Secondo film come regista dell’attrice italiana, che si cimenta ancora con un argomento drammatico. Riuscirà a ripetere l’ottimo risultato del suo primo film da regista?
Forse ho sbagliato ad andare a vedere Euforia troppo a ridosso di Santiago, Italia, che è uno di quei film che ti rimane dentro per un bel po’. E forse avevo aspettative molto alte, visto quanto mi era piaciuto Miele, il primo film da regista di Valeria Golino; fatto sta che sono uscita delusa dal cinema.
Valeria Golino è veramente molto portata per la regia, più di quanto lo sia per la recitazione, e questo film non la smentisce, ottime inquadrature, bella fotografia. Ma queste sono le sole parole carine che posso scrivere per un film, francamente deludente.
La storia, ormai, più o meno si conosce, ma ripetiamola velocemente: Matteo (Riccardo Scamarcio) è un imprenditore di successo, trasgressivo e intraprendente, suo fratello Ettore (Valerio Mastandrea) è l’esatto contrario: un modesto professore che preferisce vivere, con semplicità, in provincia. Ettore si ammala di un tumore al cervello e questo fa riavvicinare i due fratelli.
La storia già non è un campione di originalità
Se a Stephen King fosse venuta in mente una storia del genere non sarebbe riuscito a chiudere occhio dal terrore per mesi. La sceneggiatura avrebbe potuto, con molta fatica, riuscire a trovare qualche spunto originale; un rischio che non si è voluto correre, perché tutto in questo film è puro stereotipo. Matteo è l’idea iperurania dell’uomo rampante di successo trasgressivo: apertamente omosessuale, drogato, dagli ambienti che frequenta sembra di essere sullo stesso set della Grande bellezza di Sorrentino. Intendiamoci, a me piace Sorrentino e trovo che sia un regista che meritava l’Oscar ma, per piacere, non con La grande bellezza. Ettore è esattamente come uno si aspetta che sia un professore di provincia, scontroso, un po’ risentito. I dialoghi sembrano tradotti da un’altra lingua, in maniera maldestra: si capisce dove vogliono arrivare, ma nessuno si esprimerebbe veramente in maniera così banale, soprattutto in casi simili.
Gli attori principali normalmente sono bravi,
incluso Scamarcio che, se è ben diretto, riesce a essere più che dignitoso. In questo film sono la caricatura dei loro precedenti personaggi. Dispiace dirlo, soprattutto per Mastandrea che, oltre a essere un buon attore, è una notoria brava persona. Anche Jasmine Trinca, alla quale si vuol bene perché è stata scoperta da Nanni Moretti, e Valentina Cervi, che è pur sempre la nipote del commissario Maigret, sono due figure talmente banali e stereotipate che viene da chiedersi se era il caso di scomodarle per un film del genere.
E ci fermiamo qui, perché mi dispiace parlare male dei film; anche perché immagino quanto lavoro sia costato e con quanta passione sia stato realizzato da registi e attori, ma quando ce vo’ ce vo’.
Proprio perché Valeria Golino dimostra di avere un buon istinto per la regia, due stelle.