Humphrey Bogart (nome completo Humphrey DeForest Bogart) nasce a New York il giorno di Natale del 1899, da una famiglia borghese con un padre, Belmont DeForest Bogart, chirurgo e una madre, Maud, illustratrice pubblicitaria. Il cognome testimonia le origini fiamminghe della famiglia paterna ed è una storpiatura, frequente negli uffici dell’immigrazione all’epoca, dell’originario olandese ‘Bogaert’. La stessa data di nascita resta a lungo misteriosa: gli addetti pubblicitari della Warner Bros ritenevano che mal si adattasse ad un attore tenebroso, legato soprattutto agli inizi al ruolo di gangster o malavitoso.
Vive un’infanzia e una giovinezza agiate, in compagnia delle due sorelle, educato severamente, come egli stesso ricorda: “Sono stato cresciuto in modo poco sentimentale ma molto schietto. Un bacio nella mia famiglia era un evento e i miei genitori non rendevano le cose facili a me e alle mie sorelle.” Forse anche a causa del rapporto conflittuale col padre, il giovane Humphrey Bogart dopo il diploma rifiuta di intraprendere la carriera universitaria per arruolarsi volontario in marina, alla vigilia della Prima Guerra Mondiale. Dopo la guerra la situazione economica familiare subisce un tracollo e il giovane si dedica alla sua passione per la navigazione, trovando lavoro come marinaio e riservista della Guardia Costiera. Grazie ai contatti del padre ottiene un lavoro d’ufficio presso la compagnia del produttore teatrale William A.Brady. Questo è il suo primo contatto col mondo dello spettacolo chelo porta a occuparsi dell’organizzazione degli spettacoli per Alice Brady, attrice e figlia del celebre produttore. In uno di questi sale anche sul palco come comparsa e scopre di apprezzare l’attenzione del pubblico.
Gli inizi: il teatro e il cinema
Negli anni ’20 il giovane Bogart comincia quindi a recitare, da autodidatta senza iscriversi ad alcuna accademia. L’atmosfera del teatro, il tirar tardi la sera per andare a bere whiskey nei club illegali (siamo in pieno proibizionismo) gli piacciono. La crisi del’29 però colpisce duramente il mondo del teatro e lo spinge a esordire nel cinema, che gli garantisce una paga dignitosa. Firma con la Fox e ritrova altri colleghi come Spencer Tracy, che aveva sempre ammirato per il talento. I due diventano amici e compagni di bevute: secondo la tradizione è stato proprio Tracy a soprannominarlo ‘Bogey’. Esordisce quindi con un film di John Ford, Up the river nel 1930. L’anno successivo ottiene una parte accanto a Bette Davis in Bad Sister. In quel periodo Humphrey Bogart si divide tra Hollywood e New York, dove i suoi genitori vivono ormai separati. Dopo la morte del padre, nel 1934 viene notato dal produttore Arthur Hopkins che, impressionato dalla sua voce secca e dalla postura indolente, lo scrittura per il ruolo dell’assassino in fuga Ed Mantee nell’adattamento teatrale de La foresta pietrificata. Lo spettacolo riscuote un grande successo con 197 repliche e anche i critici si accorgono di Bogart, che sul palco tiene egregiamente testa al protagonista e amico Leslie Howard. Grazie a lui egli mantiene la parte anche nella trasposizione cinematografica della pièce. Jack Warner infatti avrebbe preferito affiancargli Edward G. Robinson ma Howard gli risponde con un perentorio: “Niente Bogart, niente accordo” e la spunta. Da quel momento la carriera dei due decolla e Bogart gli sarà sempre grato del sostegno, al punto da chiamare uno dei suoi figli come lui.
Negli anni successivi gli vengono affidate sempre più spesso parti da villain ma mai come protagonista: sui copioni più interessanti la prima scelta viene infatti riservata ad attori di punta della Warner Bros come Edward G. Robinson e James Cagney. Appare in film celebri come Gli angeli con la faccia sporca (1938) di Michael Curtiz e I ruggenti anni ’20 (1939) di Raoul Walsh Il suo carattere ribelle gli fa disertare le prime dei suoi film e gli inimica anche i critici. L’uomo non ha peli sulla lingua e si lamenta apertamente con la stampa di non essere considerato dalla Warner:”A Hollywood continuano a dirmi di tacere,per evitare problemi, quando ritengo che uno sceneggiatore o un regista non valgano niente. Io non sono d’accordo.”
Il noir e la nascita del mito
Nel 1941 con Una pallottola per Roy ancora di Walsh ha il ruolo principale per la prima volta, conferendo al personaggio uno spessore quasi eroico e dotandolo di valori positivi quali il coraggio, la generosità e quel codice d’onore che sarà una delle costanti delle sue interpretazioni successive. Sul set incontra John Huston, sceneggiatore della pellicola e regista in erba. Il feeling con quest’ultimo, grande intenditore di whiskey, è immediato e quando Huston si appresta a girare Il mistero del falco (1941) da un romanzo di Dashiell Hammett gli viene naturale chiedere a Bogart di recitare da protagonista. Interpretando l’investigatore privato Sam Spade l’attore newyorkese trova il ruolo della vita e il meritato successo. Inimitabile a partire dal look con l’eterno impermeabile diventa il prototipo del detective cinematografico: virile, cinico ma in fondo d’animo nobile.
“Avrai qualche speranza di salvare la vita: il che vuoi dire che se fai la brava ci rivedremo più o meno tra una ventina d’anni. Se invece t’impiccano, ti ricorderò per sempre.”
Sam Spade
Il 1942 è l’anno di Casablanca. Partito come prodotto a basso costo e snobbato da altri grandi attori, il film diventa un classico senza tempo, anche grazie alla coppia di interpreti Elsa-Bergman e Rick-Bogart, talmente credibili da entrare nell’immaginario collettivo (il terzo matrimonio di Bogart finisce a causa della gelosia della moglie verso Ingrid Bergman) come gli innamorati più popolari della storia del cinema. Vince tre Oscar, ma nessuno per gli attori,entrambi nominati al premio.
Lo stesso anno lavora ancora con John Huston per Agguato ai tropici, girato prima di partire per la guerra. Nel 1944 sul set di Acque del Sud di Howard Hawks conosce la diciannovenne Lauren Bacall. Humphrey Bogart è molto più vecchio di lei e ha tre matrimoni falliti alle spalle mentre dal canto suo la ragazza è la protetta del regista. Cionondimeno i due s’innamorano, per poi sposarsi nel 1945: è la scelta giusta perchè Lauren Bacall gli darà due figli,restandogli accanto per tutta la vita. Mesi dopo, nel 1946, i due vengono diretti ancora da Hawks, messosi il cuore in pace, ne Il grande sonno, altro classico genere noir scritto da Raymond Chandler e da lui sceneggiato con William Faulkner. Chandler stesso si dimostra entusiasta di Bogart che rispecchia perfettamente le caratteristiche del suo personaggio, il detective privato Philip Marlowe: “Riesce ad essere un duro anche senza brandire la pistola e ha un umorismo sprezzante” . Nel film,dalla trama incredibilmente complicata, la chimica fra i due attori è talmente evidente che ne viene ritardata l’uscita per consentire di girare altre scene, che Hawks stesso riscrive per rendere i dialoghi più allusivi e sensuali (qui sotto il trailer).
Lauren Bacall e Humphrey Bogart appaiono in coppia anche ne La fuga (1947) di Delmer Daves, altro classico noir, famoso per l’uso innovativo della cinepresa in soggettiva e nello splendido, avvincente L’isola di corallo (1948) ancora per la regia di John Huston. Nello stesso anno il geniale regista vuole Bogart per Il tesoro della Sierra Madre: nei panni dell’avido avventuriero Dobbs l’attore lascia ai posteri un altro ritratto memorabile, che però non viene premiato dall’Academy. Il film vince tre Oscar che vanno a Huston regista e sceneggiatore e all’attore non protagonista Walter Huston (non è un caso di omonimia, si tratta del padre del regista). Dopo questo film Bogart fonda una casa di produzione cinematografica, che chiama come il suo yacht; nella Santana Productions investe molto denaro, senza realizzare gli utili sperati.
Nel 1951,dopo La città è salva chiude il contratto che lo legava alla Warner e, in cerca di nuovi stimoli, si associa al vecchio amico John Huston,partendo con lui per l’Africa equatoriale con l’obiettivo di girare un film nella Repubblica democratica del Congo. Il titolo è La regina d’Africa, pellicola in cui Humphrey Bogart è Charlie Allnut, (il cognome significa ‘tutto matto’ in inglese) capitano alcolizzato di un battello fluviale convinto dalla zitella missionaria Katharine Hepburn ad affondare una nave tedesca. Alla fine i due riescono nell’impresa e si innamorano. Questo curioso incrocio tra film d’avventura e commedia, girato a colori tra enormi difficoltà, compresa un’epidemia di dissenteria che ritarda la lavorazione (Huston e Bogart ne restano immuni e intanto si ubriacano allegramente) rappresenta l’occasione per l’attore di ricevere il primo e unico Oscar della carriera, battendo il favorito della vigilia Marlon Brando (Un tram chiamato desiderio) per una manciata di voti.
Gli ultimi anni
Dopo l’Oscar Humphrey Bogart firma con la Warner Bros un ricco contratto pluriennale. Scherzando, confida agli amici:“Prima che scada, mi saranno caduti tutti i denti e i capelli”. Tra le sue ultime interpretazioni, quella del capitano Queeg, dispotico comandante de L’ammutinamento del Caine (1954) gli garantisce la terza candidatura all’Oscar come attore protagonista. Pur non vincendo, il consenso riscosso tra critica e pubblico non fa che confermarne la reputazione. Nello stesso anno accetta di girare con Billy Wilder Sabrina, prendendo all’ultimo momento il posto di Cary Grant con il quale la produzione non aveva trovato l’accordo.
La sostituzione provoca una riscrittura parziale del copione per adattare il ruolo alle caratteristiche di Bogart, meno abituato alle commedie del collega e Wilder inoltre pretende di controllare ogni particolare sul set, affinchè tutto funzioni alla perfezione, mentre Bogart punta molto sulla spontaneità del momento e non rifugge l’improvvisazione. Quest’aspetto tecnico e la sensazione di essere comunque un ripiego, provocano dissapori tra lui e il regista,accusato di privilegiare i più giovani William Holden e Audrey Hepburn a suo discapito. Nonostante questi problemi il film è l’ennesimo, completo successo della sua carriera cinematografica.
Fumatore incallito e bevitore impenitente, mentre si trova sul set de Il colosso d’argilla (1956), Humphrey Bogart viene colpito da una strana disfonia, che gli rende difficile la pronuncia delle battute. Visitato dopo le riprese, scopre di avere un carcinoma all’esofago in stadio avanzato. Durante la lunga chemioterapia deperisce vistosamente e si spegne il 14 gennaio 1957, appena 20 giorni dopo il suo cinquantasettesimo compleanno.
Riferimenti culturali
Che Humphrey Bogart sia un attore dall’alone mitico già si è detto e le prove sono molteplici. Uomo normale, alto meno di un metro e settanta ha sempre ritratto personaggi dotati di apparente cinismo, ma in realtà leali e coraggiosi, che hanno permesso agli spettatori di identificarsi con lui. Gli Stati Uniti gli hanno dedicato una serie di francobolli e,nonostante sia scomparso da più di sessant’anni, non lo hanno mai dimenticato, così come i suoi film.
A teatro prima e al cinema poi,diretto da Herbert Ross, Woody Allen lo ha avuto come consigliere sentimentale immaginario in Provaci ancora Sam (sotto il trailer). ll titolo originale dell’opera Play it again Sam è la parafrasi di una famosa battuta di Bogart nel film Casablanca: Rick invita più di una volta il pianista del suo locale a suonare As time goes by, sulle cui note si erano innamorati lui ed Elsa a Parigi, prima della guerra,ma nella traduzione delt itolo questo riferimento si perde. In Italia la Rai nel 1975 ha riproposto una serie di suoi film nei quali egli è ridoppiato dall’attore Paolo Ferrari (indimenticato Archie Goodwin televisivo accanto a Tino Buazzelli nello sceneggiato dedicato a Nero Wolfe) e gli ha dedicato uno speciale programma commemorativo.
Persino la Walt Disney gli ha reso indirettamente omaggio: dalla penna dello sceneggiatore Carlo Chendi e dalla matita del disegnatore Giorgio Cavazzano è nato un simpatico papero investigatore, vestito sempre con un impermeabile e un cappello floscio, dal nome familiare di Umperio Bogarto (qui sotto una vignetta che lo ritrae), vi ricorda qualcuno? Il personaggio compare per la prima volta negli anni ’80 sul settimanale Topolino e da quel momento non se n’è più andato da Paperopoli.