamente nella miniera e sepolte ancora lì dopo 60 anni, ero sconvolta. Ci sono state molte discussioni a proposito della scoperta, ma sono state sempre strumentalizzate dalla politica. La mia angoscia cresceva perché mi rendevo conto che qualcuno mi stava nascondendo una verità giudicata troppo terribile. Poi ho ascoltato Mehmedalija che raccontava la storia e mi sono trovata davanti un uomo che non aveva paura di guardare la verità dritta negli occhi e che si comportava con coerenza. Le sue parole hanno lenito la mia angoscia. Era orribile ma non avevo più paura. Ed è così che ho voluto raccontare la sua storia. Non ero interessata alla discussione storica, alla ricostruzione del passato, alle opinioni di autorità ed esperti. Tutti questi aspetti sono stati fondamentali per la ricerca preliminare, ma il mio interesse primario risiedeva nella figura straordinaria del minatore: la ricerca di se stesso e della verità, il suo viaggio nell’oscurità e la liberazione finale, che era anche la mia”