Il regista Jon S. Baird ci fa conoscere le personalità di Stan Laurel e Oliver Hardy dietro la macchina da presa, nel loro ultimo periodo di collaborazione
Biopic, biopic e ancora biopic. Ma se nel recente passato e nel prossimo futuro, il cinema ci racconta le vicende legate alle rockstar (il grande successo di Bohemian Rhapsody e l’attesissimo Rocketman lo dimostrano), Jon S. Baird, regista al suo primo lungometraggio cinematografico, decide di farci conoscere gli uomini che si celano dietro le maschere di Stanlio e Ollio, il duo comico che tra gli anni ’30 e ’60 ha fatto ridere intere generazioni, assieme ad altri attori padri del genere “slapstick”, quello in cui a far ridere non sono le battute, quanto invece il linguaggio del corpo, fra i quali Buster Keaton e Charlie Chaplin, con cui, tra l’altro, lo stesso Stan Laurel ha avuto modo di lavorare all’inizio della sua carriera.
Siamo alla metà degli anni ’30, Stan Laurel e Oliver Hardy si accingono a registrare la memorabile scena del balletto di fronte al Saloon de I Fanciulli del West. Poco prima però l’atmosfera è stata tutt’altro che divertente. Stan ha infatti avuto un’accesa discussione con il suo produttore, Hal Roach (interpretato nel film da Danny Huston), che lo ha accusato di portare una cattiva fama agli studios, a causa delle sue problematiche matrimoniali. Dal canto suo, l’attore, confessa di averne abbastanza del contratto stipulato con Roach e sarebbe sul punto di trovare un’intesa con la Fox per il quale prenderà la decisione di lavorare anche per il compagno di scena Oliver, che però deciderà di onorare fino in fondo il contratto con Roach, arrivando a lavorare con Harry Langdon nel film Zenobia.
La storia poi si sposta ai primi anni ’50. I tempi sono cambiati, le star dell’epoca sono state lentamente sostituite da nuove leve del calibro di Bud Abbott e Lou Costello, noti anche come Gianni e Pinotto. Stan e Laurel, nonostante i problemi fisici e l’età che comincia a pesare, decidono comunque di affrontare una tournée teatrale nel Regno Unito e in Irlanda, in attesa di iniziare le riprese per un nuovo film, finanziato da un produttore inglese e per la cui sceneggiatura Stan sta dedicando gran parte del suo tempo. Inizialmente le cose non vanno bene. I due sono costretti ad alloggiare in alberghi di basso livello e ad esibirsi in teatri di quartiere riempiti per un terzo. Quando il loro agente proporrà loro di farsi un po’ di pubblicità partecipando ad eventi e interviste, torneranno ad essere acclamati in tutto il paese, ma assieme al successo, torneranno anche i piccoli rancori di anni prima che, assieme alla difficile salute di Oliver, mineranno seriamente la loro collaborazione, ma soprattutto la loro profonda amicizia.
Il film è tratto dal libro “Laurel & Hardy – The British Tour” di A. J. Marriot che per anni è stato membro della International Laurel & Hardy Society, conosciuta anche come Sons of the Desert, chiaro rimando a I Figli del Deserto, film di Stanlio e Ollio del 1933, e che celebra la vita e le opere del duo comico. La sceneggiatura è curata da Jeff Pope, che proprio assieme a Steve Coogan ha scritto nel 2014 lo script per Philomena, in cui lo stesso Coogan ha recitato al fianco di Judy Dench, e per la quale sono poi stati nominati agli Oscar e ai Golden Globe dello stesso anno.
Jon Baird ci porta nel mondo del cinema degli anni ’30, ricco di allegria, girato in studi giganteschi e, per l’epoca, una vera rivoluzione. E lo fa con un tocco edulcorato che permea l’intera opera. La fotografia in particolar modo, composta da morbidi colori pastello, ben distinguibili soprattutto nella prima parte del film, tende a rendere tutto più “zuccheroso” e leggero.
Quello che già riesce bene nella parte tecnica, però viene ulteriormente enfatizzato dalla controparte artistica. John C. Reilly e Steve Coogan, che interpretano rispettivamente Oliver e Stan, hanno catturato in pieno l’essenza dei personaggi comici dell’epoca e, complice un trucco sofisticatissimo, quasi sicuramente presente alle prossime candidature agli Oscar per la categoria, renderanno difficile capire se le scene dei film del duo, mostrate in alcuni momenti, siano effettivamente quelle reali o quelle riportate in vita per il biopic. In sottofondo, la colonna sonora di Rolfe Kent, in passato candidato al Golden Globe per le musiche di Sideways – In viaggio con Jack di Alexander Payne, sottolineano molto bene i momenti comici e quelli più drammatici, senza però cadere nella banalità.
Nonostante la parte della storia raccontata non sia infatti la più allegra del duo, e anzi ci racconta di come i due attori abbiano sofferto molto il cambiamento generazionale nel cinema, venendo considerati sempre meno, soprattutto dai giovani e sentendosi anche piegati dalle vicende personali, legati a matrimoni falliti, all’alcolismo per quanto riguarda Stan e alle scommesse per quanto riguarda Oliver, in Stanlio e Ollio si è voluto costruire un ritratto ottimista e allegro che ci farà ricordare i fautori del cinema comico per quello che effettivamente erano, sia dietro che davanti alle telecamere.
FIlm memorabile, da annali del cinema!