Era dai tempi di Pallottole su Broadway, datato 1994, che Woody Allen non inseriva nel titolo di un suo film un riferimento esplicito alla città che gli ha dato i natali e di cui è diventato un vero e proprio simbolo, New York, o alla sua toponomastica. In precedenza c’erano stati Manhattan (1979), Broadway Danny Rose (1984), l’antologico New York Stories (1989), Misterioso omicidio a Manhattan (1993).
Che sia citata nel titolo o meno, New York assorbe i film di Allen, ed è a sua volta assorbito dall’immaginario legato al suo cinema, tanto che esistono appositi tour guidati che portano i turisti nei luoghi simbolo dei sui capolavori più noti.
Un giorno di pioggia a New York, in sala dal 28 novembre, quarantanovesimo lungometraggio diretto da Woody Allen, non passerà forse alla storia come uno dei massimi capolavori del regista e sceneggiatore newyorchese, ma verrà sempre ricordato per via delle traversie produttive in cui è incorso in seguito all’esplosione del movimento MeToo e alle rinnovate campagne mediatiche condotte da Ronan e Mia Farrow contro il suo autore.
La storia è nota. Le riprese dell’ultimo film di Woody Allen sono terminate quasi due anni fa, nell’autunno 2017, nei giorni in cui nasceva il movimento #MeToo, sull’onda della pubblicazione sul New Yorker di un articolo del figlio di Allen, Ronan Farrow, nel quale diverse attrici accusavano il produttore Harvey Weinstein di molestie e violenza sessuale.
Lo scoperchiamento del vaso di Pandora sui casi di molestie sessuali nel cinema, non solo americano, fece riemergere anche le note accuse di violenza rivolte ad Allen dalla figlia adottiva Dylan (risalenti al 1992 e mai sfociate in un’incriminazione), con conseguente decisione del distributore di Un giorno di pioggia New York, Amazon Studios, di cancellare l’uscita del film e annullare il contratto che lo legava al regista.
Tra i pochi coinvolti nella produzione a dichiarare pubblicamente che si trattava di un peccato e di un errore, l’inglese Jude Law. Nel gennaio 2019 una serie di intellettuali italiani hanno firmato un appello affinché il film potesse avere “la più ampia circolazione possibile”. Coinvolto nella causa da 68 milioni di dollari intentata da Allen e considerato a lungo invedibile, il film è stato liberato solamente lo scorso maggio, quando Amazon ha stralciato il contratto con Allen e restituito i diritti di distribuzione, permettendone così l’uscita perlomeno all’estero: prima in Olanda (29 agosto) e a seguire in altri Paesi (Francia, Belgio, Slovacchia, Spagna, Portogallo), compresa l’Italia (3 ottobre), con probabile passaggio alla Mostra di Venezia, grazie alla Lucky Red di Andrea Occhipinti.
Un giorno di pioggia segna la terza collaborazione tra Allen e il direttore della fotografia Vittorio Storaro, che è già stato il DOP dei precedenti Café Society e La ruota delle meraviglie, e che collaborerà ancora col regista nell’annunciato Rifkin’s Festival.
Il film, racconta la storia di una coppia di giovani innamorati, Gatsby e Ashleigh (Timothèe Chalamet ed Elle Fanning). I due arrivano nella Grande Mela perché la ragazza è riuscita a ottenere un’intervista con Roland Pollard (Liev Schreiber), un regista in crisi. Gatsby è innamorato di New York, mentre Ashleigh non la visita dai tempi dell’infanzia.
Lui viene da New York e non vede l’ora di mostrare alla fidanzata la sua città natale e lo charme vintage dei suoi luoghi di predilezione. Lei viene da Tucson, Arizona, e si occupa del giornale della modesta università dove si sono incontrati. Élite urbana e provinciale, Gatsby e Ashleigh sono complementari e innamorati. Ma non basta, soprattutto a New York in un giorno di pioggia che rovescia acqua e destini.
La coppia ne approfitta per trascorrere un weekend spettacolare insieme nella grande città o almeno questa era l’intenzione iniziale.
Gatsby e Ashleigh arrivano a New York un sabato mattina con l’intenzione di ripartire la mattina dopo. Lui ha pianificato ogni minuto della loro permanenza nella Grande Mela, per questo sappiamo sempre che ora è e come le cose stiano sfuggendo al suo controllo. Il tempo è uno dei temi importanti del film e non è un caso che un orologio appaia spesso nella storia.
L’intervista a Pollard coincide con la festa organizzata dai ricchi genitori di Gatsby, con i quali il giovane non ha un buon rapporto a causa di idee di pensiero totalmente opposte. Giunti a NYC, il ragazzo lascia la sua fidanzata all’Hotel Soho per incontrare il regista, con la promessa che si sarebbero rivisti per pranzare insieme. L’incontro con Pollard si rivela una grande occasione per la giornalista in erba, il cineasta ha in serbo un succulento scoop per lei. Ashleigh si vede costretta ad annullare il pranzo con Gatsby e da questo momento in poi tutti i loro piani andranno in fumo.
Oltre al brutto tempo, i due incapperanno in una serie di avventure e buffe situazioni. Ashleigh a caccia della notizia perfetta, si ritroverà costretta a boicottare l’invito del suo fidanzato per presentarla ai genitori, finendo per non trascorrere del tempo con lui, ma con il divo sudamericano Francisco Vega (Diego Luna). Gatsby, invece, riceverà una parte in un film accanto alla seducente Shannon (Selena Gomez), che lo farà riflettere sul suo rapporto con Ashleigh, soprattutto quando il giovane vede in TV la sua fidanzata insieme a Vega.
Tutti i personaggi del film hanno problemi con la propria identità. Gatsby non conosce ancora se stesso, mentre sua madre si rivela esser una persona completamente diversa da quella che lui aveva sempre immaginato. Ashleigh è molto confusa e indefinita, soprattutto di fronte Vega, che all’inizio indossa una maschera, qualcosa che nasconde appunto l’identità.
La pioggia ha un ruolo centrale, per Allen infatti New York acquista più fascino nei giorni uggiosi. Il modo di vedere la pioggia suggerisce anche le visioni di vita contrastanti di Gatsby e Ashleigh: per lui è romantica, per lei è triste.
I luoghi visitati da Gatsby e Ashleigh sono un chiaro riferimento alle loro personalità contrastanti: lui è innamorato della New York di un tempo, come il Village; lei, invece, della città più contemporanea, che trova sfogo nel glamour di Soho o Downtown. Una comicità tagliente e rassicurante insieme, almeno per i suoi fan, che potranno ritrovare l’Allen più classico nonostante il ringiovanimento dei protagonisti. Una scelta che spiazza, e che in qualche momento non sembra del tutto coerente con lo spirito e le dinamiche raccontate. Ma che non impedisce ai due studenti in ‘missione’ nella Grande Mela di farci sentire il fascino e la nostalgia di una città che sembra migliorare quando avvolta da ombre e nebbia.