Nata in un sobborgo di Liverpool il 9 maggio 1936 da una famiglia della working class britannica, la giovane Glenda Jackson inizia a lavorare, subito dopo gli studi, in una farmacia. Trasferitasi poi a Londra, riesce ad entrare alla RADA (Royal Academy of Dramatic Arts) e, a soli 21 anni riesce ad esordire nella pièce teatrale Tavole separate. Nello stesso periodo esordisce al cinema, ma il suo primo amore resta il teatro: entra a far parte della Royal Shakespeare Company dove collabora col regista Peter Brook, ma si fa notare nella parte di Charlotte Corday nell’opera Marat/Sade di Peter Weiss, per la quale riceve la prima segnalazione al Tony Award 1966.
Glenda Jackson e il Free Cinema
Negli anni ’60 la Gran Bretagna è attraversata da un movimento culturale che esprime la voglia di cambiamento, che si estende anche al cinema. Non più ingessati esempi di teatro filmato, ma film più spregiudicati e coraggiosi, pronti ad affrontare temi considerati scabrosi solo pochi anni prima, come il sesso.
In Donne in amore (1969) di Ken Russell, Glenda Jackson è una scultrice anticonformista che intreccia un torbido e passionale rapporto con un industriale, mentre la sorella, una timida maestra, s’innamora di un ispettore scolastico: una storia di amore e morte nella quale un sentimento ambiguo nasce tra i due uomini. Il film riscuote un buon successo e suscita scandalo per una scena di lotta nel fango tra i protagonisti maschili (una metafora nemmeno tanto velata di un rapporto omosessuale); la performance della Jackson nell’interpretare un personaggio anticonvenzionale riscuote le lodi della critica, che la portano a vincere il premio Oscar come miglior attrice.
Gli anni ’70 sono il periodo forse migliore della sua carriera e certamente il più prolifico: si divide fra cinema e teatro, ma è sul grande e piccolo schermo che ottiene premi prestigiosi come l’Emmy Award del 1972 per la sua interpretazione della regina Elisabetta I nella serie televisiva drammatica sulla sovrana britannica. Dopo l’Oscar gira con John Schlensinger Domenica, maledetta domenica per il quale bissa la nomination agli Academy Awards e vince il premio BAFTA alla miglior attrice.
Il regista Melvin Frank ne intuisce le potenzialità d’attrice brillante e le affida il ruolo di protagonista per Un tocco di classe (1973), nel quale è l’energica divorziata Vicki. Agli Oscar 1974 vince così il Golden Globe e il secondo premio Oscar, superando la concorrenza di Ellen Burstyn, candidata per L’esorcista e non partecipa alla cerimonia, chiedendo al regista del film di ritirare il trofeo per lei. Nel 1976 riceve la terza candidatura all’Oscar per Il mistero della signora Gabler, sconfitta soltanto da Louise Fletcher, perfida capo-infermiera in Qualcuno volò sul nido del cuculo.
L’attività politica e il ritorno sul palcoscenico
Glenda Jackson non ha mai nascosto le proprie simpatie di sinistra, lo si vede anche dai personaggi che ha scelto d’interpretare, liberi e anticonformisti, dai tratti volitivi tipici della sua personalità. Si ritira dalle scene nel 1989, allo scopo di dare il suo contributo al paese con la passione politica, partecipando alla campagna elettorale del Labour Party. Nel 1992 viene eletta membro del parlamento, carica che ricopre fino al 2015. Con l’energia e il fulgido talento che l’hanno sempre contraddistinta torna alla recitazione e al teatro nel Re Lear (2016).
Nel 2018 per il suo ruolo in Tre donne alte conquista il Tony Award, a cinquantadue anni dalla sua prima candidatura al premio. Non ha abbandonato il palco fino al 2020. Ci ha lasciato lo scorso 15 giugno, all’età di 87 anni.