Ingmar Bergman: un nome, una mentalità, uno stile inconfondibile. Un regista influente al punto tale che ritroviamo rimandi ai suoi primissimi film anche nell’era contemporanea del cinema. Scopriamo meglio questo fenomeno senza tempo!
Nato il 14 luglio del 1918 in Svezia, Ingmar Bergman ha reso il cinema un posto migliore con la sua spiccata e quasi pericolosa sensibilità soprattutto verso l’universo femminile. Ogni film del regista è una cannonata, un colpo dritto al cuore. difficile da smaltire. Potremmo dire che forse non è per tutti? Chissà, nell’ambito del cinema è inadeguato dire chi è adatto a vedere cosa, ma possiamo sicuramente affermare che ci vuole altrettanta sensibilità per carpire e far muovere nella nostra testa i messaggi lanciati da questo genio assoluto.
Il modo migliore per omaggiarlo? Beh, una lista (e non una classifica, perché sarebbe davvero difficile) di almeno 5 dei suoi capolavori. Iniziamo!
1. Il posto delle fragole (1957)
Correva lo stesso anno de Il settimo sigillo, quando uscì questo particolare film On the road, che fu precursore per tante altre pellicole del genere. Lungo la strada percorsa da Isak Borg, Bergman ci dà l’idea chiara di cosa voglia dire essere soli per scelta, non voler dipendere da anima alcuna. Il viaggio è la riconciliazione con la propria coscienza che emerge da un passato privo di emozioni scatenanti, soltanto quel posto delle fragole rappresenta il luogo dove ognuno è in grado di andare oltre la propria razionalità.
2. Sussurri e grida (1972)
Si deve essere predisposti per vedere un film del genere? Senza ombra di dubbio sì. Sussurri e grida è uno schiaffo morale di Ingmar Bergman alle donne che ritengono gli uomini poco capaci di riflettere l’animo femminile.
Non si può vederlo senza provare un pugno cronico allo stomaco: la sofferenza, il dolore, la paura d’amare, la paura di essere amati. Elementi visti attraverso lo sguardo di quattro donne. Tre sorelle incapaci di amarsi l’un l’altra, in particolare Maria e Karin, asettiche e immobili dinanzi alla malattia di Agnese, che sta morendo di un male incurabile. In tutto il film l’unica fonte d’amore sgorga da Agnese e Bergman ci fa capire, facendoci tenere gli occhi spalancati, che la capacità di amare non cammina con la paura.
Un film perfetto anche dal punto di vista stilistico, uno dei picchi della sensibilità del regista, al punto che François Truffaut disse a riguardo:
“Fino ad oggi i film sono stati fatti da uomini per gli uomini, Ingmar Bergman è forse il primo ad aver affrontato certi segreti del cuore femminile”
3. Scene da un matrimonio (1973)
Quanto è difficile separarsi da chi amiamo e conosciamo profondamente? Quanto è sottile, a volte, la linea tra quell’Odi et amo che confonde e priva di uno strappo netto nella vita? Ebbene, il regista con Scene da un matrimonio non ci dà una risposta, ma ci fa capire che si fa fatica e nessuno è pronto e sa gestire bene il dolore profondo e straziante di una separazione.
Ingmar Bergman, durante i lavori al film, stava vivendo contemporaneamente la separazione con la sua compagna e collega Liv Ullman, protagonista del film, ed è proprio lei ad ammettere in un’intervista che una separazione brusca non è mai avvenuta, così come non avviene tra Joahn e Marianne, anche con altre vite, anche con altre prospettive.
4. Sonata d’autunno (1978)
“Non si smette mai di essere una mamma e una figlia”
Nel bene e nel male, la citazione riportata dal film riflette la storia del rapporto travagliato tra Charlotte ed Eva, un legame che ci fa venire i brividi, mamma e figlia che, dopo una vita di silenzio e sopportazione, a cuore aperto tra lacrime ed urla, parlano degli anni in cui erano assenti l’una della vita dell’altra.
Ingmar Bergman qui lavora con la sua omonima Ingrid Bergman e la sua musa Liv Ullman in un capolavoro che tocca picchi emotivi fino ad allora inesplorati…e quasi pericolosi.
5. Persona (1966)
Arriviamo in ultimo al film per cui probabilmente Bergman è più conosciuto, un illustre lavoro sulla personalità, l’inconscio, il desiderio.
Il monologo iniziale anticipa un dramma freddo e distaccato, come la protagonista del film che è uno specchio per quegli angoli bui della nostra personalità e sui quali, come sempre Ingmar Bergman vuole accendere un faro.