Provate ad immaginare cosa accadrebbe se, a un certo punto della vita, un uomo si rendesse conto di non riuscire più a pensare, di non avere più idee, niente, il nulla.
La sua mente, la sua testa è come svuotata, la vita gli corre accanto e lo sfiora senza mai toccarlo, è tutto nebbioso, senza senso, amorfo.
Se poi il soggetto in questione è un uomo di un certo calibro, con una visibilità fuori dal comune, un politico conosciuto e apprezzato proprio per le sue doti di oratore, la situazione può divenire davvero complicata, e generare un’ondata di conseguenze di proporzioni immense.
Alice e il sindaco di Nicolas Pariser, in sala dal 6 febbraio e distribuito Bim Distribuzione e Movies Inspired con protagonisti Anaïs Demoustier e Fabrice Luchini, mescola passione, politica, sentimento e ironia, una sorta di omaggio-sequel al film di Éric Rohmer, L’albero, il sindaco e la mediateca dove protagonista era un giovane Luchini insegnante dal cuore socialista nella Francia rurale.
Questa volta l’attore francese interpreta Paul Theraneau, sindaco di Lione a qualche mese dalle elezioni municipali, che dopo una vita spesa nella politica e per la politica, è a corto di idee, non riesce più a pensare.
Utilizzando una curiosa metafora automobilistica, si sente come un’auto da corsa senza carburante, il motore gira a vuoto, procede per inerzia.
Theraneau ha sacrificato tutto per la sua vocazione, la politica, che è come la musica o la pittura; è tutta la vita, sempre o niente.
In soccorso di quest’uomo, accerchiato da un’ entourage di fedelissimi preoccupati forse più di potersi ritrovare da un momento all’altro disoccupati, anzichè della salute mentale del primo cittadino e del destino di un’intera Nazione, viene ingaggiata una giovane ragazza, Alice Heimann, (Anaïs Demoustier) brillante filosofa.
Il compito di Alice è quello di sviluppare idee per il Sindaco, scrivere note, pensare al suo posto.
“Il Sindaco non riesce più a pensare, ce lo deve salvare”
È questa la sconcertante rivelazione di fronte alla quale si trova Alice.
Surreale la scena, una delle prime alla quale assistiamo, dove la giovane filosofa si trova a firmare un contratto per un posto che in realtà non esiste, all’interno di un ufficio il cui solo nome fa sorridere: ufficio Futurologia.
Dopo un primo periodo di smarrimento, tuttavia Alice si cala perfettamente nel suo ruolo, riuscendo ad instaurare con il Sindaco un rapporto filiale di fiducia e complicità e suscitando non poche invidie da parte di colleghi e collaboratori vicinissimi al Capo, che mai come lei erano riusciti, fino a quel momento, a pensare.
Alice è una giovane disincantata, che non ha alcun timore di esprimere opinioni anche non richieste.
“Alice lei mi deve far pensare”
E lei pensa, e suggerisce idee, ed a giudizi non sempre facili da digerire.
“per i ricchi il progresso è pagare meno tasse”
“gli scienziati non decidono nulla visto che i politici fanno finta di niente”
Alice è talmente presa dal suo lavoro di gobbo vivente, che ad un certo punto entra anche lei in crisi, è depressa, ha la sensazione che il suo lavoro non sia un lavoro; la politica la sta instupidendo, non ha stimoli, né famiglia, né figli… ha partorito così tante idee, da esserne rimasta priva lei, ora.
Nicolas Pariser racconta:
“Il film parte dalla voglia di lavorare con lo straordinario Luchini e poi dall’immagine di un politico che porta con sé, ovunque vada, una giovane assistente intellettuale. Avevo anche un altro progetto su una ragazza che non sa cosa fare della sua vita e prova un mestiere diverso dopo l’altro. Si è laureata in Scienze politiche, poi fa teatro, si mette alla prova con il digiuno, cerca se stessa perché non sente una vera vocazione…”
“… Ho mescolato questi due progetti – prosegue il regista – ma avevo l’impressione che mancasse ancora qualcosa. Allora mi è venuto in mente L’uomo senza qualità di Robert Musil che ha legato tutto. Volevo parlare anche della crisi della democrazia di oggi, della fine di un ciclo e della situazione inedita in cui ci troviamo”.
Dall’incontro tra Alice e il sindaco si scatenano una serie di riflessioni sul ruolo della politica, sull’importanza del cambiamento e sulla necessità di mantenersi fedeli alle proprie idee.
Già, le proprie idee, quelle che piano piano son venute a mancare a quest’uomo intimidito dalle donne, in lizza per le presidenziali. Un uomo che nonostante tutto continua a credere nell’ingegnosità umana e nella virtù delle lotte sociali.
Paul Theraneau è un sindaco che vuol bene al suo paese, ed è convinto che l’umanità avrà sempre più diritti, più istruzione, più dialogo, più cultura. È quel politico che non ti aspetti, indossa birkenstock e fa ginnastica una volta spenti i riflettori ed è capace di infinita tenerezza quando nel cuore della notte, in piena crisi di solitudine, cerca conforto telefonico nella voce di Alice. Un momento intimo e confidenziale, condito da un azzeccato sottofondo musicale, Claire de Lune di Debussy, lo stesso che abbiamo potuto ascoltare nella scena delle fontane danzanti in Ocean’s Eleven.
Il contributo di Alice diventa fondamentale per ricucire quel rapporto con la società che questo politico socialista non ha ormai più.
Nicolas Pariser autore nel 2015 anche del thriller politico Le Grand Jeu, dice di questo suo film già passato alla Quinzaine des Réalisateurs del Festival di Cannes:
“La figura del sindaco era un mio capriccio, perché volevo qualcuno di rilievo, ma non un ministro o un deputato, bensì una figura padrona del suo ambiente. Volevo insomma un piccolo re, di un piccolo regno, con una piccola Versailles, quindi il sindaco di una cittadina era perfetto. Per quanto riguarda la filosofa, il punto di partenza era quello di voler ricreare la fiaba di La Fontaine, Il lupo e il cane, ovvero la storia di due personalità estremamente opposte. Così , i miei due personaggi sono da un lato qualcuno che ha vocazione ma riflette poco sulle cose, e dall’altro, una persona che pensa troppo e non sa che cosa farne della sua vita. Volevo mettere a confronto questi due paradossi”.
Fabrice Luchini ha negato di essersi ispirato per il suo personaggio a Gérard Collomb, vero sindaco di Lione, mentre Nicolas Pariser ha spiegato che il nome del personaggio Paul Théraneau è un anagramma di Rathenau, un politico tedesco che appare in L’uomo senza qualità, un romanzo incompiuto dello scrittore austriaco Robert Musil, sotto il nome del Dr. Paul Arnheim.
Alice e il sindaco è a tutti gli effetti un film politico, come se ne vedono sempre meno, perché la società sta cambiando e questo tema sembra ormai essere passato di moda, lasciando spazio a questioni più prettamente sociali come il progresso.
In questo senso Nicolas Pariser ci offre un fedele e veritiero spaccato di tutto quanto ruota dietro la macchina politica; la frenesia, la voglia di emergere, il potere, la gloria; ci sono le classiche domande su cosa siano oggi la destra e la sinistra, su cosa sia l’ecologia per cui destra e sinistra non contano, a contare è solo il mondo che sta collassando.
Il quotidiano francese Le Figaro ha invece definito il film Commedia brillante ed è anche questo in realtà; Luchini è favoloso nei panni di questo potente uomo inebetito dalla politica, e spesso suscita una sincera risata con espressioni e battute inaspettate, in fondo è un uomo che ha scritto un libro, ma non ha la minima idea di cosa ci sia scritto dentro.
È un film basato prevalentemente sui dialoghi, è estremamente descrittivo dei gesti e delle azioni quotidiane, scorre molto lento, quasi statico in determinati momenti.
Alcuni personaggi sono come meteore, sembra quasi che siano stati inseriti per colmare vuoti troppo pesanti da sopportare altrimenti, e lasciano aperti futili interrogativi che spostano leggermente l’attenzione dal tema politico.
Alla fine però tutto sembra tornare in ordine, e come dice Rousseau
“Li avrei amati a dispetto di loro stessi, gli uomini”