Salvador Dalí: La ricerca dell’immortalità inaugura la stagione 2018-19 di “La Grande Arte al Cinema”, un progetto di Nexo Digital nato con l’intento di avvicinare l’arte al grande pubblico.
Il docufilm su Dalí sarà il primo dei film dedicati ai grandi artisti. Seguiranno Eros e Psiche su Klimt e Schiele; Un incantesimo di acqua e luce, sulle ninfee di Monet, infine L’uomo che rubò Bansky.
Per il programma: La grande Arte al cinema
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La scelta di iniziare da Dalí è significativa.
A prescindere dal valore della sua opera, Dalí, ancor più di Picasso, che già sapeva vendersi bene, è il classico artista: stravagante, estroso, istrionico, imprevedibile; quello che con una locuzione ben assimilata si definisce con “genio e sregolatezza”.
Il regista del film, David Pujol, catalano come l’artista, sceglie di dare una visione più intima del pittore, scultore, fotografo e anche cineasta: non dimentichiamo che Un chien andalou, del 1929, considerato l’opera più significativa del cinema surrealista, è stato scritto, prodotto e interpretato da Salvador Dalí, assieme a Luis Buñuel, che ne ha curato anche la regia.
Gran parte delle riprese del docufilm sono state fatte nella casa-atelier di Portlligat, dove Dalí aveva deciso di stabilirsi definitivamente, con la sua musa Gala. Abbandonerà la casa a causa della guerra civile spagnola e della seconda guerra mondiale per andare negli Stati Uniti. George Orwell, che la guerra civile spagnola la aveva fatta, scrisse di lui: ”Quando in Europa si avvicinano le guerre egli ha una sola preoccupazione: come riuscire a trovare un posto dove si mangi bene e da cui scappare in fretta se il pericolo si avvicina troppo”.
Tornerà nel 1950, in pieno franchismo, che pare non lo disturbasse più di tanto; tanto che André Breton, fondatore del movimento surrealista, fece di tutto per tenere il suo nome ben distinto da quello degli altri surrealisti. Sempre Orwell, a questo proposito, scrive: “Bisognerebbe essere capaci di tenere presente che Dalí è contemporaneamente un grande artista ed un disgustoso essere umano. Una cosa non esclude l’altra né, in alcun modo, la influenza”.
E anche in questo Dalí si cala nella parte dell’artista puro, al quale interessa solo l’Arte con la A maiuscola; e di tutto il resto chi se ne importa. Ma è escluso che questo aspetto venga sottolineato nel film.
Si dice che, dopo la morte di Gala, Dalí si rifugiò nella sua Torre Galatea a Figueras, ossessionato dal segreto dell’immortalità. Non riuscì a ottenere l’immortalità del corpo, ma la sua fama, nel male e nel bene, gli è sopravvissuta.