Ombre rosse (Stagecoach)
Regia: John Ford; soggetto: dal racconto La diligenza per Lordsburg di Ernest Haycox; sceneggiatura: Dudley Nichols; fotografia (B/N): Bert Glennon; scenografia: Alexander Toluboff; costumi: Walter Plunkett; trucco: Norbert A. Myles; colonna sonora: Richard Hageman, W. Franke Harling, Louis Gruenberg, John Leipold, Leo Shuken, Gerard Carbonara; effetti speciali: Ray Binger; montaggio: Otho Lovering, Dorothy Spencer; interpreti: Claire Trevor (Dallas), John Wayne (Ringo), Andy Devine (Buck), John Carradine (Hatfield), Thomas Mitchell (Dr. Josiah Boone), Louise Platt (Lucia Mallory), George Bancroft (sceriffo Charlie Wilcox), Donald Meek (Samuel Peacock), Berton Churchill (Raffaello Gatewood), Tim Holt (tenente Blanchard), Tom Tyler (Luca Plummer); produzione: Walter Wanger per Walter Wanger Productions\United Artists; origine: USA – 1939; durata: 96′.
Trama
Arizona, 1880. Nonostante le scorribande nel territorio degli Apache, guidati dal celebre capo Geronimo, un gruppo di sconosciuti sale a bordo della diligenza diretta a Lordsburg, nel Nuovo Messico. Alla guida il postiglione Buck, scortato dallo sceriffo Charlie Wilcox. Un mosaico di varia umanità si compone sul veicolo: Dallas (Trevor), una prostituta esiliata dalla ‘lega della moralità’ della cittadina, il medico alcolizzato Josiah Boone (Mitchell), Lucia Mallory moglie incinta di un ufficiale di cavalleria e il venditore di alcolici Samuel Peacock. In seguito saliranno il banchiere truffaldino Gatewood e il giocatore di professione Hatfield.
Durante il viaggio non mancano gli imprevisti, primo fra tutti l’incontro col fuorilegge Ringo, fuggito di prigione per vendicare l’assassinio del padre e del fratello. Wilcox lo ammanetta, con l’intenzione di riportarlo in prigione una volta arrivati. Alla stazione di posta di Apache Wells Lucia entra in travaglio e solo con l’aiuto del dottor Boone e di Dallas, la donna riesce a partorire. Intanto Ringo si sta innamorando di lei e i suoi sentimenti sembrano ricambiati.
Giunti al guado di Lee’s Ferry, quasi al limite del territorio Apache, la diligenza viene attaccata. Dopo un lungo inseguimento, nel quale Hatfield è ferito a morte, quando le munizioni ormai scarseggiano, arriva la cavalleria che li porta in salvo. A Lordsburg Ringo riesce a uccidere i fratelli Plummer, compiendo la sua vendetta. Avendo promesso di tornare in prigione si riconsegna a Wilcox, ma quest’ultimo lo lascia andare, permettendogli di raggiungere il confine messicano con Dallas.
L’epica western di John Ford
John Ford, attivo come regista fin dai tempi del cinema muto, può già vantare un premio Oscar alla regia, vinto nel 1936 per Il traditore quando acquista i diritti del racconto La diligenza per Lordsburg con l’idea di trasformarlo in un film western, per il quale ha già scelto il protagonista: John Wayne. Proprio questa scelta non convince fino in fondo il vulcanico David O. Selznick, cui Ford presenta il progetto, per di più già impegnato allo spasimo nella realizzazione di Via col vento. Dato che le major girano al largo, il regista non demorde, rivolgendosi al produttore indipendente Walter Wanger. Le riprese del film possono partire.
Il risultato è sensazionale. Non sono solo le due memorabili sequenze dell’ assalto alla diligenza (con l’arrivo del Settimo Cavalleria spronato dal ritmo incalzante dello squillo di tromba, che ritroveremo in più di un western da quel momento in poi) e del duello che coinvolge i fratelli Plummer e Ringo (vinto da quest’ultimo che spara gettandosi a terra) a rendere Ombre rosse il western più celebre della storia del cinema e fare di John Ford – che torna al genere dopo molte esperienze diverse – il suo rappresentante più autorevole.
Pur non essendo i personaggi sviluppati in profondità, essi vengono presentati con precisione, con un’attenzione continua al dettaglio e al gioco delle relazioni, assicurando così ad un racconto convenzionale colore e varietà, senza dimenticare la tensione creata dagli eventi, che cresce senza un attimo di respiro. John Ford dichiarò di essersi ispirato in questo particolare aspetto, col suo sceneggiatore Dudley Nichols, al racconto di Guy de Maupassant intitolato Boule de suif (Palla di sego) nel quale lo scrittore narra le vicissitudini di una prostituta nello stesso modo: la mancanza di approfondimento spinge l’autore a ‘scolpire’ ogni personaggio con l’energia necessaria a renderlo indimenticabile.
Sotto l’apparente semplicità della struttura (un racconto lineare, popolato da personaggi stereotipati e con un doppio climax che non fa altro che ribadire ciò che già sappiamo) si nasconde un film di straordinaria ricchezza, figlio di quel romanticismo nostalgico e un po’ ingenuo tipicamente americano, che rivela un grande rispetto per la volontà individuale, soprattutto quando questa si dimostra ribelle.
Il racconto del redattore
La cerimonia di consegna dei premi Oscar 1939 è requisita da Via col Vento che vince otto statuette (film, regia, sceneggiatura, attrice protagonista, attrice non protagonista, fotografia, scenografia e montaggio) su tredici candidature, più un premio speciale a William Cameron Menzies – che ha girato la sequenza memorabile dell’incendio di Atlanta – e un Irving G. Thalberg Memorial Award a David O. Selznick come produttore. Delle sette nomination ottenute da Ombre rosse, il film di Ford incassa solo gli Oscar alla colonna sonora e al miglior attore non protagonista Thomas Mitchell (quell’anno interpreta anche il padre di Rossella O’Hara) per la parte del medico ubriacone. Viene attribuita a John Ford la dichiarazione: “Non girate il vostro film migliore nell’anno di Via col Vento“.