A.n.i.m.a. è un esame di coscienza, un film che non costeggia il problema, ma lo centra in pieno e lo sperona ripetutamente
Gradevole, coinvolgente, a giuste dosi irriverente, talvolta ironico, ma soprattutto drammaticamente commovente, A.n.i.m.a. è un gran bel film. Di quei gran bei film di cui si sentiva la mancanza e a cui non servono due ore e passa di pura retorica, perché in breve riesce a raccontare una scomoda e ben nota verità.
Il trailer non rende giustizia alla pellicola, che si dimostra sì didattica e profonda, ma ha il pregio di comunicare con leggerezza e con un ritmo intenso, senza annoiare. E’ davvero ben recitata e ricca di simbolismo e riferimenti a molteplici fatti di cronaca (leggi: ingiustizie) che lo spettatore non fatica a comprendere e a fare proprie. A.n.i.m.a. ha un’impostazione palesemente teatrale, tant’è che penso sarebbe perfetta per la messa in scena, è dantesca e a tratti dickensiana, e strizza l’occhio alla Livella del geniale Totò. Fa tanto desiderare che possa esistere una condanna eterna esemplare per chi ha reso la vita altrui un inferno in terra.
Il politico e parlamentare Anio Mòdor entra in coma e mentre si radunano più avvoltoi che affetti sinceri al suo capezzale, si risveglia in una sorta di inferno laico detto “zona nera“, seduto su un aereo che non va da nessuna parte, con una serie di misteriosi altri passeggeri (di cui incuriosisce conoscere la storia). Lì la sua carica di onorevole non ha nessun valore, anzi è “disonorevole” il suo nuovo titolo.
Il tutor gli illustra il suo destino: vedrà su un monitor, in eterno, le tristi e devastanti conseguenze delle sue azioni. Convinto che sia tutto un gioco, o quantomeno un sogno, dopo aver visionato i suoi primi peccati e le relative conseguenze, Mòdor fugge dall’aereo percorrendone il lunghissimo tunnel e si ritrova nella casa della sua infanzia. Le scene che dapprima viveva in bianco e nero, acquistano luce e colore. E’ il giorno del suo compleanno e il piccolo Anio sta spegnendo otto candeline, circondato dall’affetto dei suoi genitori. Quel luogo è la “zona bianca“, una sorta di Paradiso dove chi ha vissuto con altruismo ed amore per il prossimo, rivive i momenti più felici della propria vita, ogni volta come se fosse la prima.
Condotto nuovamente nel suo Inferno, Mòdor visiona il suo peccato più grande e viene condotto al cospetto di un collegio composto da tre giudici: una donna, un barbone ed un uomo di colore. I tre non gli consentono difesa, vogliono solo sentire una candida ammissione di responsabilità per i gravi ed irreparabili errori commessi da Anio. Ma l’uomo si rifiuta e viene dunque condotto al cospetto di colui che è più in alto di tutti. L’inquisitore supremo, altri non è che se stesso da bambino che lo rimprovera aspramente e lo congeda. Mòdor si risveglia dunque dal coma, ma a prescindere da quanto gli resterà da vivere, sa bene che la sua sorte non muterà e che il posto su quell’aereo è prenotato per l’eternità.