È uscito nelle sale il secondo dei film del progetto La grande arte al cinema – stagione 2018 – 2019. Dopo Dalí, ecco Klimt e Schiele, i due artisti più importanti della corrente austriaca della Secessione.
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Finalmente abbiamo potuto vedere quello che, fra i 4 titoli proposti dalla Grande Arte al cinema, ci interessava di più, assieme a Banksy, ovviamente, che concluderà la serie di film.
Iniziamo dicendo che, da un punto di vista meramente divulgativo, la qualità del docufilm è eccellente: non solo ci si diffonde a lungo sulle opere d’arte, ma si prendono in considerazione anche il periodo storico, a cavallo fra la Belle Époque e la I guerra mondiale, e il tumulto culturale dell’epoca, il che significa Freud, Schönberg, Mahler, Schnitzler, ecc.
A proposito dei filmati nei quali si vede il padre della psicanalisi, devo confessare che sono la cosa che mi ha commosso di più, dopo Bambi. La cosa che mi ha fatto piangere di più, dopo la morte della mamma di Bambi, è stato vedere Freud leggere disteso in una poltrona in giardino. D’altronde il piccolo Spielberg rimase terrorizzato quando vide Dumbo al cinema; il mondo è bello perché vario. Mi piacerebbe sapere cosa ne penserebbe lo stesso dottor Freud.
Per contro, a uno che non è proprio un esperto, perché non mi ritengo tale, ma che conosce un po’ sia il movimento secessionista che il periodo storico, alla fine del film rimane un po’ deluso.
Tutto qui? Diciamo che un dignitoso dilettante del periodo dell’espressionismo non rimarrà folgorato da questo film; un piacevole déjà vu. In ogni caso, da dignitosa dilettante, ho apprezzato che si insista molto di più sull’opera di Schiele, piuttosto che su quella di Klimt; effettivamente è molto più toccante. Inoltre il premio Nobel per la medicina e neuroscienza Eric Kandel fa interventi estremamente simpatici e sono molto interessanti le osservazioni della storica dell’arte e femminista Jane Kallir, che vede nel modo di Schiele di rappresentare la donna una sorta di emancipazione.
Deludente, invece, Lorenzo Richelmy, la voce narrante. Vero è che si parla, fra l’altro, di una delle guerre più sanguinose della storia, dell’ultima grande epidemia che ha decimato continenti interi, ossia l’epidemia di “spagnola” della quel quest’anno ricorre il centenario, ma tiene costantemente un tono melodrammatico, molto al di sopra delle righe, che poco si confà a un film divulgativo.
Aridatece Alberto Angela.