Su David Bowie è stato fatto e detto un po’ di tutto. E viene da chiedersi se ci sia ancora qualcosa di nuovo da dire. Vero è che Bowie è un po’ come Gommaflex, nemico del gruppo TNT, l’uomo dalla faccia di gomma, che poteva assumere mille sembianze diverse. E così è stato anche per Bowie che, nell’arco della sua vita, è salito sul palco come tante persone diverse; un personaggio nuovo per ogni show, con una propria storia e con un passato da raccontare al pubblico. Ziggy Stardust, Aladdin Sane, Halloween Jack, Il Duca Bianco, Nathan Adler.
Ed è questa la firma Bowie, che ha sempre caratterizzato la sua carriera e la sua produzione artistica: la musica come incontro tra spettacolo e teatro, la musica provata come un vestito, la musica come travestimento e racconto di mondi e realtà lontane.
Il cucirsi addosso così tanti personaggi, il giocare con la sua identità, erano espressione di una personalità dinamica, fuori dal comune, che non poteva passare inosservata. Anche come aspetto David Bowie era particolare: magro, dai lineamenti androgeni, con un occhio azzurro e uno nero, i canini acuminati, un volto apparentemente immune al passare del tempo, tanto che anche a settant’anni ne dimostrava trenta di meno. Un po’ come il nostro Gianni Morandi.
Non a caso sono in molti a scherzare sul fatto che David Bowie non fosse affatto un essere umano, bensì un alieno, “un uomo delle stelle“
Se poi andiamo a leggere i suoi testi ce ne convinciamo ancora di più. Già con il suo secondo album, Space Oddity, lo spazio e le galassie lontane diventano il tema centrale. Si parte con la storia del viaggio spaziale di Major Tom, “Ground control to Major Tom“, si continua con quelle di Ziggy Stardust, quinto album, in cui abbiamo un uomo delle stelle che aspetta nello spazio e che vorrebbe farci visita ma ha paura di spaventarci, una misteriosa Lady Stardust, la Signora polvere di stelle (per molti un chiaro omaggio a Lou Reed) e, immancabilmente, lo Ziggy Stardust con i suoi Spiders From Mars. Anche con l’ultimo album, Blackstar, un regalo d’addio per i fan, il cantante ritorna sui suoi argomenti preferiti, ma circondandosi di atmosfere cupe e di personaggi angoscianti. Un ultimo capolavoro che è stato letto come un racconto della malattia e dei suoi ultimi giorni.
Visto che mi interesso soprattutto di cinema, non posso non parlare del David Bowie attore
Oltre ai più noti cammei, come in Zoolander o nel bellissimo The Prestige di Nolan, Bowie vanta una filmografia niente male. Uno dei suoi film più affascinanti è sicuramente L’uomo che cadde sulla terra. Cosa poteva interpretare se non un alieno? Personaggio azzeccatissimo per l’artista, che sicuramente avrà messo in scena con molto piacere. È curioso come in questo film si giochi proprio su tutte le leggende che hanno seguito il cantante per tutta la vita; come già detto, la sua presunta immortalità ed eterna giovinezza, la sua provenienza da un altro pianeta, il continuo travestirsi per cambiarsi, nascondersi. Proprio come un serpente che muta pelle, o, se vogliamo, come un alieno che cerca di mascherarsi da essere umano.
Ma uno dei suoi film più famosi è senza dubbio Labyrinth, in cui ci regala un re dei Goblin spettacolare, misterioso, impossibile da dimenticare. Anche qui, l’artista dà sfoggio di costumi incredibili, di un trucco sensazionale e, ovviamente, di tutto il suo fascino. Altro pregio del film è sicuramente la colonna sonora, scritta interamente da Bowie e che viene cantata e ballata da gnomi, elfi, fate e tutte le altre creature magiche che popolano il mondo di Labyrinth.
https://www.youtube.com/watch?v=dDkp7GysvbY
Come ultima cosa, va fatta anche una citazione a Velvet Goldmine, che vede protagonisti un giovane Christian Bale, Ewan McGregor e Jonathan Rhys Meyers. David Bowie non compare mai nella pellicola, ma, paradossalmente, è onnipresente. Ciò che si racconta, infatti, è la nascita del glam rock, attribuita niente meno che al nostro artista. Un film molto particolare che ha ricevuto numerosi premi per il suo contributo artistico.
Ma torniamo ora al documentario col quale avevamo iniziato il nostro discorso su David Bowie
La giornalista Rita Rocca ha dato vita a un lavoro diverso dal solito. Bowienext – Nascita di una galassia è una raccolta di tributi artistici da parte dei fan di tutto il mondo: cortometraggi, animazioni, testimonianze di vita, spettacoli teatrali, performance, brani originali dedicati a David Bowie. I veri protagonisti sono quindi i fan che, per la prima volta, hanno potuto esprimere l’amore e l’ammirazione per il loro mito in un progetto di importanza globale e di grande risonanza. Ovviamente, come ogni documentario che si rispetti, non mancano le testimonianze delle voci più autorevoli della sfera musicale, di tutti coloro che negli anni hanno avuto l’opportunità di collaborare e di condividere esperienze col grande Bowie: Rick Wakeman, Lindsay Kemp, Earl Slick, Mike Garson, Gail Ann Dorsey e Sterling Campbell, così come i critici musicali che ne hanno approfondito la figura come Simon Reynolds e Francesco Donadio. E per noi italiani c’è una sorpresa in più. Infatti, si potranno vedere rarissimi filmati di repertorio dalle teche Rai, come per esempio il miniconcerto al Piper di Roma il 25 marzo del 1987 e l’intervista del 1977 realizzata da Fiorella Gentile per il programma L’altra domenica.
Per far nascere un progetto del genere, con pochi fondi e con poche certezze iniziali, ci vuole sicuramente una grande forza, che da qualche parte deve pur nascere
Bowie, come ogni altro grandissimo artista, ci ha lasciato tanto. Con la sua musica, i suoi testi, è riuscito a parlare a ognuno di noi e a farlo in modo sempre diverso. E questa è la cosa bella della musica; il fatto che sia universale, che non abbia un messaggio preciso e che non sia rivolta a una persona in particolare. È per tutti, tutti quelli che hanno voglia di ascoltarla e di legarci un pezzo di sé, di crescerci insieme e di cambiare. Ognuno di noi ha una canzone che gli ha cambiato la vita e che la rappresenta. Ogni momento della nostra esistenza è scandito da una canzone. Da una colonna sonora infinita e varia. Ed è per questo che quando un artista non c’è più, con lui muore anche una parte di noi, un pezzo della nostra vita.
Così è stato anche per la regista: “Dopo la sua morte mi sono chiesta: come è possibile provare un dolore così forte per una persona che in fondo non hai mai conosciuto personalmente, non hai mai frequentato…un dolore quasi pari a quello di un familiare? E allora ho pensato che fosse bello regalare un film, un tributo collettivo mettendo insieme dei frammenti. Come se si fosse spezzato un cristallo, qualcosa di prezioso”.