Il 24 ottobre 1991 il cinema italiano si arricchisce di un titolo destinato a fare storia persino negli Stati Uniti, anche se con qualche scena in meno.
La trama, in realtà, non è del tutto nuova, perché ricalcata su una pellicola del 1958 dal titolo Totò a Parigi, interpretato da un certo Antonio De Curtis, in arte Totò.
Narrava la storia di un’incredibile somiglianza tra due individui, del tutto diversi per estrazione sociale, trascorsi e carattere, e di come questa caratteristica venisse sfruttata da uno dei due, ai danni dell’altro.
Jonny stecchino, nonostante l’incredibile successo al botteghino, fu accolto tiepidamente dalla critica, tuttavia nel corso degli anni è stato rivalutato tanto da essere considerato uno dei migliori titoli della filmografia di Roberto Benigni, attore e regista toscano.
Accanto all’attore Premio Oscar, un cast di professionisti di primo livello tra cui spiccano Nicoletta Braschi, sua moglie, Paolo Bonacelli e Franco Volpi.
Johnny Stecchino è un film che è diventato un icona della filmografia italiana. La pellicola prodotta in Italia nel 1991 vede alla regia lo stesso Benigni, la produzione è della Cecchi Gori Group Tiger Cinematografica, unitamente alla Penta Film, e alla casa di produzione riconducibile a Silvio Berlusconi, mentre la composizione delle partiture musicali è di Evan Lurie.
Pur essendo il quinto film da regista del mattatore fiorentino, è sicuramente uno dei più iconici che ripropone la coppia consolidata formata insieme alla moglie Nicoletta Braschi dopo Tu mi turbi (1983), Daunbailò (1986) e Il piccolo diavolo (1988), e affronta temi anche molto seri ed impegnati, con l’ironia che lo contraddistingue.
Primo fra tutti quello delle vendette di mafia, non è un caso che già il personaggio del titolo, Johnny Stecchino appunto, sia un diretto riferimento a Charlie Stecchino, un mafioso che viene ucciso dal clan rivale in A qualcuno piace caldo.
Certo, ci fa sorridere il fatto che il Benigni-Dante, nel film pensi davvero di essere perseguitato per aver rubato una banana, ma di contro non dobbiamo dimenticare, che il Benigni-Johnny è invece un pericoloso pentito mafioso ricercato dai suoi ex colleghi, e che un “personaggio” del genere, non è frutto della fervida fantasia del regista Benigni, ma è purtroppo la caratterizzazione cinematografica di uomini che hanno cambiato la storia del nostro Paese.
Anche la disabilità è un tema affrontato in modo ironico, ma con un sentimento di base, l’amicizia.
Lillo infatti, il ragazzo diabetico che Dante cerca ingenuamente di far guarire, è il suo migliore amico, è quel “regalo” seppur potenzialmente pericoloso, è fatto a fin di bene.
Ricordiamo però come si svolge la storia.
Dante Ceccarini (Roberto Benigni) trasporta sul suo scuolabus dei ragazzi disabili e con loro dimostra tutti i giorni di essere una persona impeccabile. Vive a Firenze e ha come unico amico Lillo, un ragazzo down malato di diabete.
L’unico neo nella sua vita è quella piccola frode assicurativa dovuta a un incontrollabile tremore della mano.
Una notte, Dante viene investito dall’auto di una bella e giovane donna, Maria (Nicoletta Braschi). Il giovane se ne innamora subito, mentre lei lo chiama Johnny, gli disegna un neo sulla guancia, e gli mette uno stecchino in bocca. La donna riesce a farlo partire per Palermo e gli presenta uno zio avvocato, dedito alla droga, che gli fa credere che si tratti semplicemente di una medicina contro il diabete.
Dante si trova così invischiato in una pericolosa vicenda perchè Maria è in realtà la moglie di un celebre mafioso “pentito”, l’italoamericano Johnny Stecchino, costretto a nascondersi perchè la mafia lo ha condannato a morte. Ora, trovato per caso Dante che è il suo sosia perfetto, Maria pensa di farlo uccidere dai mafiosi al posto del marito, che potrà così partire con lei per l’estero.
Dal canto suo invece, Dante crede che la guardia di finanza sia sulle sue tracce per il suo falso tic, o forse per il suo vizietto di rubare le banane dai fruttivendoli che incontra per strada.
La doppia veste di regista e attore protagonista, permette a Benigni di creare una visione unica rispetto alla narrazione del film. In questo caso però, c’è un valore aggiunto rappresentato dall’elemento del viaggio.
Si perché il film si presenta come una scorrazzata in giro per la penisola che spazia dalla riviera romagnola fino alla Sicilia, immancabile sfondo delle storie e delle vendette di mafia.
La prima parte di Johnny Stecchino, incentrata sulla vita di Dante prima dell’incontro con Maria, è stata girata quasi interamente in Emilia-Romagna fra Ravenna, Cesena e Rimini.
Tutta la parte del film incentrata su Dante nella sua quotidianità: il suo lavoro, la sua routine con i ragazzi disabili e persino il suo primo incontro con Maria. La scuola dei ragazzi disabili è infatti a Cesena, in via Certaldo, in una reale scuola sita proprio in quella strada, mentre parte del corteggiamento tra Maria e Dante si svolge intorno (e all’interno) del Grand Hotel di Rimini, in piazzale Federico Fellini.
Altre scene sono invece state girate a Roma.
La seconda parte del film invece, quando Dante si trasferisce a Palermo, è stata girata in giro per la Sicilia.
Il fruttivendolo al quale Dante ruba una banana prima di dover scappare perché scambiato per il boss Johnny Stecchino è a Mazzeo, una frazione di Taormina.
Tra le mille strade siciliane rappresentate si riconoscono le città di Palermo, Catania e Messina: proprio di quest’ultima città si vedono i dintorni, che si spingono fino a Giardini Naxos e Letojanni; la grande festa di gala si tiene a Villa Malfitano Whitaker a Palermo, mentre in un’altra villa siciliana, villa Spedaletto a Bagheria (Palermo), Johnny Stecchino si rifugia per nascondersi da chi lo sta ricercando per ucciderlo.
Una delle scene più iconiche di Johnny Stecchino si tiene all’interno del Teatro Massimo Vincenzo Bellini a Catania, quando durante lo spettacolo si crea un gran trambusto dovuto all’equivoco che Dante attribuisce, ancora una volta, al suo innocente furto della banana.
E proprio in questo trambusto, si colloca un personaggio che assolutamente non dimenticheremo mai, protagonista di una sola battuta che ripete ossessivamente al protagonista
“Assassino, assassino”
Accostato a Buster Keaton per il carattere sornione del personaggio che rappresentava, Gaspare Cucinella, interprete teatrale morto a 91 anni, era anche conosciuto come il «volto che non sorride».
Così, viaggiando tra luoghi imponenti e architettura urbana, Roberto Benigni offre uno scorcio veritiero e variegato della società italiana della bassa borghesia, di quella fascia sociale che costituisce gran parte della società italiana.
A questo proposito, come non ricordare la scena della villa dove si tiene la festa a cui partecipano anche il Ministero e l’ispettore dell’Assicurazione (Villa Malfitano Whitaker, a Palermo) con l’esilarante battuta
“Io so’ la moglie del Ministro”
“E allora facci vedere il tuo Ministero”
Il film, inutile ribadirlo, si presenta come la classica commedia degli equivoci a cui siamo abituati, ma presenta anche molti riferimenti ai grandi del cinema, citati e omaggiati, dalla comicità immortale di Totò, ai Fratelli Marx, passando per Stanlio e Ollio, Benigni porta sul grande schermo un film dalla trama pulita, semplice e lineare, non scandendo mai nel banale o nel sentimentalismo, raggiungendo vette di comicità altissime in alcune scene cult come quelle del teatro, del commissariato e quella in cui viene la cocaina viene scambiata per un medicinale contro il diabete.
Il successo della pellicola è stato decretato anche da eccellenti attori come, Paolo Bonacelli e il compianto Franco Volpi, rispettivamente nei ruoli dello zio avvocato e del Ministro, grandissimi esponenti del cinema italiano che qui risultano credibilissimi.
A prima vista, Johnny Stecchino potrebbe apparire come il film più costruito di Roberto Benigni, dove la sceneggiatura scritta da lui stesso, a quattro mani con Vincenzo Cerami, sembra adattarsi accuratamente tutte le situazioni e le gag comiche per farle esplodere nella seconda parte del film e, in particolar modo, nella scena del ricevimento.
Al tempo stesso, però, è anche il film che ancora più de Il piccolo diavolo esalta in pieno la gestualità visiva del comico toscano: il metodo escogitato per rubare le banane, il tic nervoso della mano per simulare l’invalidità, la plasticità di quel corpo che sembra allungarsi e comprimersi come una molla, sono tutti espedienti che attirano il pubblico, e suscitano il riso.
Sembra quasi che i Benigni in scena non siano due, ma molti di più.
Malgrado il
“Non me somiglia pe’ niente”
sembrano più personaggi che si riproducono, come in gran parte del suo cinema.
Dante e Jonny si incrociano solo in una scena, dove il boss che si ritrova davanti a Dante finge di essere uno specchio nell’armadio, e oltre a questa, molte altre sono le trovate del film, sia a livello di sceneggiatura (l’Etna, la siccità e il traffico sono le piaghe della Sicilia) sia a livello visivo (la prima passeggiata di Dante da solo per Palermo).
Johnny Stecchino è una delle commedie più intelligenti del cinema italiano di quel decennio, dove l’opera del regista e attore toscano ha raggiunto forse il punto più alto, e anche se inizialmente, il film non ottenne critiche positive, il pubblico lo premiò con un incasso di ben 42 miliardi di lire.
Col passare degli anni, anche la critica si è ricreduta, definendo Johnny Stecchino uno dei migliori film dell’artista fiorentino, e riuscì a portare a casa il David Speciale per il successo della pellicola; 2 Nastri d’Argento e 2 Ciak D’Oro come Miglior attore protagonista e Miglior attore non protagonista (a Paolo Bonacelli).
La pellicola fu programmata anche nelle sale cinematografiche USA, ma nella versione a stelle e strisce, sono state eliminate tutte le scene relative all’assunzione di cocaina scambiata come farmaco per il diabete.