Previsto per l’autunno l’arrivo nelle sale della versione restaurata di Easy Rider, che quest’anno compie 50 anni. Intanto è stato presentato in anteprima in piazza Maggiore a Bologna per il festival Il Cinema Ritrovato
Il mitico film di Dennis Hopper, con lo stesso Hopper, Peter Fonda e un ancor più mitico Jack Nicholson torna sugli schermi più bello più superbo che pria. Il film è, essenzialmente, un confronto fra due mondi: quello libero e anticonformista degli hippy e quello fortemente reazionario della media borghesia nordamericana. La libertà è rappresentata dalla droga, il libero amore e, soprattutto, dai chopper che i due protagonisti inforcano per tutta la durata del film. La “Captain America” di Wyatt, ovvero Peter Fonda e la “Billy Bike” di Billy, ovvero Dennis Hopper non sono accreditate nei titoli di coda, ma non c’è dubbio che siano due fra le star che hanno fatto grande il film.
L’altra grande protagonista è la musica, che è quella della fine anni ’60: Steppenwolf, The Band, The Byrds, Jimi Hendrix, Roger McGuinn e altri. I pezzi sono stati scelti da Dennis Hopper, fra quelli che gli piacevano di più. A un certo punto Hopper ebbe un ripensamento e decise di far comporre la colonna sonora da Crosby Stills Nash & Young, ma alla fine tornò all’idea originale, scelta che condividiamo in pieno, non per sfiducia in Crosby & compagnia, ma perché la scelta di Hopper non si limita a far da colonna sonora a un film, ma a un’intera epoca. Se vuoi approfondire, e te lo consiglio, leggi anche questo articolo interamente dedicato alla colonna sonora: La musica nel cinema: Easy Rider.
La storia è nota, ma la ripassiamo velocemente: Wyatt e Billy trasportano un carico di cocaina dal Messico e investono parte del ricavato in due chopper nuovi fiammanti coi quali partono dalla California per arrivare a New Orleans per assistere al carnevale. Il loro contatto per smerciare la coca è nientemento che Phil Spector, musicista e produttore, fra l’altro, di Let it be. Essendo un film on the road, I due fanno numerosi incontri fra i quali quello con George Hanson, un avvocato alcolizzato – Jack Nicholson – che si unisce a loro per andare in un bordello di New Orleans che, a quanto pare, gli era piaciuto particolarmente. Purtroppo Nicholson viene ucciso quasi subito da alcuni individui che oggi voterebbero Trump. La sua breve apparizione gli varrà, comunque, una nomination all’Oscar come miglior attore non protagonista. Wyatt e Billy proseguono comunque e, arrivati a New Orleans, per onorare George, vanno al famoso bordello, affittano due ragazze e vanno a farsi un acido in un cimitero.
Il finale, ormai, dopo 50 anni, non è un segreto: altri potenziali elettori di Trump, su un furgone tipo quello dei Good Old Boys dei Blues Brothers, affiancano le loro moto e li uccidono a fucilate.
Due piccole osservazioni extracinematografiche
Phil Spector è considerato uno dei più grandi produttori di tutti i tempi, però tutte quelle sovra incisioni di archi hanno fatto di Let it be un disco discutibile e bene fece Paul a inferocirsi per quell’orribile guazzabuglio di archi e cori in The long and winding road che è, invece, un pezzo a livello di Yesterday o Eleanor Rigby. Confrontate la versione Spector del 1970 e il Let it be naked del 2003 e ditemi se non ho ragione.
La seconda riguarda la droga. Nulla da dire, non ho certo intenzione di fare la paternale, ognuno sul suo fa quello che vuole. Ricordo solo l’opinione di Mauro Rostagno che affermava che la diffusione della droga era stata sostenuta dal potere economico e politico, per tacer delle mafie, col proposito di arrestare le proteste giovanili degli anni ’60 e ’70 e, visto che poi del ’68 è rimasto ben poco, non è escluso che avesse ragione.