In questo periodo di grande difficoltà per l’industria cinematografica e per tutta la popolazione, costretta in casa contro la propria volontà, fa piacere che un film pluripremiato, possa essere gustato comodamente sul divano di casa.
Disponibile in streaming su Netflix dal 14 dicembre, dal 26 marzo invece, arriva in DVD e Blu Ray Roma, film di Alfonso Cuaròn vincitore di 3 premi Oasar, (Miglior Regia, Miglior Film Straniero, Miglior Fotografia) e 2 Golden Globe (Miglior Regia, Miglior Film Straniero) ed entrambe le versioni conterranno un booklet con due saggi esclusivi della scrittrice Valeria Luiselli e dello storico Enrique Krauze.
Sarà inoltre disponibile lo speciale dedicato all’ambiziosa campagna promozionale per l’uscita cinematografica del film e al suo impatto sulla società messicana. Un altro contenuto disponibile sarà Snapshots from the Set, un documentario inedito con le attrici Yalitza Aparicio e Marina de Tavira, i produttori Gabriela Rodríguez e Nicolás Celis, il production designer Eugenio Caballero.
Per chi non ricordasse la storia di questo film, nostalgico e un po’ retrò, girato in bianco e nero, con molti attori non professionisti e distribuito solo in lingua originale, parla di una famiglia messicana degli anni Settanta che vive a Colonia Roma, un quartiere di Città del Messico, e lo fa attraverso il punto di vista di Cleo, la domestica e tata della famiglia. Cuarón ne ha parlato come di un film semi-autobiografico, composto perlopiù da scene che si ricorda dalla sua infanzia.
Roma è considerato un “film d’autore” anche perché Cuarón non è solo uno che passava di lì e l’ha diretto: lo ha pensato (probabilmente per decenni), co-prodotto e scritto, e – cosa molto inusuale – ne ha diretto la fotografia, dopo che l’amico e collaboratore Emmanuel Lubezki ha rinunciato per via di altri impegni.
Cuarón risulta anche come co-montatore. Vuol dire che ha messo mano in modo diretto su ideazione, realizzazione e post-produzione del film. Una cosa che si è potuto permettere solo grazie al successo dei suoi precedenti film, in particolare di Gravity, uscito nel 2013.
Roma è il nome del quartiere di Città del Messico in cui Alfonso è nato 57 anni fa, e proprio sulla base di quei ricordi di bambino ha scritto, da solo, il copione. Si tratta di una zona residenziale che venne fondata nel primo decennio del XX Secolo e che divenne ben presto un quartiere abitato dalle classi benestanti della capitale messicana.
Col passare degli anni, però, il quartiere perse importanza e gran parte dei sontuosi palazzi lì costruiti furono demoliti. Attualmente, Colonia Roma sta vivendo un processo di rinascita che la sta ricollocando tra i luoghi più attrattivi di Città del Messico.
«Perché ho fatto questo film?»
si interroga Alfonso
«Per esplorare a fondo la mia memoria. Ma anche perché volevo capire cosa avrebbe significato per me, oggi, tornare a quei ricordi. La memoria è l’unico strumento che ho usato per scrivere Roma. Mi sono confrontato con i miei fratelli e, soprattutto, con la vera Cleo: non potevo tradire la sua storia. Ma è stata la mia testa a guidarmi. E nella mia testa ho vissuto il conflitto tra passato e presente, con quella domanda che non mi mollava mai: come cambia il passato quando lo osservi, a distanza, dal tempo di oggi? Ho rivissuto la strettissima correlazione tra la mia vita di allora e quella di adesso. E il rapporto con il mio Paese. Sono nato e cresciuto in Messico, lo senti il mio accento quando parlo in inglese, non riesco a levarmelo.
E penso ancora in chilango, il dialetto di Città del Messico. Ma da più di vent’anni, quasi trenta ormai, non vivo più lì. Ci torno spesso e penso che non è più la mia città, anche se ancora la sento tale. Dopo aver lavorato così a lungo sui miei ricordi, dopo aver pensato a come riportare in vita ogni dettaglio – le atmosfere, i luoghi, tutti gli angoli di quel quartiere –, finalmente ho visto la sua trasformazione. La troupe era composta da messicani che in quelle strade vedevano il presente, io ci vedevo solo il passato: stavo in un posto che conosco da sempre senza sapere più quello che è. Ora finalmente l’ho capito. Quindi sì, con questo film c’entrano i miei capelli bianchi. C’entra il passare del tempo. Mi sono visto dentro il mio passato, e ho scoperto la persona che sono diventato».
È una storia che ci fa capire come, la dignità umana sia un valore così inalienabile, necessario, indispensabile, da riuscire a trasformare tutto in bellezza, anche la situazione più cupa e dura da affrontare, e in questo periodo così buio e cupo, di bellezza abbiamo proprio bisogno.