Proiettato fuori concorso a Venezia il 5 settembre Citizen Rosi, docufilm sul grande regista napoletano Francesco Rosi, raccontato dalla figlia Carolina attraverso i suoi film
Francesco Rosi è stato uno di quei registi definiti “scomodi” dagli addetti ai lavori e dai politici. Tale definizione è indubbiamente calzante guardando il documentario sulla sua vita: non un elegiaco ritratto, piuttosto un viaggio nella storia d’Italia, rischiarato dalla forza delle immagini che il regista ha saputo mostrare e dalle parole di coloro che l’hanno conosciuto, colleghi come Giuseppe Tornatore, amici come Dudù La Capria, giornalisti come Roberto Saviano e magistrati.
In Citizen Rosi è proprio questo il motivo alla base della scelta delle registe Carolina Rosi e Didì Gnocchi: l’ordine nel quale le sequenze più significative dei suoi film (Salvatore Giuliano, Il Caso Mattei, Le mani sulla città, Lucky Luciano, La sfida, Cadaveri eccellenti,Tre fratelli) vengono proiettate sullo schermo segue la cronologia dei fatti invece di quello nel quale le pellicole sono state girate. Qui sotto il trailer ufficiale.
Citizen Rosi è anche il titolo della retrospettiva dedicata al regista italiano a New York nel 2011. Un titolo che Franco (così lo chiamavano gli amici e i familiari) ha molto apprezzato per il significato profondo che per lui aveva l’essere cittadino italiano. Un uomo consapevole, dedito all’analisi rigorosa dei documenti, che non si è rassegnato alle apparenze, ma ha cercato la verità. “Ho cercato di essere presente nella realtà del mio paese” lo sentiamo dire sullo schermo e vedendo i suoi film possiamo dire che c’è riuscito. Francesco Rosi ha inventato un nuovo stile narrativo per un cinema che prima di lui non esisteva.
I suoi film nascevano da ricerche e inchieste sulla realtà del paese. Ha raccontato il ‘potere’ che corrompe e si corrompe quando si mischia alla criminalità. Rosi ha soprattutto anticipato la narrazione di una democrazia inquinata dalla corruzione fin dalla sua nascita. Ci accompagna in questo viaggio la figlia Carolina, testimone fin da bambina del lavoro del padre, che ha assistito con amore e pazienza fino alla morte. È Rosi stesso, in tanti frammenti delle sue interviste, a dare senso e intensità al suo cinema.
Un cinema d’impegno civile il suo che porta anche a chiedersi come vivrebbe il cittadino Rosi nell’Italia di oggi, nella quale l’informazione rimbalza orizzontalmente sui social. Avrebbe ancora un ruolo, un senso, la sua opera? La figlia Carolina è sicura :”Credo sia indispensabile, ora più che mai servirebbero uomini come lui, capaci di fare della propria vita una missione. Franco è stato un regista scomodo, ha avuto problemi, ma non si è mai fatto vincere dallo sconforto.
“Andiamo avanti (nome dato alla casa di produzione del docufilm ndr) – era la sua frase preferita. Oggi invece sull’analisi prevale la spettacolarizzazione e le figure negative sono esposte senza filtri e senza contraddittorio. In <<Salvatore Giuliano>> mio padre non ha mai mostrato il volto del bandito, perchè non voleva mitizzarlo. Aveva chiara la missione etica del regista”.
L’uscita del docufilm, distribuito nelle sale solo per tre giorni da Cinecittà Luce (l’istituto ha partecipato anche alla produzione), il 18,19 e 20 novembre 2019 è stata un evento e gli abbonati di Sky hanno avuto anche la possibilità di vederlo sul canale Sky Arte. Puoi vederlo in chiaro stasera su RAIMOVIE alle 21:10, in occasione del centesimo anniversario della sua nascita.