La Corte Suprema brasiliana ha accolto il ricorso di Netflix contro la sentenza del Sesto Tribunale Civile di Rio de Janeiro che aveva fatto ritirare la serie televisiva La prima tentazione di Cristo perché vi si insinua che Gesù fosse gay, definendola una “restrizione costituzionale alla libertà di espressione, di creazione e di sviluppo artistico”. “Appoggiamo fortemente l’espressione artistica e lotteremo per difendere questo importante principio, che è il cuore delle grandi storie”, dice il portavoce della piattaforma.
La serie, andata in onda dal 3 dicembre, ha causato immediatamente aspre polemiche e l’ira dei settori religiosi più conservatori. La Asociación Centro Dom Bosco de Fé e Cultura presentò subito un esposto, rigettato in prima istanza, mentre, in seconda istanza, il giudice Bendicto Abicair ordinò il ritiro della serie, argomentando: “il diritto alla libertà di espressione, di stampa e artistica non è assoluto. Le reti sociali sono incontrollabili e accessibili anche ai minori di età. La produzione artistica non riflette la verità di ciò che riproduce. Considero, pertanto, più adeguato e benefico, non solo per la comunità cristiana, ma per l’intera società brasiliana, in maggioranza cristiana, oltre che come ricorso per calmare gli animi, di accogliere la richiesta” [della Asociación Centro Dom Bosco, ovviamente].
Effettivamente il 24 dicembre c’erano stati anche disordini durante i quali gli ultraconservatori avevano gettato bottiglie molotov contro la sede brasiliana della casa di produzione. La stessa settimana, vari incappucciati avevano divulgato video su YouTube rivendicando gli attentati e identificandosi con un movimento cattolico integralista di stampo fascista sorto in Brasile intorno al 1930. La polizia ha poi individuato l’economista e impresario Eduardo Fauzi come il principale sospetto, ma quando la polizia di Rio lo ha voluto mettere agli arresti, questi era già partito per la Russia. E questi sono i fatti.
Che dire?
Questo è uno di quei casi in cui l’impressione è che abbiano torto entrambi. Che gli integralisti abbiano torto è pacifico, però anche la serie sembra costruita ad arte per creare il giusto scompiglio per farsi pubblicità e incrementare le visualizzazioni (il Brasile ha più di 219 milioni di abitanti).
Non esistendo alcuna prova storica dell’esistenza di Gesù (lo storicismo romano era, allora, al suo apice e Giuseppe Flavio, il cui nonno avrebbe potuto essere coetaneo di Gesù, non ne fa un solo, solitario cenno nelle sue dettagliatissime Antichità giudaiche), per me, quello cristiano, è un mito come un altro. Però mi sembra strumentale mandare in onda una serie comica, perché questo è, dove si insinua che Gesù fosse gay (che poi, mica sarebbe un peccato) nel periodo di natale, in uno dei paesi tradizionalmente più cristiani del mondo. Oltretutto in un paese dove c’era la certezza di vincere: in una nazione altrettanto integralista, ma più potente di Netflix, come gli Stati Uniti di America una serie del genere non si sarebbero mai azzardati a mandarla in onda. Una provocazione del genere avrebbe potuto avere un senso negli anni ’60 o ’70 quando l’arte aveva anche il preciso intento di épanter les bourgeois, ma oggi, che non ci si sconcerta di fronte a qualsiasi provocazione o, peggio, nefandezza, dire che una commedia, oltretutto di Netflix, persegua un tale fine… come diceva Totò: “Ma mi faccia il piacere!“.