Rimasta delusa dal thriller Serenity – L’isola dell’ingannno con Matthew McConaughey e Anne Hathaway
E’ da tanto tempo che non riesco a vedere un bel thriller, di quelli che ti intrigano dall’inizio alla fine, con una bella regia e una trama degna di giallo, senza errori e cadute di stile. L’altra sera sono andata a vedere Serenity – L’isola dell’inganno, poco convinta ma speranzosa. E purtroppo la delusione ha vinto. Il regista Steven Knight noto sceneggiatore britannico, suo Piccoli affari sporchi; La promessa dell’assassino; Amore, cucina e curry; questa volta torna alla sua terza regia dopo Locke con Tom Hardy unico interprete del thriller drammatico, e Redemption film d’azione con Jason Statham. Ma torniamo a noi, il cast è di tutto rispetto, anche se non rientrano nella rosa dei miei preferiti, ma comincio un po’ a raccontarti il film.
Baker Dill, interpretato dall’aitante Matthew McConaughey, fugge da un passato misterioso nascondendosi su un’isola un po’ sperduta. Proprietario di una barca attrezzata per la pesca in alto mare con l’aiuto di un fidato marinaio (Djimon Hounsou) si guadagna da vivere facendo l’accompagnatore turistico nell’Oceano di pescatori facoltosi a caccia di pesci grossi soprattutto tonni. Baker si capisce da subito che è alcolizzato, infatti la faccia stropicciata del protagonista, con occhi rossi e cotto dal sole, modi bruschi che da subito non entrano in sintonia con lo spettatore. Ha un’ossessione per un pesce, un tonno, che non riesce a pescare mai, che ha allamato diverse volte ma che poi gli sfugge. Mi immaginavo una storia dietro al pesce, tipo che gli aveva trasportato negli abissi il figlioletto che ogni tanto viaggia nei suoi ricordi che a noi ci vengono presentati come flashback, niente qualsiasi aspettativa verrà infranta. La sera offre il suo corpo a Diane Lane che ricambia con denaro, relazione veramente squallida. E la notte che fa? Va in alto mare a cercare di pescare la sua ossessione: il tonno gigante. La sua vita prende un’altra piega quando la ex moglie della quale sembra ancora innamorato, Anne Hathaway (che probabilmente non sapeva che fare per accettare un ruolo così fuori il suo range) che gli offre fior di dollari per uccidere il nuovo marito che è violentissimo con lei e con suo figlio, che è anche figlio del protagonista. E qui si comincia con dialoghi assurdi tra i due, scene di sesso gratuitamente violente, non certo da uomo innamorato e protettivo verso una moglie che scopre una schiena martoriata da frustate, scene dalle quali il protagonista ne esce ancora meno simpatico di come era partito. Nell’isola c’è anche un personaggio vestito di tutto punto con valigetta 24 ore che cerca di parlare con Baker. E finalmente sarà proprio lui a spiegare cosa sta succedendo su quest’isola. Cosa faccio te lo dico oppure ti lascio nel “mistero”? Che poi se si è un pochino svegli e attenti non si trova nessun mistero perché si capisce prima del finale. Facciamo così, io vado avanti con la trama, tu se vuoi fermati qui perché altrimenti ti dico troppo. Praticamente Baker (che nella realtà è davvero il padre del bambino, vive in un videogioco inventato dal figlioletto che cerca un’altra realtà in quanto non va d’accordo con il patrigno violento, e come personaggio crea un padre che dovrebbe risolvere il suo problema uccidendo il bruto e salvando lui e sua madre. Per tutto il film lo spettatore viene ingannato con false piste, lo so che se hai continuato a leggere penserai “originale!”, ma ti assicuro che di originale c’è stato The Truman Show di Peter Weir (L’attimo fuggente, Witness – Il testimone, Master & Commander) nel quale lo spettatore non veniva ingannato, ogni cosa alla fine tornava, tutti i tasselli andavano a collocarsi al posto giusto e tu ti ritrovavi a dire “Ah guarda, non ci avevo fatto caso, non me ne ero accorto, geniale…Ah ecco perché aveva detto così…). Purtroppo in Serenity – L’isola dell’inganno non troverai un grande filo logico, primo fra tutto, perché un bambino dovrebbe far avere un rapporto così travagliato tra sua madre ed il padre-eroe? E’ fuori luogo, la fantasia di un piccolo non può creare un padre che non crea empatia con lo spettatore, anzi. I personaggi dell’isola sono arredamento puro, non si capisce se sanno oppure no di essere in un gioco, quindi le risposte, gli sguardi, il non detto sono sempre assurdi e mai esplicativi. Insomma un film che parte in un modo per non arrivare molto lontano, per me interessante la versione italiana del titolo L’isola dell’inganno, l’inganno c’è ma solo per lo spettatore. Comunque sarei curiosa di sapere cosa ne pensi, magari, anzi sicuramente, mi è sfuggito qualcosa, scrivi per un confronto.