Oggi vi voglio parlare di una principessa che non sogna il principe azzurro, non le interessa vivere in un castello felice e contenta per sempre. La nostra Principessa Mononoke è selvaggia, impulsiva, spavalda. Che aspetti? Conosci meglio l’anti-eroina dello Studio Ghibli.
Nella nostra classifica dei film di Hayao Miyazaki, Principessa Mononoke era seconda solo a Il castello errante di Howl. A dirla tutta, la scelta è stata davvero difficile, al punto che potremmo metterli sullo stesso piano. Questo è uno dei cartoni più amati in assoluto dello Studio Ghibli. Pur affrontando tematiche che ritroviamo in Nausicaa della valle del vento, resta originale ed unico e ci lascia un personaggio di spicco nel mondo dello Studio Ghibli, quasi al pari del nostro caro Totoro!
Principessa Mononoke – Uno straordinario personaggio
Nel raccontarti la trama del film, potrai capire il meraviglioso personaggio che ha partorito la mente geniale di Hayao Miyazaki: le origini della principessa San (che viene appunto rinominata Mononoke), ci ricordano quelle della legenda di Romolo e Remo, infatti ella è stata abbandonata in una cesta dai suoi genitori ed è stata trovata da una lupa del bosco di Emishi.
Tirata su come se fosse sua figlia, la principessa Mononoke cresce con i valori della natura e del rispetto, impara a stare in armonia con tutti gli animali ed è devota al Dio re della foresta. Come tutte le creature più forti, anch’ella ha ben in mente la salvaguardia del posto in cui vive e non permetterebbe a nessun umano di metterne a repentaglio la quiete.
Purtroppo quando gli animali vengono feriti o attaccati, escono dalla grazia del Dio della foresta per trasformarsi in demoni in grado di infettare gli umani fino a portarli alla morte. E’ proprio quello che accade al giovane Ashitaka, un ragazzo a cui non interessa impossessarsi del bosco, ma che in uno scontro con un cinghiale resta ferito ed il veleno fuoriuscito dalla bestia lo sta pian piano logorando. Per cercare di salvarsi l’unica soluzione è il Dio della foresta ed è durante il viaggio per raggiungerlo che conoscerà la bellissima San e se ne innamorerà.
Principessa Mononoke – Lo Studio Ghibli e le tematiche del cuore
Se volessimo rilevare le caratteristiche salienti dello Studio Ghibli, una di queste sarebbe sicuramente l’adozione di un blocco tematico che ritorna spesso, in questo caso vi è la lotta tra uomo e natura e la continua agonia per vivere in pace.
In Principessa Mononoke abbiamo da un lato il Dio re della foresta con tutti gli animali e la principessa, dall’altro la Città di ferro con gli umani che vogliono civilizzarsi ed occupare il bosco per farne quanto a loro gradito e nel mezzo c’è solo il povero Ashitaka che non sa come arginare l’ira e la grinta delle due fazioni. Questo ci riporta anche a Pom Poko, ma la nostra San è molto vicina al temperamento di Nausicaa, primo cartone che abbiamo visto, dunque possiamo affermare che è un argomento a cuore dei registi dello Studio.
Nello svolgersi della storia, la guerra porterà ad un equilibrio tra le parti, non senza le dovute conseguenze. Eboshi, la padrona della Città del Ferro, arriverà a mozzare la testa al Dio della foresta che, trasformatosi in un demone, distruggerà ogni cosa attorno a sé, saranno i nostri eroi Ashitaka e San che ritroveranno la testa del Dio e la doneranno in modo da ristabilire la pace. Qui troviamo anche il pentimento di Eboshi, che riuscirà a comprendere il valore della natura e l’importanza di viverci insieme.
Un altro elemento da non sottovalutare è l’incontro della Principessa Mononoke con l’animo gentile dell’umano Ashitaka. San non comprende fino in fondo di essere anch’ella umana e tende per sempre ad essere un tutt’uno con la natura, ma apprezzerà la gentilezza del ragazzo, fino ad innamorarsene. Ricordiamo, per chi già l’ha visto, la romantica scena della quasi uccisione di Ashitaka da parte di San che verrà frenata da uno spassionato complimento. Bravo Ashitaka!
Tuttavia, l’amore per il bosco prevarrà sempre nel cuore di San che, anche alla fine, dopo la pace, resterà con i lupi e sceglierà di non seguire Ashitaka, ormai guarito, nel suo viaggio.
Principessa Mononoke – I problemi di traduzione
Forse fino ad ora non è stato menzionato tale problema, ma una piaga che sicuramente affligge i cartoni dello Studio Ghibli è la traduzione in italiano dei dialoghi. Purtroppo in Principessa Mononoke, tale questione viene portata all’estremo, basti pensare a come viene chiamato il Dio re della foresta per tutta la durata del film. In questa piccola parentesi un consiglio più che legittimo che posso darti è di vedere i film in lingua originale, sottotitolato in italiano. In alcune occasioni diventa proprio imbarazzante!
Principessa Mononoke – Origine della storia
Hayao Miyazaki aveva concepito la storia con tratti molto affini a quello de La bella e la bestia, infatti San doveva restare sempre una discepola del bosco, ma sarebbe stata la natura di Ashitaka a cambiare. Egli infatti era stato pensato come una bestia che avrebbe tratto in salvo la principessa e gli animali in cambio della sua mano. Fortuna volle che La bella e la bestia era in produzione proprio in quell’anno, 1993, e quindi Miyazaki abbandonò il progetto, per riprenderlo nel 1994 e farne il capolavoro che è diventato.
Il luogo in cui è ambientato, come abbiamo visto diverse volte, è immaginario ed quasi del tutto privo di costruzioni, palazzi, cantieri. Vedendo la storia, entriamo direttamente a contatto con l’essenza dei personaggi che manterranno la loro integrità e carattere fino alla fine, fatta eccezione per Eboshi.
Miyazaki, attraverso Principessa Mononoke, voleva raccontare la storia del Giappone prima della civilizzazione in chiave anche fiabesca e romantica, ma soprattutto naturale dal punto di vista stilistico. In più di due ore di film, troviamo solo 5 minuti, sparsi, di disegno digitale, i restanti fotogrammi sono stati passati in rassegna e modificati dall’autore stesso prima dell’uscita.
Principessa Mononoke, in conclusione, è una pietra miliare dell’animazione in generale, al suo esordio in Giappone, fu secondo solo a Titanic, questo esprime ancor di più quanto sia trasversale la fascia d’età colpita dai film dello Studio Ghibli che, come sempre, possono insegnare anche dopo anni.