Catherine Deneuve è forse uno dei volti più iconici della Nouvelle Vague francese. Affermatasi tra gli anni Sessanta e Settanta, si è imposta nel panorama cinematografico europeo ed internazionale come uno dei maggiori talenti recitativi nonché per il suo fascino elegante e senza tempo, recitando in più di centodieci pellicole.
Nel corso degli anni ha vissuto l’evoluzione del cinema ed ha collaborato con grandi registi europei come Jacques Demy, Luis Buñuel, François Truffaut e non solo. Desiderata da tutti i registi, compreso Alfred Hitchcock, Catherine Deneuve si è sempre mostrata forte e determinata non solo nella sua carriera, ma anche nella vita. Provocatoria, enigmatica e sensuale, il suo nome è indelebilmente impresso nella storia del cinema.
Le origini
Catherine Fabienne Dorléac nacque a Parigi il 22 ottobre 1943, figlia d’arte di due importanti attori e doppiatori dell’epoca. Il padre era Maurice Dorléac, celebre doppiatore e attore teatrale e cinematografico; la madre era invece Renée Deneuve (venuta a mancare poco tempo fa, nel 2021, alla veneranda età di ben 109 anni), attrice teatrale nonché una delle prime doppiatrici donna in Francia a seguito dell’avvento del sonoro, che ricordiamo in particolare per aver prestato la voce a Judy Garland ne Il Mago di Oz.
La madre aveva precedentemente avuto una relazione con Aimé Clariond, altro noto attore teatrale dell’epoca, con cui ebbe la prima figlia, Danielle, nel 1937. Soltanto in seguito al matrimonio con Maurice l’uomo adottò la bambina e dall’unione con Renée nacquero altre tre sorelle: Françoise, Catherine e Sylvie Dorléac.
Non solo i genitori, ma anche le sorelle di Catherine erano state introdotte nel mondo della recitazione sin da bambine. Il debutto cinematografico di Catherine Dorléac è segnato dal film Le collegiali (Les Collégiennes), commedia francese del 1957 diretta da André Hunebelle. Catherine aveva soltanto tredici anni ed esordì sul grande schermo accanto a sua sorella minore Sylvie.
Si trattò naturalmente di una semplice comparsa, così come accadde negli anni successivi. L’attrice proseguì i suoi studi presso il Lycée Jean-de-La-Fontaine e recitò in diverse pellicole, interpretando però sempre ruoli minori e senza riuscire realmente a spiccare nell’ambiente cinematografico, tanto che in quegli anni pensò di abbandonare la carriera recitativa, eclissata dal successo che invece stava riscuotendo sua sorella maggiore Françoise.
Proprio a causa di questa rivalità, ma più in generale per il fatto che tutte e tre le sorelle lavorassero più o meno occasionalmente in quel settore, Catherine decise di farsi conoscere con lo pseudonimo di Catherine Deneuve, riprendendo il cognome della madre anziché quello del padre, con cui invece erano conosciute le sorelle.
Il primo titolo importante in cui recitò Catherine fu Il vizio e la virtù (Le vice et la vertu), film del 1963 diretto da Roger Vadim, noto regista francese che fu immediatamente colpito dal fascino della ragazza e che forse per primo ne colse il potenziale sin da quando la vide per la prima volta ne L’Homme à femmes, nel 1960.
Da allora tra la Deneuve e Vadim sbocciò una relazione sentimentale che seppur breve (dal 1961 al 1963), fu particolarmente significativa per entrambi. Ricordiamo che Vadim era l’ex marito di Brigitte Bardot, altra grande diva del cinema francese ed internazionale, per cui con l’arrivo della Deneuve in molti iniziarono a soprannominarla la nuova Brigitte Bardot, non solo per il legame con lo stesso uomo ma anche per la sua algida bellezza ed eleganza. Dalla loro unione nacque nel 1963 il primo figlio dell’attrice, Christian Vadim, anche lui poi diventato attore.
Les Parapluies de Cherbourg, il film che lanciò Catherine Deneuve
La vera svolta nella carriera dell’attrice fu però segnata dalla collaborazione col regista Jacques Demy, altro grande nome del panorama cinematografico francese. Fu grazie alla sorella Françoise che Catherine Deneuve conobbe il regista, il quale le offrì il suo primo ruolo da protagonista nel film musicale Les Parapluies de Cherbourg, del 1964.
La pellicola, scritta e diretta da Jacques Demy, vede come suoi protagonisti due giovani amanti interpretati da Catherine Deneuve e Nino Castelnuovo, separati però da una serie di circostanze. Tutti i dialoghi del film, anche quelli minori, sono interamente cantati, come se si trattasse di un’opera teatrale.
Al momento della sua uscita, la pellicola riscosse grande successo, aggiudicandosi la Palma d’Oro al Festival di Cannes del 1964, nonché venne candidato agli Oscar in ben cinque categorie, tra cui miglior film straniero, miglior sceneggiatura originale, miglior colonna sonora e miglior canzone originale. Tutt’oggi il film conserva la sua importanza, tanto che lo stesso Damien Chazelle lo ha menzionato tra i suoi film preferiti e tra i titoli che più hanno influenzato il suo acclamato La La Land.
Gli anni ‘60
Il successo riscosso da Les Parapluies de Cherbourg lanciò definitivamente la carriera di Catherine Deneuve, che da allora riuscì a recitare in pellicole sempre più importanti imponendosi nel panorama cinematografico europeo come una delle attrici più desiderate, complici il suo incredibile talento, la sua versatilità e la sua bellezza sensuale ed al contempo misteriosa.
Seguirono così titoli di maggior rilievo diretti dai più grandi registi dell’epoca. Ricordiamo in particolare Le più belle truffe del mondo (Les Plus belles escroqueries du monde), film collettivo del 1964 diretto da Claude Chabrol, Jean-Luc Godard, Ugo Gregoretti, Hiromichi Horikawa e Roman Polański; Caccia al maschio (La Chasse à l’homme) del 1964, diretto da Édouard Molinaro in cui la Deneuve recitò per la prima volta accanto a Jean-Paul Belmondo.
Ancora nel 1964 recitò ne La costanza della ragione, diretto da Pasquale Festa Campanile, segnando l’ingresso di Catherine Deneuve nel panorama cinematografico italiano. Qui recitò al fianco di Sami Frey, attore francese con cui l’attrice ebbe una breve relazione in quel periodo.
Fu poi la volta di Repulsione (Repulsion), primo film in lingua inglese diretto da Roman Polański annoverato tra le sue pellicole più spaventose ed angoscianti. Il lungometraggio segue la storia di Carol Ledoux, una giovane donna che lavora in un centro estetico di Londra e che soffre di terrificanti allucinazioni che la porteranno a non distinguere più cosa sia reale e cosa no.
Al centro del film vi è una forte sessuofobia da parte della protagonista, terrorizzata dal genere maschile e che vivrà un vero e proprio incubo ad occhi aperti. Dalla regia curatissima e quasi espressionista, la pellicola è claustrofobica e quasi interamente ambientata nell’angosciante appartamento di Carol, uno spazio costantemente deformato dalla psiche della protagonista, come se esso stesso fosse il riflesso della sua mente.
In Repulsione, Catherine Deneuve ci regala una delle sue migliori e più intense interpretazioni, capace di far immedesimare lo spettatore e di rappresentare il fragile equilibrio psichico della protagonista, dimostrando inoltre la sua notevole versatilità. Fu forse sul set di Repulsione che nacque una breve relazione col regista Roman Polański, con il quale poi proseguì un semplice rapporto d’amicizia.
Dopo una serie di relazioni fallimentari, Catherine Deneuve sposò il fotografo inglese David Bailey, tra coloro che più di tutti riuscì a cogliere l’essenza della swinging London nei propri lavori. I due celebrarono il matrimonio il 19 agosto del 1965 e tra i testimoni di nozze c’era anche Mick Jagger, cantante degli allora esordienti Rolling Stones. Tuttavia, ancora una volta, la relazione tra i due non fu particolarmente duratura e già prima del divorzio, avvenuto nel 1972, la donna aveva avuto delle brevi frequentazioni con altri uomini.
Nel 1966 Catherine Deneuve recitò ne L’armata sul sofà (La vie de château) di Jean-Paul Rappeneau e Le creature (Les créatures) di Agnès Varda. Nel 1967 lavorò per la prima ed unica volta accanto a sua sorella maggiore Françoise in Josephine (Les Demoiselles de Rochefort), nuovamente diretta da Jacques Demy. Nel film musicale partecipò anche Gene Kelly.
La pellicola segue la storia di due sorelle gemelle, interpretate proprio dalle sorelle Dorléac, insegnanti di danza che desiderano trasferirsi a Parigi per avere successo nella propria carriera. Candidato all’Oscar per la miglior colonna sonora, Josephine è stato un titolo importante per l’attrice soprattutto per la singolare collaborazione con la sorella, deceduta a soli venticinque anni, tre mesi prima dell’uscita del film nelle sale francesi.
Françoise Dorléac morì in un incidente stradale a Villeneuve-Loubet, in Costa Azzurra, mentre guidava per raggiungere l’aeroporto di Nizza. La sua auto slittò fuori strada, si ribaltò e si incendiò, non lasciandole scampo e facendole perdere la vita tra le fiamme insieme alla sua cagnolina. La tragedia colpì pesantemente la sorella Catherine, anche se l’attrice non rilasciò alcuna dichiarazione al riguardo e continuò ad immergersi sempre più nel suo lavoro.
Soltanto nel 1996, a distanza di trent’anni, pubblicò un libro scritto in collaborazione con Anne Andrei e Patrick Modiano, Si chiamava Françoise, in cui la Deneuve si è aperta raccontando del proprio dolore e di quanto Françoise sia stata importante per lei: con un solo anno di differenza, le due si sentivano quasi come se fossero gemelle.
La sorella maggiore era molto più vivace e Catherine aveva sempre desiderato apprendere quella stessa vitalità che però non l’ha mai contraddistinta. Nonostante l’attrice abbia descritto il loro rapporto come tormentato, in realtà provava una profonda ammirazione nei confronti di quella ragazza che le aveva spianato la strada nel mondo del cinema.
Bella di giorno e il successo internazionale
Il titolo che la lanciò come diva a livello internazionale fu Bella di giorno (Belle de jour), film del 1967 diretto dal genio surrealista di Luis Buñuel. Tratto dall’omonimo romanzo di Joseph Kessel, il dramma psicologico segue le giornate di una giovane donna borghese prigioniera di un’educazione cattolica e repressiva, che cerca la propria libertà sessuale prostituendosi tutti i pomeriggi, mentre suo marito è a lavoro. Bella di giorno è uno dei maggiori successi del regista spagnolo che si aggiudicò il Leone d’Oro alla Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia nello stesso anno.
Il ruolo da protagonista consacrò Catherine Deneuve come una vera e propria icona di quegli anni: soprannominata la fanciulla di ghiaccio, l’attrice si è da subito distinta per la sua bellezza glaciale ed al contempo sensuale. La sua interpretazione in Bella di giorno non passò inosservato ed anzi le valse la prima candidatura ai BAFTA nel 1969, inoltre è stata inserita tra le cento migliori interpretazioni di tutti i tempi da Premiere Magazine. Per il film, Catherine Deneuve è stata vestita dal grande stilista Yves Saint Laurent, siglando l’inizio di una longeva collaborazione, tanto che l’attrice divenne una vera e propria musa per il celebre designer. La Deneuve diceva di lui:
“Saint Laurent disegna per donne con una doppia vita. I suoi abiti per il giorno aiutano le donne ad entrare in un mondo pieno di estranei. Le permettono di andare ovunque lei voglia senza ricevere attenzioni indesiderate, grazie alla loro mascolinità. Invece, per la sera, quando è lei a scegliere la propria compagnia, lui la rende seducente”.
Nel 1968 Catherine Deneuve fu protagonista di Manon 70, diretto da Jean Aurel, che ottenne però delle critiche abbastanza negative perché ritenuto eccessivamente confusionario; nello stesso anno uscivano Mayerling, di Terence Young, e La Chamade, diretto da Alain Cavalier, per cui l’attrice fu nuovamente vestita da Yves Saint Laurent.
Nel 1969 l’attrice approdò anche ad Hollywood, recintando in Sento che mi sta succedendo qualcosa (The April Fools), diretto da Stuart Rosenberg, dove Deneuve fu affiancata da Jack Lemmon. In quel periodo la donna ebbe una breve frequentazione col regista Jerry Schatzberg, con cui però non collaborò mai. Nonostante Catherine fosse ormai divenuta ampiamente desiderata anche oltre oceano, l’attrice non conserva bei ricordi legati alla sua esperienza statunitense, non essendo soddisfatta dei ruoli che le venivano offerti, per cui fece ben presto ritorno in Europa dove l’ambiente cinematografico era per lei più stimolante.
Altro titolo importante nella filmografia di Catherine Deneuve è stato La mia droga si chiama Julie (La Sirène du Mississipi), film del 1969 diretto da François Truffaut. Non si tratta in realtà di uno dei migliori titoli del regista, anzi è annoverato tra i suoi film minori, eppure era un progetto a cui Truffaut teneva particolarmente, tanto che dichiarò di aver girato il film precedente, Baci rubati, soltanto per guadagnare i soldi per acquistare i diritti del romanzo da cui era tratto il film in questione.
Oltre ciò, la pellicola è di rilievo soprattutto perché ha segnato la prima collaborazione tra la Deneuve ed il regista, tra i quali nacque un’intensa storia d’amore nonostante lei fosse ancora sposata con David Bailey. Il matrimonio tra i due si era ormai spento da tempo e così, anche se divorziarono alcuni anni dopo, la Deneuve iniziò a frequentare Truffaut tra il 1968 ed il 1970. L’amore tra i due nacque sul set e nonostante la loro storia sia stata abbastanza breve, al momento della rottura ne rimasero entrambi scottati. Addirittura, Truffaut fu ricoverato per un esaurimento nervoso dovuto alla separazione; tuttavia, negli anni successivi i due rimasero grandi amici e tornarono in più occasioni a collaborare sul grande schermo.
Nel frattempo Catherine Deneuve si era ormai imposta come una vera e propria diva, nonostante lei non si sia mai voluta definire come tale. Addirittura, sul finire degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta, Alfred Hitchcock iniziò a lavorare ad un nuovo progetto, The Short Night, che avrebbe dovuto avere come protagonista proprio l’attrice francese, la quale si prospettava essere la nuova bionda del maestro dell’orrore. Eppure le cose andarono diversamente ed il film non vide mai la luce a causa del peggioramento delle condizioni di salute del regista.
“Avrei dovuto fare un film con Alfred Hitchcock. Era ambientato nel nord, come il Sipario strappato. Sarebbe dovuto essere una storia di spionaggio. Al tempo si trattava soltanto di una sinossi. Pranzai con lui a Parigi e morì pochi mesi dopo. Avrei amato lavorare con lui”.
Gli anni ’70 e la relazione con Marcello Mastroianni
Era il 1970 quando Catherine Deneuve tornò a lavorare per il grande Luis Buñuel nel film Tristana. Presentato al Festival di Cannes, il film racconta la storia di Tristana che, rimasta orfana, viene presa in tutela da Don Lope, un rispettato membro della comunità che però cela un lato oscuro. Quando la ragazza si innamora di un altro uomo, dovrà riuscire ad ottenere l’indipendenza dal suo nefasto tutore. L’interesse amoroso di Tristana era interpretato da Franco Nero, attore italiano con il quale l’attrice intraprese una breve relazione durante le riprese.
Sempre nel 1970, Catherine Deneuve tornerà a collaborare anche con l’amico Jacques Demy, questa volta nel film visionario La favolosa storia di Pelle d’Asino (Peau d’âne).
Gli anni Settanta furono particolarmente prolifici per la carriera dell’ormai affermatissima attrice, ma si trattò di un periodo importante anche dal punto di vista sentimentale, fu in quegli anni che infatti la donna fece l’incontro di un altro uomo con cui ebbe forse la relazione più importante della sua vita e che al contempo suscitò un massiccio interesse da parte di tutti i tabloid: stiamo parlando naturalmente della storia con Marcello Mastroianni.
I due si incontrarono per la prima volta presso la casa parigina di Roman Polański, in occasione di una cena organizzata dal regista. Nonostante entrambi gli attori fossero presenti, i due non si degnarono di uno sguardo: Catherine Deneuve era reduce dalla turbolenta storia con Truffaut e stava attraversando il divorzio con il suo allora attuale marito, mentre Marcello Mastroianni era sposato con Flora Carabella da circa venti anni, anche se non le era mai stato particolarmente fedele.
Non molto tempo dopo, nel 1971, i due attori ebbero modo di approfondire la loro conoscenza sul set del film francese Tempo d’amore (Ça n’arrive qu’aux autres), diretto da Nadine Marquand Trintignant. Fu in quell’occasione che si innamorarono l’uno dell’altra, ignorando la notevole differenza d’età di quasi venti anni (lui aveva 46 anni mentre lei soltanto 27). Mastroianni diceva di lei:
“Avevamo in comune il senso di libertà, l’amore per la vita”.
Marcello Mastroianni non volle mai divorziare da Flora Carabella in quanto profondamente religioso, nonostante la donna fosse a conoscenza della nuova relazione con la diva francese. Marcello si era trasferito a Parigi presso l’appartamento di Catherine Deneuve e dalla loro unione, nel 1972, nacque la figlia Chiara Mastroianni, anche lei divenuta attrice.
Nello stesso anno Deneuve e Mastroianni recitarono nuovamente insieme ne La cagna, film italiano diretto da Marco Ferreri. E ancora, nel 1973, i due tornarono insieme in Niente di grave, suo marito è incinto (L’Événement le plus important depuis que l’homme a marché sur la Lune), diretto sempre da Jacques Demy. Poi, nel 1974, Catherine Deneuve e Marcello Mastroianni furono protagonisti di Non toccare la donna bianca, diretto ancora una volta da Marco Ferreri. I due attori però non rimasero insieme molto a lungo, la loro storia infatti durò dal 1971 al 1975.
“Per lui, molto pigro, ero come una tedesca, molto attiva. Si stancava solo a vedermi camminare in una stanza”.
Anche Marcello Mastroianni dichiarò:
“Io non sono mai stato capace di un gesto definitivo, non sono mai stato un eroe della volontà. Rimando, tergiverso, rifiuto di scegliere, sempre per la paura di ferire, di far male”.
Catherine Deneuve, d’altro canto, è sempre stata una donna forte e risoluta, per cui fu lei stessa a porre fine a quella breve, seppur intensa, relazione, preservando però uno splendido rapporto d’amicizia con l’uomo che durò fino al momento della sua morte, dove sia la Deneuve che la figlia Chiara gli rimasero vicine sino all’ultimo.
Nel 1974 Catherine Deneuve collaborò con un altro regista italiano, Mauro Bolognini, nel film Fatti di gente perbene, titolo che si aggiudicò il David di Donatello. Nello stesso anno, l’attrice fu protagonista de La donna con gli stivali rossi (La Femme aux bottes rouges), diretto da Juan Luis Buñuel, figlio del noto regista con cui l’attrice aveva già lavorato in passato. Tornò poi a recitare per Jean-Paul Rappeneau ne Il moi uomo è un selvaggio (Le Sauvage, 1975).
Fece inoltre ritorno in America per recitare in Un gioco estremamente pericoloso (Hustle, 1975), diretto da Robert Aldrich, dove l’attrice fu affiancata da Burt Reynolds. I due si frequentarono per un breve periodo anche all’infuori del set ma la loro storia terminò con la fine delle riprese.
Nel 1977 fu poi la volta di Anima persa, film italiano diretto da Dino Risi dove l’attrice ebbe modo di recitare accanto a Vittorio Gassman. Nello stesso anno Catherine Deneuve fu affiancata dai grandi Gene Hackman, Terence Hill e Max von Sydow ne La bandera – Marcia o muori (March or Die) diretto da Rick Richards.
L’ultimo metrò e i primi riconoscimenti
Dopo circa dieci anni dalla loro separazione, Catherine Deneuve e François Truffaut tornarono a lavorare insieme per un altro titolo che segnò una nuova svolta nella carriera dell’attrice: L’ultimo metrò (Le Dernier Métro), del 1980. In quell’occasione, la Deneuve recitò per la prima volta accanto a Gérard Depardieu, attore con cui si instaurerà un rapporto d’amicizia destinato a durare negli anni. Lui ha dichiarato su di lei:
“È l’uomo che avrei sempre voluto essere. Più forte, più corazzata degli attori maschi. Meno vulnerabile. Senza dubbio questo paradosso è la vera femminilità”.
Truffaut scrisse il ruolo di Marion specificamente per Catherine Deneuve, scelta per la sua energia. Depardieu invece non voleva recitare in questo film inizialmente, in quanto non apprezzava lo stile del regista, ma alla fine si convinse.
L’ultimo metrò è ambientato nel 1942, durante l’occupazione della Francia da parte dei tedeschi, e segue in particolare la storia di un piccolo teatro di Montmartre (Parigi) che oppone resistenza preservando la propria integrità culturale, nonostante la censura e l’antisemitismo.
Il titolo in questione non passò inosservato e, nel 1981, venne candidato per quattordici premi César, vincendone ben dieci tra cui miglior film, miglior attore, miglior regia, miglior sceneggiatura e soprattutto per la miglior attrice, segnando un traguardo molto importante per la carriera di Catherine Deneuve che, dopo più di vent’anni dal suo debutto, riceve finalmente il suo primo riconoscimento. L’ultimo metrò è stato inoltre candidato agli Oscar come miglior film straniero, imponendosi come il maggior successo di Truffaut.
Nello stesso anno usciva Vi amo (Je Vous Aime), commedia diretta da Claude Berri il cui cast, oltre che Catherine Deneuve, annovera altri grandi nomi quali Jean Louis Trintignant, Gérard Depardieu e Serge Gainsbourg. Quest’ultimo era un noto cantante francese dell’epoca e si occupò della colonna sonora del film, realizzando un album con la partecipazione della stessa Deneuve, che ancora una volta ha dimostrato di avere delle ottime doti canore, come già in precedenza aveva dato prova nei diversi musical a cui aveva preso parte. Peraltro, in quel periodo tra l’attrice ed il cantante nacque una breve relazione.
Tra i titoli di quel periodo ricordiamo inoltre Codice d’onore (Le choix des armes, 1981, diretto da Alain Corneau) dove l’attrice recitò ancora una volta accanto all’amico Depardieu; Hotel America (Hôtel des Amériques, 1981) che segna la prima collaborazione col regista André Téchiné, il quale successivamente chiamerà più volte Catherine Deneuve, diventata la sua attrice preferita.
Nel 1983 fu poi la volta di Miriam si sveglia a mezzanotte (The Hunger), film horror erotico e vero e proprio manifesto della sottocultura gotica, diretto da Tony Scott, che vede come protagonisti l’iconica Catherine Deneuve, un magnetico David Bowie e Susan Sarandon. Il film trae spunto dall’omonimo romanzo di Whitley Strieber e racconta di un triangolo amoroso tra una dottoressa specializzata in ricerche sull’invecchiamento (interpretata dalla Sarandon) ed una coppia di vampiri (Caherine Deneuve e David Bowie).
Presentato al Festival di Cannes lo stesso anno, il film fu abbastanza divisivo al momento della sua uscita ed anzi non fu particolarmente apprezzato ad Hollywood. Nonostante ciò, con il passare degli anni si è imposto come un vero e proprio cult, complici un’estetica gotica molto curata e degli attori protagonisti affascinanti quanto talentuosi.
Iconica resta la scena dell’appassionato bacio tra Catherine Deneuve e Susan Sarandon, tanto che in molti iniziarono a dubitare dell’orientamento sessuale delle due donne e, addirittura, la stessa Deneuve iniziò ad essere considerata un simbolo del mondo LGBTQ+.
Negli stessi anni, dal 1982 al 1984, Catherine Deneuve ha avuto una relazione col regista Hugh Johnson, con il quale convisse per un breve periodo. Dopo la loro rottura, l’attrice frequentò Pierre Lescure, un giornalista francese con cui la Deneuve ebbe forse la relazione più duratura e significativa sino ad allora: i due rimasero insieme dal 1984 al 1991, per ben sette anni e, nonostante si siano poi lasciati, sono rimasti in ottimi rapporti e l’attrice ha in più occasioni dichiarato che i due si sentono spesso al telefono tutt’oggi.
Tra il 1985 ed il 1989 il volto di Catherine Deneuve viene preso come modello per le fattezze della Marianne francese, figura riportata su monete, banconote e francobolli che rappresenta la personificazione della Repubblica Francese.
Se dapprima l’iconografia della Marianne era una donna dalla bellezza classicheggiante, come ne La libertà che guida il popolo di Eugèn Delacroix, a partire dal 1969 l’Association des maires de France (AMF) ha iniziato a scegliere periodicamente i volti delle più belle celebrità francesi e la prima fu Brigitte Bardot. Successivamente fu scelta Catherine Deneuve in occasione dell’anniversario della Repubblica.
Nel 1986 Catherine Deneuve tornò a recitare per Monicelli in Speriamo che sia femmina; lo stesso anno uscì anche Il luogo del delitto (Le Lieu du crime), diretto ancora una volta da Téchiné. Nel 1988 l’attrice esordì anche come produttrice cinematografica, producendo il film Drôle d’endroit pour une rencontre, in cui recitò ancora una volta accanto a Depardieu.
Indocina, la prima nomination agli Oscar
È soltanto all’inizio degli anni Novanta che Catherine Deneuve ricevette la sua prima ed unica candidatura agli Oscar come miglior attrice protagonista, senza però riuscire ad aggiudicarsi la statuetta d’oro, poi vinta da Emma Thompson. Comunque non mancarono altri riconoscimenti per la sua splendida interpretazione, di fatti la Deneuve vinse il premio César quello stesso anno.
Il film in questione era Indocina (Indochine), dramma in costume del 1992 diretto da Régis Wargnier. La pellicola è ambientata nel Vietnam dell’epoca coloniale dove Jean Baptiste, capitano della marina francese, Eliane, ricca proprietaria terriera, e la figlia adottiva Camille, intrecciano un triangolo amoroso a cavallo di due culture.
Indocina riuscì ad aggiudicarsi l’Oscar come miglior film straniero, nonostante siano state numerose le critiche negative mosse nei suoi confronti. Se di fatto dal punto di vista estetico, tra fotografia e paesaggi, la pellicola sia stata abbastanza apprezzata, dubbi sono stati sollevati riguardo alla trama e allo sviluppo dei personaggi. Il critico cinematografico Roger Ebert, tra gli altri, dichiarò:
“Il film cerca di essere un Via col vento francese, una storia di amore e separazione, raccontata sullo sfondo di una guerra disastrosa. Indocina è un’ambiziosa, meravigliosa opportunità mancata – troppo lento, troppo lungo, troppo composto. Non è un film di successo, eppure c’è così tanto di buono che forse vale la pena vederlo comunque…La bellezza, la fotografia, l’impatto delle scene girate in Vietnam, è tutto impressionante”.
L’anno successivo, nel 1993, Catherine Deneuve lavorò nuovamente con Téchiné ne La mia stagione preferita (Ma saison préférée); per lo stesso regista recitò poi in Les Voleurs nel 1996.
Successivamente, nel 1998, l’attrice fu protagonista di Place Vendôme, film diretto da Nicole Garcia che ottenne notevoli apprezzamenti soprattutto grazie alla splendida interpretazione di Catherine Deneuve. La sua performance, infatti, le valse la Coppa Volpi per la miglior interpretazione femminile in occasione della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. L’anno successivo l’attrice collaborò per la prima volta con il regista Leos Carax in Pola X.
Negli stessi anni l’attrice iniziò ad interessarsi al lavoro di uno dei registi più innovativi quanto controversi di quel periodo e del cinema contemporaneo in generale, Lars von Trier. Catherine Deneuve, in particolare, rimase profondamente colpita da Le onde del destino (Breaking the Waves, 1996) e decise di scrivere una lettera al regista danese in cui gli dichiarò quanto desiderasse recitare in una sua opera.
Lars von Trier non si fece sfuggire questa opportunità e chiamò la Deneuve per il suo acclamato quanto straziante Dancer in the Dark, l’anti-musical con una straordinaria Björk protagonista nei panni di Selma, una donna quasi cieca disposta a compiere gesti estremi pur di salvare il figlio dalla stessa malattia. Catherine Deneuve, nella pellicola in questione, interpreta l’amica di Selma.
Catherine Deneuve, sin dal suo esordio, ha però sempre mostrato un’incredibile versatilità ed ha sempre dato prova della sua capacità di passare da ruoli drammatici, come in Dancer in the Dark, a commedie, come 8 donne e un mistero, film del 2002 di François Ozon. Nel 2004 l’attrice è nuovamente affiancata dai suoi amici Téchiné e Depardieu in I tempi che cambiano (Les Temps qui changent).
Nello stesso anno la donna ha pubblicato un libro autobiografico, All’ombra di me stessa (A l’ombre de moi-meme), una raccolta di diari scritti sui set degli ultimi film di quel periodo, tra cui Dancer in the Dark.
Dopo essere stata a Venezia in più occasioni, Catherine Deneuve viene chiamata per la prima volta come presidente della giuria della Mostra d’arte cinematografica nel 2006. L’anno seguente invece la Deneuve è chiamata a prestare la sua voce per il film d’animazione biografico su Marjane Satrapi, Persepolis, accanto a sua figlia Chiara.
Madre e figlia hanno poi recitato insieme anche in Racconto di Natale (Un conte de Noël), film del 2008 scritto e diretto da Arnaud Desplechin per il quale Catherine Deneuve ha ricevuto un premio speciale in occasione del 61° Festival di Cannes.
Nel 2009 l’attrice torna in Italia per esibirsi per la prima volta in uno spettacolo teatrale, Mi ricordo, accanto a Michele Placido.
Tra gli ultimi titoli interpretati da Catherine Deneuve ricordiamo Asterix & Obelix al servizio di Sua Maestà (Astérix et Obélix: Au service de Sa Majesté, 2012) di nuovo con Depardieu; Elle s’en va (2013, di Emmanuelle Bercot) per il quale Catherine ha ricevuto candidature per diversi premi cinematografici, vincendo poi il premio Colpo al cuore al Festival di Cabourg; Tre cuori (3 coeurs, 2014, di Benoît Jacquot), dove recita nuovamente accanto a sua figlia Chiara, nonché a Charlotte Gainsbourg; Le verità (La Vérité, 2019, di Hirokazu Kore’eda), dove la Deneuve recita affianco a Juliette Binoche e Ethan Hawke; e da ultimo De son vivant, film del 2021 diretto da Emmanuelle Bercot.
Non solo attrice: cantante, attivista e designer
Volto della Nouvelle Vague francese ed icona di stile, Catherine Deneuve non si è mai dedicata esclusivamente alla carriera recitativa. Dal carattere forte e risoluto, la donna non ha mai avuto paura di esprimere le proprie opinioni, anche le più scomode, di carattere politico e non solo. L’attrice si è da sempre dichiarata apertamente di sinistra e già dagli anni ’70 si è mostrata molto attiva sul piano politico e sociale.
Nel 1971, ad esempio, ha partecipato alla lotta per la legalizzazione dell’aborto, sottoscrivendo il celebre Manifesto delle 343, una dichiarazione in cui 343 donne hanno ammesso di aver abortito in un’epoca in cui l’aborto era considerato reato e da cui derivano conseguenze penali a causa di una legge vigente dal 1920. Addirittura, nel 1943, una donna fu condannata alla ghigliottina per le stesse ragioni.
Catherine Deneuve si è dichiarata femminista e a sostegno dei diritti della comunità LGBTQ+, è inoltre membro dell’Amnesty International per la lotta contro la pena di morte ed è stata ambasciatrice UNESCO dal 1994 al 2003 per la salvaguardia del patrimonio cinematografico.
Con la figlia Chiara ed altre donne, Catherine Deneuve ha firmato la lettera aperta pubblicata da Libération il 7 aprile 2009 contro la legge 669 del 2009, riguardo al diritto d’autore su Internet, le cui sanzioni in caso di violazione sono da sempre state oggetto di polemiche perché eccessivamente sproporzionate.
Nel 2018, quando è scoppiato il movimento del #MeToo, Catherine Deneuve ha espresso delle dichiarazioni abbastanza controverse, definendo il movimento come una forma di neo-puritanesimo ed una “caccia alle streghe”:
“Lo stupro è un crimine, ma le avances insistenti o goffe non lo sono, né la galanteria è un’aggressione maschilista”.
Nonostante ciò, l’attrice ha comunque mostrato il suo sostegno nei confronti delle vittime delle violenze denunciate.
Estremamente poliedrica, Catherine Deneuve è da sempre nota anche come discreta cantante e, oltre i numerosi musical in cui ha recitato, ha in più occasioni prestato la propria voce per duettare con alcuni cantanti tra cui Bernadette Lafont nel 1975, Malcolm McLaren nel 1993, Joe Cocker nel 1995 (comparendo anche nel video della sua canzone N’Oubliez Jamais nel 1997), Alain Souchoun e Serge Gainsbourg.
La donna si è inoltre cimentata nel design di occhiali, scarpe, gioielli e biglietti d’auguri, oltre ad aver realizzato un suo profumo, per l’appunto Deneuve, nel 1986. Naturalmente, come accennato in precedenza, la gelida bellezza di Catherine Deneuve non è mai passata inosservata e l’attrice ha più volte lavorato come modella, diventando il volto dell’iconico Chanel No. 5 negli anni Settanta ed incrementando nettamente le vendite statunitensi del profumo, tanto che l’American Press la nominò come la donna più elegante del mondo. Non dimentichiamo inoltre il sodalizio con lo stilista Yves Saint Laurent che disegnò numerosi abiti per la donna sia per il set che all’infuori di questo.
Catherine Deneuve oggi: il Leone d’Oro alla carriera
Forte, elegante ed imperscrutabile, Catherine Deneuve rimane un’icona nonostante il trascorrere degli anni. Se in gioventù il suo nome era costantemente al centro delle riviste scandalistiche, date le sue frequentazioni con alcuni tra i più importanti nomi maschili del panorama cinematografico (tra cui non solo Mastroianni, Truffaut, Polański, ma anche Clint Eastwood, John Travolta, Milos Forman, Johnny Halliday e Bertrand de Labbey), dopo la rottura con Lescure l’attrice non ha più reso pubblica alcuna informazione sulla sua vita privata.
Questo silenzio, aggiunto alle diverse pellicole in cui Deneuve ha spesso baciato altre donne e dato il suo sostegno per i diritti LGBTQ+, ha suscitato alcuni dubbi da parte del pubblico. In un’intervista per Knack del 2002, Catherine ha affermato:
“Ora che le persone non sanno nulla della mia vita privata, iniziano a chiedersi: c’è ancora un uomo nella sua vita? E chi è? Quando mi vedono due o tre volte con un’amica dicono: l’abbiamo sempre saputo”.
Ciò che è certo è che all’attrice non è mai piaciuto aprirsi al pubblico, mostrarsi vulnerabile e raccontare di sé, mantenendo sempre il massimo riserbo sugli aspetti più privati della sua vita:
“I miei film parlano per me. Magari potessi solo recitare, senza parlarne mai. Credo che la mappa dei miei film, e i passaggi dall’uno all’altro, raccontino di me più di quanto potrei fare io”.
E di fatto basta osservare la filmografia di Catherine Deneuve per cogliere, almeno in parte, le sfaccettature di una donna che ha sempre messo tutta se stessa nei ruoli da lei interpretati, laddove la realtà e la finzione, in alcuni casi più che in altri, hanno avuto confini sempre più sfumati.
Nel 2019 l’attrice è stata colpita da una grave ischemia ma ne è uscita in splendida forma, decidendo di smettere definitivamente di fumare (prima di allora Catherine Deneuve era sempre stata un’avida fumatrice). La malattia ha determinato la sospensione delle riprese del suo ultimo lungometraggio ma, non appena dimessa dall’ospedale, Catherine è tornata sul set per concludere il suo lavoro. Nonostante l’avanzare dell’età, la donna non sembra voler lasciar la carriera che la accompagna da ormai quasi settant’anni:
“Una diva non può negare i segni del tempo. Invecchiare sullo schermo, almeno mi sembra, è ancora più difficile che invecchiare nella vita”.
Nel 2013 l’EFA conferisce a Catherine Deneuve il premio alla carriera e, in occasione della 79esima Mostra di Venezia, l’attrice ha ricevuto anche il Leone d’Oro alla carriera:
“È una gioia ricevere questo premio prestigioso alla Mostra di Venezia, che amo e conosco da molto tempo, da quando Bella di giorno di Luis Buñuel ha ricevuto a suo tempo il Leone d’Oro. È un onore inoltre essere stata scelta per questo omaggio dalla Mostra, perché mi ha accompagnato molto spesso per tanti film. Grazie. Con amicizia”.
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Ricordata per la sua bellezza sofisticata ed intoccabile, Catherine Deneuve non si è mai voluta definire una diva né tanto meno un’icona sensuale. Eppure, andando oltre queste osservazioni meramente superficiali, l’attrice si è in realtà dimostrata sin da subito un talento naturale, riuscendo a calarsi nei panni di personaggi l’uno diverso dall’altro senza mai ripetersi e restando al contempo fedele alla sua personalità e ai suoi valori.
“Non faccio cinema per denaro e il giorno in cui mi sembrerà di aver dato tutto, di ripetermi, mi fermerò”.