“L’acqua ha memoria”
È questa la frase attorno alla quale ruota Frozen II – Il segreto di Arendelle nelle sale dal 27 novembre. Pronunciata più volte dal simpatico pupazzo di neve Olaf per mezzo della voce di Enrico Brignano, questa frase apparentemente insignificante nasconde in realtà molte verità, è la chiave, la soluzione per svelare il mistero che si nasconde dietro i poteri di Elsa.
Frozen II – Il segretodi Arendelle, dopo il successo planetario del primo film uscito ormai più di una decade fa, collezionando 2 premi Oscar ed il maggior incasso della storia del cinema nella categoria animazione, ha infatti come leitmotiv proprio il desiderio di trovare la causa dei poteri di Frozen.
Liberamente ispirata dalla fiaba di Hans Christian Andersen La regina delle nevi, Frozen è diventata un caposaldo delle generazioni più giovani, figlia del suo tempo, grazie alla genialità della regia, affidata anche in questo secondo capitolo alla coppia Chris Buck /Jennifer Lee, autori anche del cortometraggio Frozen Fever.
Il film si apre con un flashback sul passato, quando le due sorelle Anna ed Elsa (Serena Autieri e Serena Rossi), due bimbe bellissime con grandi occhi verdi e azzurri, vivevano felici con i loro genitori, prima che la tragedia dell’incidente in nave li facesse passare a miglio vita.
Ormai più che maggiorenne (con i suoi 24 anni Elsa è la prima principessa adulta dell’animazione della casa di Topolino) ritroviamo una Elsa sempre più inquieta e insofferente, intrappolata in una vita nella quale non si sente a proprio agio; inizia a sentire il richiamo di una voce che la spinge a cercare se stessa, è il “kulning”, misterioso richiamo vocale usato nella pastorizia scandinava per richiamare gli animali lasciati andare al pascolo e ritenuto pregno di valenze magiche; tale è la voce che Elsa – e lei soltanto – avverte, mentre i suoi poteri continuano a crescere.
Intraprende così un lungo viaggio, tra mille ostacoli, fino al leggendario fiume Ahatollan, che contiene tutte le risposte, insieme alla sorella Anna, al suo fidanzato Kristoff, simpatico bamboccione, con la fida renna Sven e al pupazzo di neve Olaf che grazie ai poteri magici di Elsa non si scioglie più (o sì?…).
L’argomento cardine diventa il sacrificio, il partire per un lungo e ignoto percorso che conduce Elsa e Anna a scoprire ancora una volta cosa si nasconde fuori da Arendelle e soprattutto qual è la verità sulla loro natura e sui loro genitori: ritorna anche il tema della scomparsa, con il naufragio che è ancora una ferita aperta nel cuore delle ragazze, che non si danno pace della morte del re e della sua regina. Tutti aspetti che affievoliscono quella linea infantile che aveva caratterizzato il primo Frozen e dona al suo sequel una vena molto più matura, che strizza maggiormente l’occhio verso il pubblico degli adulti, dando loro quel senso di avventura e di azione che nel primo era eccessivamente sotterrato dalla tematica dell’amore fraterno e del senso di colpa causato dell’essere diversi. Alcune scene del film infatti, non sembrano essere propriamente adatte ad un pubblico di piccolissimi anche perché talmente realistiche da sembrare vere.
Questo è sicuramente anche un punto di forza, l’espressività dei personaggi, l’attenzione ai particolari è impressionante, come impressionante è poter percepire la sensazione di sentire la neve sotto le dita guardando Olaf nel suo scintillante candore o poter osservare così da vicino com’è fatta una renna.
L’aspetto più entusiasmante, di Frozen 2 – Il segreto di Arendelle infatti, è proprio la sua realizzazione tecnica: animazioni così non si erano mai viste, nemmeno nel già fantastico lavoro realizzato con Oceania. Le avventure della giovane Vaiana ci avevano mostrato la bravura Disney nella realizzazione della vita dell’acqua, mentre in Frozen è visibile come le migliorie tecniche siano proprio il cavallo di battaglia della sua produzione: la natura prende vita più e più volte durante il lungometraggio e lo fa in maniera magnifica, così come tutte le animazioni facciali dei protagonisti raggiungono dei livelli da realismo puro.
Frozen 2 – Il segreto di Arendelle è uno spettacolo per gli occhi, qualcosa di ancora mai visto nell’animazione, soprattutto nella gestione dell’acqua, uno degli elementi sempre più ostici da riportare in digitale: Elsa si ritrova a cavalcare un cavallo d’acqua e galoppare a tutta velocità per anticipare un’onda quasi anomala ed è anche lì che ritroverete la magia Disney, la capacità di riprodurre qualcosa di reale e renderlo fantastico. Anche il fantastico che diventa reale non è da meno, animali parlanti vengono rappresentati in maniera così naturale, da farci dimenticare che si tratta in fondo di un cartone animato.
Per quanto concerne l’aspetto musicale, invece, l’attesa era chiaramente altissima, per poter reggere il confronto con Let It Go, e anche in questo caso, con Into the Unknown (Nell’ignoto il titolo in italiano), possiamo dire che la prova è stata superata.
Una melodia molto più solenne, più grave, più sentita e sempre magistralmente interpretata da Serena Autieri in italiano e da Idina Menzel nell’originale. Un momento epico che ha un effetto più forte rispetto a Let It Go e tutto ciò che riguardava Elsa in quelle specifiche scene: in Frozen 2 – Il segreto di Arendelle la canzone viene calata in un momento di pathos estremo, in un climax che sta per raggiungere il proprio apice e rappresenta il compimento dell’evoluzione del personaggio di Elsa, che da ingenua ragazzina in crisi, ha la possibilità di trasformarsi in una farfalla che spicca il volo in maniera definitiva.
In generale tutte le colonne sonore ci regalano bei momenti, perfino Olaf ha una canzone tutta sua, che interpreta in maniera comica e divertente. Il pupazzo di neve più smontabile che si sia mai visto, in realtà ha diverse scene “tutte sue”, è un fiume in piena in grado di suscitare grosse e sane risate.
E’ geniale il modo in cui riesce a mischiare le parti del proprio corpo trasformandosi in qualunque oggetto, la sua ironia è pura, il suo volto espressivo, il suo animo nobile. E’ l’amico che tutti vorremmo avere, fedele e sincero.
A differenza del primo film, dove il tutto ruotava quasi esclusivamente attorno alle figure di Elasa ed Anna con Kristoff, Sven e Olaf che comparivano solo nella seconda parte, qui troviamo un intero popolo a fare da spalla a questo quintetto, quello dei Northuldri, costretti a vivere intrappolati nella foresta incantata, difesa da una fitta nebbia.
La vicenda, come ogni fiaba che si rispetti, ha un lieto fine
«quando non si può vedere il futuro – dicono le due eronie – bisogna scegliere di fare la cosa giusta»
e la cosa giusta vede Elsa divenire protettrice della foresta incantata, e Anna nuova regina di Arendelle dopo che il goffo Kristoff, riesce finalmente a farle la fatidica proposta di matrimonio (fra le scene più divertenti, ci sono proprio quelle in cui il giovane tenta in tutti i modi di regalare l’anello ad Anna, senza mai riuscirci).
La pace è finalmente ripristinata.
Nel complesso il risultato è ottimo, un turbinio di sentimenti ed emozioni. Nel film c’è tutto: passione, forza, ironia, commozione, ritmo. Ha una morale per niente scontata ed una colonna sonora avvincente e coinvolgente. L’interesse dello spettatore viene sempre stuzzicato e anche quando il dialogo è carente, sono le immagini a parlare, regalandoci colori e contrasti di luci mai visti prima.
Dopo l’espansione di ambienti e personaggi del numero due, è impossibile non pensare alla possibilità di un terzo capitolo di Frozen. La Disney non ha rilasciato dichiarazioni a riguardo, ma il regista Chris Buck in un’intervista ha affermato:
“Ci scherziamo sempre su perché ce lo chiedono tutti. Ma abbiamo vissuto questo film come una maratona e ora non pensiamo ad altro che rilassarci. Riparliamone tra un anno”.
Visto tuttavia che il film ha già incassato più di 300 milioni di dollari in una settimana, non ci resta che sperare che questo riposo non duri tanto.
Che bella recensione, sicuramente io e la mia bimba non mancheremo a questo appuntamento ?