Se c’è qualcosa cui somiglia l’autobiografia di Woody Allen è il soggetto di un film. Non di Ben Hur, certo, ma uno dei suoi film e, curiosamente, o forse ovviamente, i suoi film descrivono la parabola della sua vita o viceversa.
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Woody Allen è uno dei migliori autori di commedie in assoluto, che tallona Neil Simon e Billy Wilder; anche per raccontare la propria vita, era lecito attendersi un registro da commedia e Allen non ci delude. Si tratta di un libro estremamente divertente; nei momenti meno piacevoli della sua vita, e ce ne sono, il tono vira dalla commedia brillante all’humor nero, ma rimane sempre lieve. Nel descrivere la sua infanzia, Allen ripete molte scene che avevamo visto nei suoi primi film. Conosco abbastanza la critica letteraria per sapere che “Dante Alighieri” e “l’autore della Commedia” non necessariamente sono la stessa persona, ma l’idea che si ha, leggendo questo libro, è che Allen abbia messo molto del suo, soprattutto nei suoi primi film, anche se un’affermazione del genere farebbe venire un infarto al mio anziano genitore, che è un severo osservante della Nouvelle Critique, il che vuol dire che è più ortodosso di un rabbino di Chelm.
Però Allen racconta la sua infanzia in maniera molto simile a quella dei flash back dei protagonisti dei suoi primi film.
Di questa scena, per esempio, si possono riconoscere diversi brani nella sua autobiografia. Come pure possiamo ritrovare questa scena:
Poi c’è questo brano a proposito dei suoi rapporti con la psicoanalisi, che è un clamoroso plagio di se stesso: “Il fatto che risolvere questi problemi sia un’illusione e che rimarrai il solito disgraziato pieno di fobie, che dal fornaio non sa chiedere gli Schneken perché lo imbarazza pronunciare la parola, non importa“. Questo, invece è Colloqui con Helmholtz, raccolto in: Woody Allen, Saperla lunga, Bompiani, 1966: “Quando incontrai Freud per la prima volta, stavo già lavorando alle mie teorie. Freud si trovava in panetteria e voleva acquistare degli Schenken, ma non tollerava di chiamarli col loro nome. Freud era sempre imbarazzato di fronte alla parola Schneken, come probabilmente saprai. ‘Datemi alcuni di questi dolcetti,’ disse invece, indicandoli. Il fornaio ribatté: “Volete dire questi Schneken, signor professore?” Al che Freud divenne rosso e uscì velocemente borbottando: “Oh no, niente, non importa“. Ora, che uno degli autori più prolifici di tutti i tempi abbia bisogno di rubare una battuta a se stesso è molto improbabile; molto più verosimile è che il giovane Allen avesse attribuito a Freud le proprie idiosincrasie.
Si tratta delle memorie di uno che ha cominciato a scrivere a sedici anni, che ha fatto cabaret, televisione, teatro, cinema e anche concerti, visto che suona il clarinetto e parla della sua predisposizione alla musica più o meno come il maestro di violoncello di Virgil in Prendi i soldi e scappa:
È ovvio, quindi, che si possono trovare una miriade di aneddoti su persone famose e famosissime, ma Allen dà molto spazio soprattutto alle sue tre mogli e alle sue donne in generale con le quali è rimasto in ottimi rapporti, a parte Mia Farrow, ovviamente. Una cosa che salta agli occhi è che Goethe aveva ragione quando scriveva nelle Affinità elettive che sono i caratteri opposti ad armonizzare: finché Woody Allen si è ostinato ad avere rapporti con donne nevrotiche come lui le conseguenze sono sempre state disastrose e le storie brevi e turbolente, quando, finalmente, ha trovato una persona equilibrata è riuscito a scoprire una serenità che forse non avrebbe mai sospettato. Già che siamo a parlare di donne, veniamo alla storia che, ormai da anni, sta interessando le cronache scandalistiche, che, necessariamente, lo ha molto coinvolto, e che non è ancora finita, ossia la sua querelle con Mia Farrow, le sue presunte molestie alla figlia Dylan e la sua fortunata relazione con Soon-Yi. Tutto questo prende circa un 15% del libro, per me anche troppo, ma è troppo anche per Woody Allen, e se ne scusa: “… se ne ho scritto, è solo perché nella mia vita ha avuto una parte così drammatica …“, non dimentichiamo che stiamo leggendo un’autobiografia. Inoltre va detto che Woody non si sofferma tanto sulle fantasiose accuse della sua ex, ma sul dolore che gli ha provocato l’allontanamento dai suoi figli, adottivi e biologici. Uno dei figli adottivi, Moses, che all’epoca dei fatti era più grande, quindi meno condizionabile, è rimasto solidale al padre. Perché, mi si potrebbe chiedere, dài per buone le affermazioni di Woody Allen e non quelle di Mia Farrow? Potrei rispondere “perché i tribunali hanno dato ragione ad Allen” oppure “perché Allen e Soon-Yi hanno adottato due bambine, ed escludo che i giudici diano serenamente in adozione due bambine a un noto pedofilo” o anche “perché, di regola, il pedofilo soffre di serie difficoltà nell’avere rapporti con gli adulti dell’altro sesso”, cosa che non si può dire di Woody Allen, ma non sarei sincera; semplicemente, le affermazioni di Woody sono verosimili, quelle della signora Farrow no.
La parte relativa agli ultimi film forse è un po’ tirata via, magari ci sarebbe piaciuto saperne di più. Alla fine si risolve in un lungo elenco di complimenti ai suoi attori e agli altri collaboratori. Un ultimo accenno alla recentissima seconda ondata di fango, che ha spinto molti attori a prendere le distanze da Woody. Fra questi Timothée Chalamet, protagonista di Un giorno di pioggia a New York, che ha dichiarato di essere pentito di aver lavorato con Allen, di voler devolvere i suoi sporchi soldi in beneficenza. ecc. ecc. Pare che l’attore abbia poi telefonato alla sorella di Woody scusandosi e giurando che lo avevano forzato a fare una simile dichiarazione perché, essendo in concorso all’Oscar come miglior attore protagonista per Chiamami col tuo nome, gli avevano consigliato di prendere le distanze dal regista. Poi Chalamet l’Oscar non l’ha vinto. Anche Hillay Clinton ha rifiutato sdegnosamente il finanziamento di Woody Allen per la sua campagna presidenziale, e ha vinto Trump. Anche se Woody e io non ci crediamo, a volte mi sfiora il sospetto che Dio esista.
Inutile dire che Allen ringrazia tutti coloro che lo hanno sostenuto: Scarlett Johansonn, prima di tutte, ma anche Alec Balwin, Javier Bardem, Blake Lively, Joy Behar, Wallace Shawn, Ray Liotta, Chaterine Deneuve, Charlotte Rampling, Jude Law, Isabelle Huppert, Pedro Almodóvar, Alan Alda, le sue ex mogli, Harlene e Luoise, Diane Keaton, Stacey Nelkin. Non ha ringraziato noi, che abbiamo sempre tifato per lui, ma vabbè. Bob Weide ha addirittura girato un documentario a suo sostegno, ma come dice Woody, Weide non è Zola e il suo intervento è stato prontamente affossato. Infine, un ringraziamento a Soon-Yi, alle sue donne, agli amici e alla vita dalla quale, tutto sommato, ha avuto molto e alla quale, anche se preferisce di gran lunga la fantasia alla realtà, ammette che rinuncerà malvolentieri.