“Dubitate che io possa uccidere per la mia arte, eppure l’ho già fatto”
Da poco conclusosi il terzo appuntamento con la serie TV Leonardo che vede protagonista Aidan Turner, continua la stoia del genio vinciano.
Leonardo, ancora richiuso fra le mura del carcere con un’accusa che non sappiamo sia vera o addirittura mai esistita, continua a ripercorrere la sua memoria.
“Solo l’arte sa prendere il dolore delle nostre vite e trasformarlo in bellezza. La bellezza è una verità che sconfigge il tempo, donando all’artista l’immortalità, per questo l’arte è la più nobile delle imprese.”
Dalla morte alla vita, il lutto per la perdita dell’amata moglie diviene occasione per il Moro per commissionare a Leonardo il suo Mausoleo, dove per la prima volta egli sperimenterà la tecnica dell’affresco: nasce così L’ultima cena.
“Mi sono dedicato completamente ad una follia ed ora mi chiedono di iniziarne un’altre, sono un giocattolo nelle mai del Moro.”
Il tradimento come filo conduttore di una vita intera: il padre, la madre, il Moro, Gesù; quel Cristo che sceglie di rappresentare proprio nel momento del tradimento da parte di Giuda, appunto, accerchiato da sguardi e volti.
Quei volti, quei caratteri, quelle persone che lui scruta nelle piazze e nei mercati, come un regista con i propri attori.
Un punto di fuga che rende l’ultima cena il prosieguo della stanza in cui si trova, rendendo gli artisti essi stessi discepoli dell’ultima cena, così come chiunque osserva questo capolavoro ancora oggi; è questa la sua magia.
Per mesi una terribile sensazione lo attanaglia, quella di aver commesso un errore. Un ennesimo fallimento, la paura di deludere il Moro, o forse se stesso.
Intanto la storia incombe prepotente, così come i Francesi che minacciano il Ducato, ed è la spinta giusta che permette a Leonardo di ultimare il suo capolavoro, con una tecnica più unica che rara: mista a secco su intonaco.
“Inseguivo la verità, ma la inseguivo in modo sbagliato”
L’ultima cena di Leonardo è un’opera unica non ha eguali, e sull’eco di questo successo torna a Firenze dove accetta ancora una volta la commissione di un ritratto e per Cesare Borgia di trasferisce a Imola.
Lo stesso Cesare che aveva salvato il suo affresco da una distruzione certa, lo chiama a deviare il corso di un fiume, la tela più grande su cui abbia mai dipinto.
L’incontro con Niccolò Macchiavelli si rivela prolifico e produttivo, e da vita ad un progetto lungo, maestoso ed estremamente ambizioso.
“l’acqua ha una sua personalità, è furiosa, irrequieta e dotata di emozione come le persone”
Ma le mire di Cesare Borgia sono ben altre, e quando gli commissiona una macchina in grado di uccidere 100 uomini, si rende conto di essere in trappola, ostaggio di un gioco più grande di lui e di un sanguinario, che vuole sfruttare il suo genio e la sua arte, solo per creare morte e distruzione.
Questo è forse l’episodio in cui abbiamo visto molto poco dell’artista Leonardo e molto dell’uomo.
Ancora una volta storia e invenzione si mescolano, creando un po’ di confusione, e il finale lascia l’amaro in bocca e il sentore di una tragedia che sta per compiersi.