Ci sono film che, se pur considerati leggeri e deboli a livello di trama, hanno per noi un significato particolare, perché fanno parte di quel tessuto a trame fitte, che si chiama infanzia.
Fra questi, sul podio troviamo sicuramente Grandi magazzini, commedia italiana del 1986 diretta da Castellano e Pipolo, che è riuscita a mettere insieme un cospicuo numero di attori noti ed apprezzati, in uno scenario familiare, con gag e situazioni comiche ed esilaranti, alle volte al limite dell’immaginazione.
Storia e personaggi
Il film è diviso in episodi che riguardano vari personaggi che hanno a che fare con i Grandi Magazzini e che si intrecciano per oltre due ore di sano divertimento. Evaristo Mazzetti (Enrico Montesano) è uno dei dipendenti dei Grandi Magazzini di Roma. Uno stabile commerciale su diversi piani, che offre ai propri clienti la possibilità di acquistare ogni genere di prodotto.
Evaristo nonostante un’età non proprio giovanissima sta trovando grandissime difficoltà nel fare carriera all’interno dell’azienda tant’è che si ritrova ancora a lavare i gabinetti.
Un giorno un suo carissimo amico, De Rossi (Massimo Ciavarro), gli chiede un piccolo favore ed ossia quello di sostituirlo per un qualche ora nel reparto sanitari.
Evaristo si offre gentilmente di aiutarlo non potendo immaginare che De Rossi sia in realtà il figlio del proprietario dei Grandi Magazzini, che sta facendosi le ossa sotto falsa identità all’interno della struttura per volere del padre.
Questo porterà ad Evaristo una lunga serie di guai giacchè il capo del personale avendo saputo la soffiata che il figlio del proprietario lavorava proprio nel reparto sanitario, lo scambia per Evaristo dando vita ad una serie di divertenti scambi di persone.
Il direttore (Michele Placido) dei Grandi Magazzini invita a cena la propria segretaria scoprendo che quest’ultima era da tempo innamorata di lui tant’è che attendeva da ben sei anni questo passo da parte del proprio capo.
Per i vari settori della struttura si aggira una guardia giurata di nome Minozzi (Massimo Boldi) che asserisce di essere una vero incubo per i ladri senza rendersi conto che sotto i propri occhi gli portano via di tutto ovviamente senza pagare.
Vansecchi (Renato Pozzetto) è un addetto alle consegne che si occupa di portare a destinazione tutti gli ordini però facendo i conti con una serie di problematiche.
Salviati (Nino Manfredi) è un attore ormai nella fase calante della propria carriera che viene scelto per fare uno spot all’interno della struttura ma non ci riuscirà perchè troppo preso da brindisi e quant’altro.
A tutte queste situazioni se ne sommeranno tante altre incrociandosi in maniera piacevole e diligente come nel caso di Antonio Borazzi (Chrstian De Sica), un fortunato cliente che ha vinto un buono spesa all’interno dei Magazzini da 500 mila lire e che impiega un giorno intero per trovare merce del valore esattamente pari a quella somma.
In Grandi Magazzini fanno capolino anche Lino Banfi, nei panni di un barbone cantastorie dall’allegria contagiosa (“E co… e co… e co… e come son contento nel cu.. nel cu… nel cu… nel cuore me lo sento!”), Paolo Villaggio e Gigi Reder, due truffatori appena usciti di prigione, Alessandro Haber, il nevrotico direttore del personale (nonché bravissima persona) dottor Anzellotti e Leo Gullotta nel ruolo di Simoni, press agent occhialuto.
La pellicola, soprattutto, si avvale di due straordinarie partecipazioni, quelle di Paolo Panelli, sor maestro e padre del povero Mazzetti e di Nino Manfredi, ricordato con affetto nel ruolo di un’alcolizzato ex stella del cinema, Marco Salviati.
Come se non bastasse, Grandi Magazzini annovera nel cast alcune delle attrici italiane più belle di sempre, da Ornella Muti a Laura Antonelli senza contare il cameo di Sabrina Salerno, icona sexy di quegli anni e quello di due giovanissime Eva Grimaldi e Francesca Dellera, giovani donne alle quali si alza la gonna.
Nel cast anche una spumeggiante Heather Parisi, e un giovanissimo Marco Giallini.
Le scene cult
Un fortino del commercio pubblicizzato dai grandi attori del cinema, la cui merce attira però diversi malintenzionati, dai “gratta” con precedenti penali ai picchiatori “mandati da Puccio”, avido strozzino.
Grandi Magazzini è, in poche parole, l’Avengers della comicità italiana anni ’80, una sfilza di episodi incollati tra loro con protagonisti molti dei volti noti di quel decennio cinematografico.
Bonanni compra sempre lì. Prezzi scontati, possibilità di vincere buoni regalo nei concorsi a premi come capitato al fortunato Antonio Borazzi (di Cantalupo in Sabina), ampia scelta, anche se scarseggiano in pancere interno cotone/esterno lana.
Montoni rovesciati, wc da incartare in pronta consegna, robot di ultima generazione, bici da corsa superleggere. Ce n’è per tutti i gusti, insomma. Merito della politica aziendale portata avanti da un direttore inflessibile (che però si scioglie dinanzi all’allegria di un barbone povero disgrazieto), alle cui dipendenze lavorano vigilanti infallibili, fattorini puntuali e validi addetti alle pulizie.
Commessi imbranati, direttori alle prese con clienti stravaganti, ladri e truffatori. Sui cinque piani di un grande magazzino romano in un’unica giornata succede di tutto e sfilano in rassegna alcuni tra i nomi più famosi del cinema comico italiano. Non c’è una vera e propria trama solo un valzer di attori, ognuno dei quali si esibisce in un assolo.
Grandi magazzini è il contenitore di una delle scene a mio avviso più comiche e surreali della commedia italiana, che tutti conosciamo perché portatrice sana di risate.
Il Valsecchi/Pozzetto, impegnato a consegnare uno dei tanti pacchi GM (nemmeno fosse uno dei corrieri Amazon di oggi), appena varcato il cancello di una villa, viene assalito da un feroce alano che ringhia e abbaia al malcapitato.
All’ennesimo tentativo di rassicurazione da parte della padrona di casa, Valsecchi chiarirà la natura dei propri timori, uscendo poi furtivamente dall’abitazione convinto che il cane si sia dileguato. Niente affatto…
“venga pure avanti, non si preoccupi.. il cane l’ho fatto castrare!”
“signora io non ho mica paura che mi inculi, ho paura che mi morda!”
Altro tormentone che ci accompagna ancora oggi , è relativo invece allo sfigatissimo personaggio interpretato da Enrico Montesano, l’addetto alle pulizie Evaristo Mazzetti che suo malgrado è letteralmente stolkerizzato da uno strozzino, ed incredulo e stremato afferma:
“…ma chi è sto Puccio”
Grandi Magazzini può contare su un carosello di comici impreziosito dalla presenza di due grandi del passato, Panelli e Manfredi.
L’attore di Straziami ma di baci saziami costruisce in poche scene un personaggio unico, un divo del cinema ormai caduto in disgrazia perché alcolizzato.
Supplicato dal su agente decide tuttavia di girare uno spot pubblicitario proprio ai GM con esito tutt’altro che positivo perché ubriaco.
Proprio quando regista e troupe sembrano ormai aver perso ogni speranza però, il grande Salviati girerà il ciak perfetto.
“Anche Bonanni compra ai grandi magazzini.”
Il ruolo dell’attore in declino inizialmente era stato in realtà proposto ad Alberto Sordi, ma l’attore rifiutò la parte, che fu poi così affidata a Nino Manfredi.
Quante volte abbiamo canticchiato l’allegra canzoncina di Nicola Batecola (nato a Cerignola) alias Lino Banfi Oh Happy nesse, un concentrato di battute apparentemente a doppio senso?
“nel cu… nel cuore me lo sento!”
mai volgare ma di grande effetto, e perfettamente in linea con tutti i personaggi ai quali Banfi ci ha abituati, e che tanto amiamo.
Nicola riesce nel finale di film a far sorridere l’austero direttore commerciale dei Grandi Magazzini impersonato da Michele Placido, talmente arrabbiato con la vita, da non rendersi conto che la sua segretaria (interpretata da Simonetta Stefanelli, e che all’epoca era la moglie di Placido), è da sempre innamorata di lui.
Ci riesce con un pizzicheto a tempo di rock underground il cui testo è un miscuglio di articoli di giornale che parlano perlopiù di tragedie internazionali, dal Tanganica a Bogotá fino a Sidney.
Nicola vende una merce piuttosto rara da trovare, allora come ora,
“vendo il sorriso, la felicità… la gente entra incazzata nei Grandi Magazzini, ed esce sorridente”
L’idea di interpretare la parte dell’invalido venditore ambulante all’uscita dei grandi magazzini fu un suggerimento dello stesso Lino Banfi ai produttori, e sembra che questa ispirazione gli venne dopo aver realmente assistito a un intrattenimento di veri mendicanti all’uscita de La Rinascente di Milano.
A tratti davvero insopportabile è invece il personaggio interpretato da Christian De Sica, che tuttavia all’inizio fu pensato da Castellano e Pipolo come un meticoloso ragioniere; successivamente fu invece modificato in un coatto per renderlo più nelle corde dell’attore romano, mantenendo però come caratteristica la pignoleria nel cercare di spendere in maniera precisa il buono da 500.000 lire.
Un vero e proprio taccagno potremmo dire, fotografia perfetta del cliente medio che pur di avere tutto quanto gli è dovuto, non è disposto a scendere a compromessi; del resto, come si sul dire…Quando è gratis.
Anche i personaggi di Paolo Villaggio e Gigi Reder subirono una leggera variazione in corso d’opera: infatti all’origine dovevano essere due taccheggiatori che tentavano di rubare all’interno dei Grandi magazzini, ma Villaggio, rimasto colpito da David Zed (l’uomo robot più volte presente a Pronto, Raffaella?), propose ai registi di farli diventare due truffatori e d’interpretare lui stesso il robot che i due cercano di rifilare al direttore marketing Ugo Bologna. I movimenti del comico genovese furono curati dallo stesso Zed, il quale è accreditato nei titoli di coda.
Curiosità
La versione di Grandi Magazzini che abbiamo imparato ad amare e che abbiamo visto e rivisto decine di volte, non è la sola in circolazione, o comunque non è l’unica che è stata prodotta.
Esiste infatti una versione integrale del film, dove compare anche una parodia dello spot del Tartufone Motta, molto trasmesso in quegli anni, usando però il pregiato vegetale; sempre nella versione integrale inoltre, una commessa testa il funzionamento di alcuni prodotti, tra i quali un phon e un vibratore.
E ancora un cliente vuole comprare un giaccone di montone rovesciato e il commesso gli presenta una pecora viva. Nella versione integrale del film altri clienti chiedono vestiti simili e il commesso mostra a tutti la stessa pecora; quando un cliente chiede una pecora, lui dice che non ne ha più.
La versione uscita al cinema, ha una durata di 1 ora e 50 minuti, mentre quella montata per la televisione che dura 2 ore e 26 minuti; trasmessa per la prima volta da Canale 5 nell’ottobre del 1988, è stata riproposta più volte sui canali del gruppo Mediaset.
La versione pubblicata in DVD e VHS è quella cinematografica, di 1 ora e 50 minuti.
L’esistenza di due versioni del film è dovuta al fatto che, man mano che le riprese andavano avanti, il produttore Vittorio Cecchi Gori inseriva nuovi attori, facendo aumentare sempre più la durata della pellicola e costringendo poi i due registi a diversi tagli, che successivamente furono reinseriti nella versione televisiva.
Il merito di Grandi Magazzini è quello di farci ridere facendo leva sulle debolezze, sull’ignoranza, gli equivoci si creano dal nulla, anche attorno a cose stupide e banali
“Le va bene un consommé?
A dir la verità preferirei una cosa più leggera. Un brodino!”
“Se non ci si aiuta tra noi poveracci!”
“Mì padre sta qua, allora ‘o vado a piglià, sa è mezzo rincoglionito, ce vede poco e ce sente meno.”
“ Papà, sono Evaristo, ho conosciuto Umberto Anzellotti il direttore del personale: è una bravissima persona!
E sti cazzi?
Che ha detto?
Ha detto che è commosso!”
Freddure che hanno ancora il potere di farci divertire e farci trascorrere due ore di sano divertimento.
Di la verità, ti è venuta l’irrefrenabile voglia di vederlo?