ACAB: la nuova serie Netflix di Michele Alhaique

Irene Marri Commenta! 24

Dall’omonimo adattamento cinematografico del 2012, ACAB-All Cops Are Bastards diretto da Stefano Sollima approda su Netflix ACAB la serie, tratta e ispirata dallo stesso libro di Carlo Bonini, dove porta avanti un’indagine giornalistica della famosa strage del G8, risalente al lontano 2001. Una rielaborazione che vede alla produzione esecutiva lo stesso regista di Suburra e Adagio e alla regia Michele Alhaique.

Acab: la nuova serie netflix di michele alhaique

Un progetto che nasce dalla volontà di educare e informare ai fatti, tutto quello che si camuffa e non, anche dietro alle forze dell’ordine, troppe volte coinvolti in spiacevoli circostanze dove a prevalere non è il senso di giustizia ma la violenza e la sopraffazione. Alla regia troviamo Michele Alhaique, accompagnato da un cast di new entry con qualcuno che invece già conoscevate nel primo film, come il personaggio di Mazinga interpretato da Marco Giallini. A dare volto ai nuovi personaggi ci sono Valentina Bellè, Adriano Giannini e Perluigi Gigante.

Quando mi avvicino a delle nuove storie cerco sempre di individuare i conflitti che sono al centro del racconto. Quello che mi è saltato subito agli occhi leggendo i primi copioni di ACAB è il lavoro che gli autori avevano fatto per mettere a fuoco il rapporto tra la professione e la vita privata dei personaggi. Si tratta di una relazione bidirezionale. Per sua natura, il lavoro del celerino è continuamente esposto a situazioni emotivamente e fisicamente traumatiche. Abbiamo provato a raccontare le ripercussioni che provengono da una parte e dall’altra e l’impatto che ne deriva. -racconta il regista, Michele Alhaique

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ACAB: chi è davvero l’antagonista della storia?

Una lente di ingrandimento che lavora sulla parte tecnica della professione di celerino, tutte le sfide e le tensioni affrontate da chi ogni giorno lotta per disinnescare il disordine e il caos, messo in atto da eventi e scenari dove le sommosse sono all’ordine del giorno. Ad essere messa in evidenza non è solo il marchio dello Stato, ma i personaggi e le storie che vi nascondo dietro all’uniforme. Intrecci e correlazioni narrative che pungono il reale, facendo emergere non solo la luce ma anche l’ombra di chi percorre le piazze, le difende e riporta l’ordine pubblico.

Come può un poliziotto lasciare alle spalle i propri conflitti privati quando si trova in prima linea dietro a uno scudo di fronte a centinaia di antagonisti? ACAB è una serie che mette al centro i personaggi, sono loro che veicolano la storia fin dal primo fotogramma. È la frustrazione privata di Pietro (“Mia moglie s’è rotta il cazzo!”) a far sì che usi la mano pesante contro gli antagonisti in Val di Susa? O si tratta invece del suo modo di gestire l’ordine pubblico? Nascono prima i conflitti interiori o quelli esteriori? La violenza è un tema che ho sempre provato ad esplorare nei miei lavori. In ACAB la violenza viaggia su due binari paralleli, c’è quella visibile, fisica, messa in scena negli scontri. – dice il regista Michele Alhaique

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Tratta dall’opera letteraria “ACAB” di Carlo Bonini edita in Italia da Giangiacomo Feltrinelli Editore, ACAB è ideata da Carlo Bonini e Filippo Gravino e scritta da Filippo Gravino, Carlo Bonini, Elisa Dondi, Luca Giordano e Bernardo Pellegrini, con lo story editing di Filippo Gravino.

Due sono i temi che scatenano i conflitti del nostro racconto: ordine e caos. A moderare questa antinomia le società moderne utilizzano due forme di controllo: la legge e la morale. Necessarie a tracciare una linea di confine. Da una parte c’è tutto ciò che è lecito, giusto o semplicemente accettato dalla società: amore, famiglia, aspirazione alla felicità, libertà individuale, rispetto degli altri. Dall’altra parte c’è il caos, tutto ciò che è al di fuori della legge e della morale: illegalità, tradimento, violenza, vendetta. La domanda tematica dalla serie attraversa i due piani, quello sociale e quello individuale. Ci chiediamo: quanto disordine può permettersi una società democratica? Mentre, sul piano individuale, quanto caos siamo in grado di governare nelle nostre vite? –Filippo Gravino e Carlo Bonini

Un parallelismo che tocca temi delicati, sviscera la possibile funzione di un’ipotetica libertà autoritaria e mette in evidenza l’importanza di avere un’arma contro il caos e il disordine generale, a volte troppo spesso alimentato da cause politiche, sociali, razziste e misogine. Diritti e libertà che a volte prendono una piega sbagliata e si trasformano, in vere e proprie guerriglie urbane, alimentate da odio e violenza.

Questa serie non è solo una storia crime e di azione: è uno sguardo profondo su un sistema complesso e polarizzato, in cui violenza, rabbia repressa e disillusione mettono alla prova tanto i poliziotti quanto la società che li circonda. –Tinny Andreatta 

La giustizia in questo caso passa dalla parte del torto, e a reprimere scenari violenti sono i servizi d’ordine che il più delle volte rischiano la vita, ma come in svariati casi, ad esempio il massacro del G8 di cui parla Carlo Bonino nel suo libro, si trasformano negli antagonisti della storia trasformando il dovere per potere.

I celerini non sono poliziotti come gli altri. Non indagano, non arrestano ladri e spacciatori. I celerini sono come palombari che, indossati gli scafandri, s’immergono nel caos. Sono gli uomini scelti dallo Stato per presidiare quel confine sottile e oscuro, quella zona d’ombra, che chiamiamo genericamente “piazza”, sia questa il centro storico di una città, una discarica, un cantiere, i cancelli di una fabbrica, il molo di un porto, uno stadio. Sono la faccia protetta da un casco che lo Stato offre in prima istanza al cittadino nel suo atto di ribellione. Spesso, la sola faccia tangibile che lo Stato offre di sé. In questo spazio, la legge viene spesso interpretata e declinata secondo sentieri imponderabili, nel bene e nel male, e i patti sono, anche se discutibili, molto chiari. –Filippo Gravino e Carlo Bonini

Un’intercalarsi di relazioni e riflessioni che hanno un’impatto sociale importante, dove la storia non prende più le sembianze della tipica struttura narrativa filmica, poiché non evince un antagonista ma solo una solida scissione umana e sociale tra i vari personaggi contrapposti.

I nostri poliziotti, le cosiddette “forze dell’ordine”, sono pagati per reprimere gli improvvisi geyser di disordine che ogni società tenta faticosamente di espungere da sé. Sono i prescelti a fronteggiare la minaccia del caos, perché strumento con cui lo Stato esercita il suo monopolio della forza. Sono la faccia con cui lo Stato presidia il confine che protegge l’ordine: uomini e donne a cui è pericolosamente consentito di vivere tra legge e disordine. Sono abituati a gestire la violenza, a fronteggiarla, a farne strumento di repressione. Ma tutto questo avviene all’interno di un confine protetto, che è quello della squadra. Un perimetro dentro al quale non è più la lettera della legge a indicare i comportamenti leciti, lo spazio di azione; ciò che conta davvero è solo il vincolo di fratellanza e il proteggersi l’uno con l’altro. Questo è l’unico modo per sopravvivere. Così facendo, è possibile, per loro, vivere senza lasciare che sentimenti oscuri che provano nei servizi di ordine pubblico, contagino poi le proprie esistenze quotidiane? I poliziotti si trovano, così, prigionieri di esistenze bipolari, dominate dal paradosso per cui per ristabilire l’ordine sono chiamati ad utilizzare strumenti e metodi che mettono continuamente alla prova le leggi e la morale, la loro interpretazione e il loro reciproco rapporto. La nostra serie indaga le conseguenze umane e sociali di questa pericolosa scissione. Il vero problema per i palombari è tornare a casa. –Filippo Gravino e Carlo Bonini

Acab. Episode 101 of acab. Cr. Marco ghidelli/netflix © 2024

ACAB: la trama della nuova serie Netflix, diretta da Michele Alhaique

Una notte di feroci scontri in Val di Susa. Una squadra del Reparto Mobile di Roma resta orfana del suo capo, che rimane gravemente ferito. Quella di Mazinga (Marco Giallini), Marta (Valentina Bellè) e Salvatore (Pierluigi Gigante), però, non è una squadra come le altre, è Roma, che ai disordini ha imparato ad opporre metodi al limite e un affiatamento da tribù, quasi da famiglia.

Acab

Una famiglia con cui dovrà fare i conti il nuovo comandante, Michele (Adriano Giannini), figlio invece della polizia riformista, per cui le squadre come quella sono il simbolo di una vecchia scuola, tutta da rifondare.

Acab. Adriano giannini as michele nobili

Come se non bastasse il caos che investe la nuova formazione nel momento di massima fragilità interna, si aggiunge quello dato da una nuova ondata di malcontento della gente verso le istituzioni.

Un nuovo “autunno caldo” contro cui proprio i nostri sono chiamati a schierarsi e in cui ogni protagonista è costretto a mettere in discussione il significato più profondo del proprio lavoro e della propria appartenenza alla squadra.

Acab, mazinga (marco giallini) e marta sarri (valentina bellè)

ACAB: l’occhio della violenza nel bene e nel male

ACAB, la serie in 6 episodi prodotta da Cattleya, parte di ITV Studios, sarà disponibile solo su Netflix dal 15 gennaio 2025.

ACAB e Cattleya hanno una storia. Che nasce dal libro di Carlo Bonini, dal suo saper fare del mondo quotidiano un racconto, e cresce dentro lo sguardo unico, forte, del primo film di Stefano Sollima. Oggi questa storia arriva alla serialità, grazie a quel gioco magico tra letteratura, grande e piccolo schermo, che Cattleya ha sempre molto amato. Abbiamo creduto a questa nuova veste di ACAB fin dal primo momento in cui ne parlammo con Netflix, che eravamo certi fosse il compagno giusto per quest’avventura. Abbiamo condiviso subito l’obiettivo di una serie fortemente moderna dove i canoni del genere d’appartenenza scorrono dentro nuovi angoli d’osservazione su un mondo che si pensa di conoscere. –Riccardo Tozzi (Fondatore e CEO di Cattleya)

Una storia che nasce da fatti realmente accaduti e mette in luce i lati oscuri della violenza, in tutte le sue forme, e di chi purtroppo ne subisce il fascino deleterio.

Quando abbiamo iniziato a lavorare con Cattleya all’adattamento del libro di Carlo Bonini, ACAB All cops are bastards, (già adattato in un film diretto da Stefano Sollima che della serie è produttore esecutivo) lo abbiamo sentito come un progetto necessario e urgente. Questa serie non è solo una storia crime e di azione: è uno sguardo profondo su un sistema complesso e polarizzato, in cui violenza, rabbia repressa e disillusione mettono alla prova tanto i poliziotti quanto la società che li circonda. -racconta Tinny Andreatta (vicepresidente per i contenuti italiani).

ACAB: una storia che emerge attraverso la regia e la fotografia

Il reale questa volta non si spinge troppo oltre il visibile, rimane fedelmente attaccato alle storie e ai contenuti che ci riguardano ogni giorno. Tutto è monitorato da una regia che segue il più possibile la linea diretta dei colori, della luce e dei contrasti che catturano l’attenzione sull’espressività emotiva degli eventi, catapultando il nefasto in una presa diretta efficace e attenta.

L’impostazione fotografica di ACAB nasce dall’esigenza di raccontare un mondo che rispecchi la complessità dei personaggi, costruendo un’estetica vicina alla realtà ma non rigidamente legata al realismo. Il linguaggio visivo punta a valorizzare, attraverso la luce e la sua assenza, le solitudini e le fragilità dei protagonisti, inserendoli in contesti in cui l’illuminazione è spesso subita più che scelta, e mai pienamente sotto il loro controllo. Negli interni, la luce proviene quasi esclusivamente dall’esterno, anche di notte lampioni o insegne influenzano gli ambienti in modo invasivo, rafforzando il senso di alienazione. Nella caserma l’illuminazione è volutamente più cruda e impersonale, priva di sensibilità verso le esigenze di chi vive quegli spazi, sottolineando un’atmosfera che, a seconda della drammaticità della scena, può arrivare ad essere quasi opprimente. I personaggi spesso si muovono nella penombra della società. -racconta il direttore della fotografia di Vittorio Omodei Zorini

La tavola dei colori si mischia con l’emotivo, creando un’attaccamento visivo potente e originale, che si collega parallelamente alla condizione umana e sociale dei personaggi e degli scenari rappresentati.

L’uso dei toni caldi è stato deliberatamente reinterpretato: anziché creare ambienti accoglienti spesso costruiscono atmosfere ambigue e inquiete, ribaltando le aspettative tradizionali. Le luci però sono tendenzialmente morbide e prive di ombre nette per far sentire una maggiore vicinanza emotiva nei confronti dei personaggi nel racconto delle sfumature delle loro vicende senza giudizi morali, ma con empatia verso la loro umanità. -il direttore della fotografia di Vittorio Omodei Zorini

ACAB, l’intervista stampa con il regista e il cast

La nuova serie Netflix ACAB, ispirato all’omonimo libro di Carlo Bonini approderà sulla piattaforma con un cast d’eccezione italiana, tra i protagonisti Adriano Giannini, Marco Giallini, Valentina Bellè e Perluigi Gigante.

Da sx a dx adriano giannini , valentina belle’, pierluigi gigante, marco giallini. Photocall @  acab press screening in rome january 13th 2025

Gli attori hanno parlato dei lori personaggi, dall’aspetto più intrinseco e intimo fino a quello esteriore. L’attrice Valentina Bellè, che interpreta Marta ha raccontato di come ha affrontato il rapporto con la protagonista, l’unica donna della squadra del Reparto mobile di Roma e come si è allontanata in modo più possibile dalla sua femminilità.

Sono ancora molte poche le donne che fanno questo mestiere, in realtà il lavoro che ho fatto io è stato eliminare la mia parte femminile il più possibile, non ho cercato di integrarla ma proprio di eliminarla. Perché ho pensato..il personaggio di Marta, tutti i personaggi in questa serie sono pieni di difficoltà, nel caso di Marta, arriva anche da una relazione tossica, violenta, e quindi abbiamo immaginato che la soluzione che lei ha pensato fosse la migliore è quella di trasformarsi -Valentina Bellè

Un’altro personaggio chiave è quello di Michele Nobili interpretato da Adriano Giannini, dove a differenza del ruolo affrontato in Adagio (Stefano Sollima), dove interpreta un poliziotto spietato e senza valori, si mette nei panni di un uomo devoto allo Stato senza alcun tipo di corruzione etica e morale. Un valore che nel tempo, a contatto con la nuova squadra di Roma e con eventi tragici legati al nucleo famigliare, prende una piega inaspettata e che completamente si capovolge.

È un personaggio che incarna il conflitto, per inizialmente un pensiero diverso rispetto alla gestione dell’ordine, più progressista e democratico e però questo pensiero lo esilia, lo porta fuori dalla famiglia, dagli effetti. Quindi è un personaggio che arriva già con un conflitto in scena. Poi ha un secondo grande conflitto che è quello di trovarsi nella piazza di Roma, che è quella più complessa rispetto al suo modo di pensare la giustizia, l’ordine ecc. E quindi si trova nella squadra dove questo conflitto lo porta ad averte ulteriori conflitti. E poi c’è un terzo conflitto, che è quello più importante, nel corso della serie lui mette in discussione tutto il suo pensiero, quindi il modo di reagire. Quindi è un personaggio che ha molto conflitto, che ha pane per il racconto e per noi attori. Il conflitto è l’anima di ogni tipo di racconto, in ogni sua forma. Quindi avevo molti strumenti per cercare di fare il mio lavoro -Adriano Giannini

Da sx a dx adriano giannini , valentina belle’, fabrizio nardi, michele alhaique ,pierluigi gigante, marco giallini, donatella finocchiaro. Photocall @  acab press screening in rome january 13th 2025

Oltre ai nuovi personaggi, c’è qualcuno che era già presente nel primo adattamento cinematografico di Sollima, ovvero Mazinga interpretato da Marco Giallini.

Me lo ricordavo poco, era diverso, diversa anche la voce. Però in realtà decontestuallizzato da quello che era il Mazinga di prima, di conseguenza non mi sono sentito proprio quel Mazinga -Marco Giallini

Ad accompagnare il cast e il regista, ci sono i due autori Fillippo Gravino e Carlo Bonini, autore anche del libro ACAB.

Il tema di fondo e i conflitti sono rimasti gli stessi, perché come giustamente diceva Riccardo, sono temi non solo universali, ma sono temi che attraversano qualunque società democratica, il tema del conflitto, il tema del monopolio della violenza, oppure della forza che è dir si voglia. Il rapporto tra sicurezza e libertà, tra caos e ordine. L’idea di poter esplorare a distanza di tempo tutto questo con un racconto seriale, quindi con un racconto che offriva la grande opportunità di maggiore profondità. E quindi di esplorare più a fondo il rapporto tra la dimensione pubblica e la dimensione privata. La straordinaria secondo me è per me per quanto mi riguarda l’idea di poter capovolgere il punto di vista. Chiunque racconti e provi il racconto della realtà diventa molto stimolante e formidabile nel momento in cui si capovolge il punto di vista. E mai come questa volta è stato possibile mettersi dietro la visiera, un casco da ordine pubblico. Il terzo elemento era quello in un contesto come questo, nel senso contesto del nostro paese in questo momento, poter consegnare a chi guarda un racconto e che il più possibile solleciti a uscire ciascuno quale che sia l’idea che coltiva dalla sua zona di comfort. Ognuno di noi, rispetto ai temi che affronta ACAB nel tempo, matura un giudizio, matura una convinzione. La sfida era quella proprio di prendere queste convinzioni e metterle in discussioni. Metterle in discussioni mostrando la complessità, la contraddittorietà che si andava a raccontare. -Carlo Bonino

Lo stresso autore prende in causa tale tematiche svolgendo un’indagine giornalistico e sociale riportata nel suo libro:

Nel 2008 quando scrissi il libro, la polizia italiana era una polizia reduce dalla catastrofe di Genova. Era una polizia ancora che la ferita della Diaz, dei piazzali Monda, che peraltro ha segnato almeno un paio di generazioni di italiani, era una ferita ancora aperta, c’erano procedimenti penali in corso. A riprendere, diciamo, quella polizia 14 anni dopo, con l’ingresso delle donne nei reparti mobili, l’introduzione delle bodycam. Una polizia che nel frattempo ha fatto un percorso ma in un Italia con un contesto politicamente diverso è stato divertentissimo. -Carlo Bonini

Da sx a dx adriano giannini , valentina belle’, fabrizio nardi, donatella finocchiaro, tinny andreatta, pierluigi gigante, riccardo tozzi, michele alhaique , marco giallini, stefano sollima, filippo gravino, carlo bonini. Photocall @  acab press screening in rome january 13th 2025

A presentare il film, anche il produttore esecutivo Stefano Sollima, autore del primo adattamento cinematografico di ACAB con Pierfrancesco Favino, Filippo Nigro e Marco Giallini. Il regista racconta le controversie affrontate nel primo film, oggetto di contestazioni e insorgenze:

Su ACAB, prima ancora che il film uscisse noi siamo stati contestati da tutti. Polizia di Stato, Centri Sociali. A Milano siamo stati contestati io e Bonini alla Feltrinelli, scortati dai carabinieri e contestati da un gruppo di no-tav torinesi. Quindi devo dire che la cosa bella di ACAB e che scatena il lato un pò peggiore di tutti e non credo oggi che a distanza di quindici anni ci sia qualcuno che possa più permettersi il lusso di protestare. Abbiamo avuto anche l’onore di avere degli striscioni nelle curve, perché all’epoca quella che raccontavamo noi, la celere era anche dentro gli stadi, quindi c’avevamo anche gli ultrà che erano tutti incazzati e nessuno aveva visto il film. .-Stefano Sollima

ACAB sarà disponibile sulla piattaforma Netflix a partire dal 15 gennaio e sarà composta da sei episodi.

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