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L’uomo del labirinto: ottima regia, cast eccellente

Irene Pepe 5 anni fa Commenta! 4
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La cosa più difficile, per questo film, è parlare della trama senza spoilerare nulla, quindi ci limitiamo all’indispensabile: Samantha, una ragazza rapita a 13 anni, probabilmente dagli alieni, perché la vediamo volare dentro un furgone senza che nessuno la tocchi, viene ritrovata 15 anni dopo. Per scoprire il rapitore e dove è stata tenuta prigioniera, lavorano il dott. Green, che cerca la risposta nella psiche della ragazza, e Bruno Genko, un detective che era stato assunto dai genitori di Samantha quindici anni prima, ma aveva fallito. Ora, cerca una specie di riscatto, anche se non lo paga nessuno.

Il titolo può trarre in inganno; un titolo più attagliato sarebbe stato Il film del labirinto, poiché l’intero film è costruito come fosse un labirinto degli specchi, dove tutto è simmetrico, doppio, parallelo. Poi, come ama fare, alla fine Carrisi sconvolge tutto e nulla è come sembrava. Ma non si può parlare della trama, parliamo d’altro.

Gli attori sono tutti molto bravi, soprattutto Dustin Hoffman. Anche Servillo è bravo e fa quello che può; peccato che il suo personaggio sia talmente stereotipato da non permettergli di muoversi come vorrebbe. In La ragazza nella nebbia era senz’altro molto più efficace. Oltretutto, dice in continuazione che il suo lavoro consiste nel recupero crediti; l’unico caso di nera è proprio quello fallito di Samantha. Perché allora ha quella dimestichezza con la polizia che si occupa di cronaca nera? Non è nemmeno chiaro dove si svolga la storia: alcuni nomi sono italianissimi, altri chiaramente anglosassoni. Fosse un film di Scorsese potremmo essere a Little Italy, ma non lo è. Il personaggio interpretato da Servillo si chiama Genko, quasi omonimo del commissario Ginko di Diabolik, e questo ci può dare un indizio: siamo a Clerville. Invece di Diabolik, con le straordinarie maschere di lattice che riproducono perfettamente le fattezze altrui, il maniaco ha una maschera da coniglio bianco; una specie di Harvey. L’atmosfera ricorda un po’ alcuni film di Pupi Avati, che è un complimento, tipo La casa dalle finestre che ridono o l’ultimo film, Il Signor Diavolo, di grande atmosfera, ma pessimo come film. Come nei film avatiani c’è una chiesa, un sagrestano, il demoniaco e una sorta di soprannaturale nella mente molto perturbante.

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Rispetto a La ragazza nella nebbia direi che il Carrisi regista è senz’altro migliorato, più disinvolto e sicuro. Come storia, che oltretutto tratta sempre della scomparsa di una adolescente, il primo film mi è sembrato migliore, forse perché era meno cervellotico. Comunque un giudizio molto positivo, soprattutto dal punto di vista della regia. Di materiale da portare sul grande schermo Carrisi ne ha quanto ne vuole, visti tutti i libri che ha pubblicato in appena una ventina di anni. Potrebbe diventare un punto di riferimento per un genere che da noi non è molto praticato. Considerato poi il cast che riesce sempre a mettere insieme (in La ragazza nella nebbia c’era anche Jean Reno, oltre a Servillo), da Carrisi possiamo aspettarci molto anche in campo cinematografico.

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