Una serie di sfortunati eventi è arrivata alla sua conclusione con la sua terza e ultima stagione, uscita su Netflix all’inizio di questo mese
Una serie di sfortunati eventi è la trasposizione dei romanzi firmati da Lemony Snicket, (pseudonimo di Daniel Handler)ed illustrato da Brett Helquist. Il ciclo di romanzi per ragazzi, diviso in 13 volumi, è uscito tra il 2000 ed il 2006. Non a caso sono 13, essendo appunta racconti su una serie di eventi sfortunati, il numero è molto ricorrente nei romanzi (ogni libro ha sempre e solo 13 capitoli) e non a caso. Nella cultura anglosassone questo numero è sfortunato.
Lemony Snicket – Una serie di sfortunati eventi (2004)
La serie di Netflix non è la prima trasposizione per questa serie di romanzi, nel 2004 era uscito già un film diretto da Brad Silberling ma basato solo sui primi tre libri del ciclo.
Il compito più difficile è ricaduto senza alcun dubbio su Neil Patrick Harris. Nel film del 2004 il ruolo del terribile conte Olaf era di Jim Carrey, in un’interpretazione eccezionale. Quello che fa la differenza tra le due versioni non è dovuta quindi agli attori ma al background che questi hanno nella sceneggiatura. Alcuni elementi presenti nel libro, nel film del 2004 sono assenti, i film d’altronde quando devono affrontare della saghe purtroppo devono andare per sintesi (cosa che abbiamo già visto nelle trasposizioni come quella di Harry Potter o Il signore degli anelli). Il conte Olaf di Neil Patrick Harris è decisamente più tetro e sinistro in confronto a quello del 2004, complice anche un’ambientazione più burtiana che ha conferito più profondità e dramma al mondo dei protagonisti. Ma le differenze non si fermano alla sola apparenza, nella serie televisiva compare finalmente il misterioso tatuaggio sulla caviglia del conte, completamente ignorato nel film ed è da collegamento con il passato della famiglia dei Baudelaire stessa. C’è un collegamento stretto tra il conte Olaf, i genitori dei Baudelaire e una misteriosa società segreta.
Maggior spazio anche per personaggi minori a partire dal banchiere: il signor Poe, incaricato di accompagnare nel lungo viaggio i tre fratelli da un tutore all’altro nella serie Netflix ha uno spessore notevolmente maggiore. Per un periodo di tempo è lui stesso a tenere i bambini e possiamo così conoscere aspetti della sua vita privati come i membri della sua famiglia: la moglie, giornalista investigativa, e i suoi due figli. Nel film vediamo per lo più una persona disinteressato agli orfani Baudelaire, dispiaciuto si per le loro tristi vicende ma impegnato solo a risolvere in fratta la questione. Nel telefilm viene rappresentato in modo più completo, più tridimensionale, vediamo una persona che ha certamente buone intenzioni ma queste vengono quasi cancellate da un pessimo carattere. Il signor Poe della serie televisiva è una persona egoista, con poca pazienza, paurosa e forse per questo si rifiuta ogni volta di dare retta alle parole dei ragazzi per quanto riguarda Olaf e i suoi numerosi travestimenti. Anche gli aiutanti del Conte Olaf hanno più spazio nella serie e sono sicuramente la parte più divertente di tutti gli episodi. Nel film invece quasi non ci accorgiamo della loro presenza, il Conte Olaf sembra fare quasi tutto da solo. Altri personaggi sono completamente nuovi come la segretarie della signor Poe, Jacqueline, la vera aiutante dei fratelli Baudelaire e i fratelli di Lemony Snicket, Kit e Jacques.
Prima stagione
L’inizio, la prima stagione ci ha travolto con tutte le novità che ha portato con sé. La più importante, oltre a quelle già menzionate, è sicuramente vedere finalmente Lemony Snicket in carne ed ossa.
“Ho spiegato a Netflix che volevo che Lemony Snicket fosse una presenza su schermo, non solo un tizio alla macchina da scrivere che si vede all’inizio e alla fine degli episodi. Il suo ruolo è di fare da guida e volevo che esistesse sia nel presente dei Baudelaire, sia nel futuro da cui racconta la loro storia. Amo i narratori onniscienti e ho sempre pensato che una delle cose migliori dei libri fossero gli “a parte” di Snicket, la sua narrazione, i suoi interventi a definire i modi di dire.” Barry Sonnenfeld
Non solo voce narrante questa volta, ma Patrick Warburton riesce nel ruolo di un personaggio affascinante e sfuggente. Se infatti lui è un narratore onnisciente, noi di lui per il momento sappiamo veramente poco ogni tanto qualche personaggio fa il suo nome ma non tanto quanto vorremmo. Non è senza dubbio un personaggio risolto, anzi soffre profondamente per la perdita della sua Beatrice. Onnisciente perché parla da un futuro dove ormai i fatti sono tutti compiuti, ma non per questo interviene per dare risposte per lo più Snicket è causa di dubbi e domande. Nella prima stagione vengono presi in considerazione i primi quattro romanzi: Un infausto inizio, La stanza delle serpi, La funesta finestra e La sinistra segheria (ogni libro che viene diviso in due episodi) Ebbene si già con la prima stagione ci siamo spostati un po’ più avanti nella storia rispetto al film del 2004. E’ vero, il materiale a cui prendono spunto è già buono di suo, ma la serie riesce comunque e mettere qualcosa in più, la scenografia ci dice più cose di quello che possiamo pensare. Più di una volta si può vedere come nello sfondo ci siano degli indizi che rimandano a qualcosa che deve ancora avvenire o a qualche mistero da decifrare: lo sono i serpenti disegnati sulle pareti o sui vasi, gli occhi messi sulla carta da parati o all’interno di finestre e la loro comparso porta con se un bel po’ di domande. Già con questa prima stagione gli sceneggiatori dimostrano quindi di riuscire a portare sullo schermo la storia degli orfani Baudelaire non semplice per la trasposizione.
Seconda stagione
La serie conferma i punti forti della precedente stagione, nella seconda però abbiamo una nuova aggiunta, per questa volta i libri da cui sono tratte le vicende sono cinque: L’atroce accademia, L’ascensore ansiogeno, Il vile villaggio, L’ostile ospedale e Il carosello carnivoro. Molti spostamenti, molti incontri e moltissimi personaggi. Se fino ad ora abbiamo visto i Baudelaire affidati a singole persone in questa stagione vengono a contatto con comunità e gruppi di persone, tutti con lo scopo di educarli. Comunità, enti pubblici o persone singoli la fine dei Baudelaire sempre essere segnata dall’incontro di persone poco affidabili. Le avventure dei Baudelaire si terranno nei posti più disparati: l’istituto scolastico più tetro che mai (Atroce Accademia), un lussuosissimo attico (Ascensore Ansiogeno), una comunità isolata nel deserto (Vile Villaggio), un ospedale che cela dentro di sé un archivio pieno zeppo di informazioni utili (Ostile Ospedale) e per ultimo un circo (Carosello Carnivoro). Da ammirare anche per questa seconda stagione è sicuramente il lavoro fatto per le scenografie, ancora ricco di dettagli e simboli nascosti. Neil Patrick Harris si conferma con la sua energica rappresentazione dell’oscuro conte Olaf.
Terza stagione
La scivolosa scarpata, L’altro antro, Il penultimo pericolo e La fine sono i libri per questa ultima stagione. In questa stagione abbiamo un vero e proprio punto di svolta, se nelle passate abbiamo notato una certa stasi dei personaggi (molte vicende, molti spostamenti ma poca evoluzione nei personaggi) assistiamo a grandi cambiamenti, o meglio vediamo ancora più sfumature dei personaggi, sopratutto tra le file dei cattivi. Più volte la morale viene messa nella bocca dei cattivi: Non esistono i veri buoni ed i veri cattivi, dei retroscena vengono rivelati, atti discutibili sembrano essere stati fatti per ragioni nobili. Dall’Uomo con gli uncini che rivela il suo oscuro passato (e il motivo per cui ha perso le mani)ad Olaf stesso, che spiega come i motivi che lo hanno spinto a rivoltarsi ai VF. Continuiamo a stupirci per le magnifiche scenografie, l’hotel Denouement è quello che ci attrae maggiormente, un vago ricordo del Grand Budapest Hotel di Wes Anderson. La terza stagione chiude un cerchio, e conferma la profondità del racconto. Sotto la storia lineare di tre fratelli che scappano dal conte Olaf e sono alla ricerca della vera storia dei genitori si celano riflessioni decisamente più profonde.
Una trasposizione riuscita
Possiamo concludere quindi che la serie Netflix riesce a rispecchiare pienamente la volontà dell’autore, Snicket/Handler, nel rompere le regole della narrativa per ragazzi. La promessa di vedere/leggere continui orrori e l’invito dell’autore a smettere di leggere/guardare quello che sta per accadere sono stati in realtà i motivi reali che ci hanno spronato a continuare. E voi? Siete riusciti ad arrivare alla fine o avete seguito l’invito di Snicket?
Questa serie è bellissima…non sono ancora arrivata alla terza stagione e non vedo l’ora che tutto si risolva👍💕…potete spiegare anche se questa è una storia vera??GRAZIEEE😉