Capitolo 1: Gli sceneggiatori
Gli sceneggiatori sono la base su cui si basa l’intera struttura economica di Hollywood.
Si riuniscono in una ormai metaforica stanza denominata nel settore “writers’ room”, dove in ordine gerarchico crescente: staff writers, story editors, executive story editor, co-produttori, produttore, produttore supervisore, co-produttori esecutivi, produttore esecutivo e showrunner, si riuniscono per dare forma, durante la pre-produzione, alla serie TV.
Viene deciso il tono, la durata, la divisione in atti e tutto quello che serve prima di passare la sceneggiatura alla produzione (dove viene effettivamente registrato il tutto), successivamente alla post-produzione (montaggio) e infine alla messa in onda o distribuzione su piattaforme.
I vari passaggi non sono isolati e spesso si sovrappongono per non interrompere il ritmo di produzione o per rispettare gli impegni contrattuali degli attori.
Proprio gli attori sono da sempre affiancati dagli stessi sceneggiatori che dovranno collaborare, anche sul set, per ritagliare ogni specifica linea di dialogo sul personaggio interpretato.
Capitolo 2: WGA e streaming
Con la sigla WGA viene indicata la Writers Guild of America, ovvero il sindacato che rappresenta gli sceneggiatori e gli autori per il cinema e televisione attivi a New York, California del Sud e Hollywood.
Nel corso degli anni, la produzione di serie tv ha subito un forte cambiamento, soprattutto con l’avvento dello streaming.
Prima delle piattaforme, le produzioni seriali andavano in onda in televisione (venivano infatti chiamate “Network TV shows”) e questo modello garantiva una stagione fissa di 22 episodi da mandare in onda da settembre a maggio.
Questa produzione costante ha garantito l’ingresso nell’industria a numerosi nuovi sceneggiatori, offrendo loro non solo uno stipendio fisso competitivo (gli stipendi arrivavano settimanalmente o in corrispondenza della trasmissione dell’episodio e ammontavano a circa 15.000 dollari ad episodio), ma assicuravano anche un posto di lavoro stabile, permettendo a molti di quegli sceneggiatori di costruirsi una vita su quella base.
Arrivò poi lo streaming, che se da un lato eliminava il problema autoriale delle interruzioni pubblicitarie, dall’altro ha innescato una serie di problemi a catena.
Prima di tutto le singole stagioni iniziano ad accorciarsi, riducendo i 22 episodi dei Network TV shows ad una media di 10 episodi, riducendo quindi a loro volta il periodo di lavoro degli sceneggiatori e di ovvia conseguenza anche gli stipendi.
Oltre ad un accorciamento dei tempi di trasmissione, c’è stato un allungamento dei tempi di attesa tra le varie stagioni, infatti con serie dalla produzione gigantesca, non è inusuale dover aspettare anni prima di una nuova stagione, facendo però attendere anche gli stessi sceneggiatori per un ingaggio futuro.
Capitolo 3: Stipendi e residuals
Alex O’Keefe, sceneggiatore e autore di The Bear (Hulu) ha raccontato tramite un tweet di come, nonostante la serie avesse vinto numerosi e prestigiosi premi, la sera della premiazione dovette noleggiare il papillon in quanto instabile finanziariamente.
Lo studio che aveva commissionato la serie e per il quale stava lavorando, non gli ha nemmeno permesso di partecipare fisicamente alla writer’s room a Los Angeles (per questo prima l’ho definita “ormai metaforica”), costringendolo a lavorare da remoto, in un appartamento a Brooklyn, nel freddo inverno senza nemmeno pagarlo abbastanza per riparare il termosifone rotto.
https://twitter.com/AlexOKeefe1994/status/1647938639832449024
Uno sceneggiatore di The Handmaid’s Tale ha invece raccontato di aver lavorato come autista Uber per arrotondare lo stipendio durante l’intervallo tra la prima e la seconda stagione, permettendogli così di arrivare a fine mese anche durante il periodo di stop.
I tempi morti sono sempre stati un problema per questo tipo di lavoro, costringendo gli autori a lunghi periodi di inattività al termine di una produzione, dove impiegano il tempo per ricercare l’ingaggio futuro.
Se prima però questo accadeva ogni 40 settimane, adesso avviene ogni 8/10, e dove prima c’erano i residuals a coprire i buchi di stipendio, adesso non c’è più nulla.
Con residuals, o reddito residuale, si indica una percentuale monetaria che attori e sceneggiatori guadagnano ogni volta che gli episodi della serie a cui hanno lavorato vanno in onda, o meglio, andavano in onda.
Con lo streaming infatti, i residuals vengono praticamente azzerati, derivando dal solo accordo che lo studio produttore firma con la piattaforma streaming.
Questo significa che al posto di ricevere vari assegni durante l’anno che dipendono dal numero di messe in onda, attori e sceneggiatori ricevono un unico assegno, dal valore fisso, che non dipende dal numero di visualizzazione degli episodi.
Per mettere in prospettiva le due realtà, una serie in streaming potrebbe garantire agli sceneggiatori dei residuals pari a 400 dollari complessivi nell’arco di 3 anni, al contrario una singola ritrasmissione integrale di una serie sulla Network TV avrebbe garantito un ritorno di 24.000 dollari.
Le piattaforme in streaming hanno un controllo ancora maggiore su questa realtà dato che, non dichiarando apertamente a nessuno (nemmeno agli investitori) il numero di visualizzazioni che ottengono mensilmente, possono mettere un ulteriore muro tra l’attuale misera paga fissa e un eventuale pagamento di residuals basato sulle visite delle singole serie.
I residuals derivanti dalle riproduzioni televisive erano stati ottenuti in seguito allo strike della WGA avvenuto nel 1960.
Come se la situazione non fosse abbastanza tragica, per decisione degli studios sono state introdotte le mini rooms, ovvero stanze composte da sceneggiatori e autori che non andranno a produrre la serie, ma si limiteranno a scrivere gli script e a dettare il ritmo della serie – ovvero i passaggi più complicati della pre-produzione.
Così facendo, gli sceneggiatori ingaggiati per questo ruolo non guadagneranno la tassa di produzione, limitando il loro compenso al minimo salariale imposto legalmente (circa 11.000 dollari per settimana).
C’è da precisare che per quanto possano sembrare stipendi elevati, va considerato il costo di vita eccessivamente superiore rispetto all’Italia, e che quello stipendio viene percepito solo per 10/12 settimane, lasciando scoperto il resto dell’anno o anche peggio.
Capitolo 4: Inizia lo strike della WGA
Il 2 Maggio 2023, dopo oltre 16 anni, 11.500 autori e sceneggiatori iscritti alla WGA hanno iniziato uno sciopero, bloccando centinaia di produzioni ed immobilizzando i corrispettivi grandi studi, richiedendo contratti più onesti e compensi più equi.
Dall’altra parte dello sciopero c’è l’AMPTP, Alliance of Motion Picture and Television Producers che, rappresentando i grandi studi non sembra voler scendere a compromessi per far terminare lo sciopero.
Da loro, dopo un iniziale disinteressamento della causa, la risposta arrivata va a sottolineare che non è questo il momento giusto per effettuare uno sciopero tale, in quanto l’industria sta ancora soffrendo per i rallentamenti delle produzioni causati dalla pandemia, e che uno sciopero di tale portata andrebbe a danneggiare indefinitamente l’intero settore.
Dietro queste parole ci sono anche le più alte figure dei grandi studi che negli ultimi 5 anni hanno avuto i seguenti stipendi (Fonte: cnbc):
- David Zaslav, Warner Bros. Discovery Inc.: 498.915.318 dollari;
- Ari Emanuel, Endeavor Group Holdings Inc.: 346.935.367 dollari;
- Reed Hastings, Netflix: 209.780.532 dollari;
- Bob Iger, Walt Disney Co.: 195.092.460 dollari;
- Ted Sarandos, Netflix: 192.171.581 dollari.
Dal 1971 al 2021 la paga dei CEO di tali aziende è cresciuta mediamente del 1.460%, in contrasto con il 18.1% del lavoratore medio.
Durante la pandemia la paga dei CEO è aumentata ulteriormente del 30%, un confronto ulteriormente significativo contro l’incremento salariale del 4% dei loro stessi dipendenti.
Gathering up at Sunset & Van Ness for @sagaftra’s presser #SAGAFTRAstrong #1u #SAGAFTRAstrke pic.twitter.com/cQgep13VtR
— Writers Guild of America West (@WGAWest) July 13, 2023
L’ultima volta che la WGA andò in sciopero contro le politiche degli studi di Hollywood, era nel Novembre del 2007 e, durando 100 giorni, costò all’industria dell’intrattenimento oltre 1,5 miliardi di dollari.
All’epoca lo sciopero era stato indetto per sottolineare come la diffusione di DVD e video on-demand stavano lentamente rimpiazzando le ritrasmissioni in TV, riducendo quindi i relativi residuals.
Lo sciopero che coprì la fine del 2007 e l’inizio del 2008 fu incredibilmente di successo per gli sceneggiatori, che riuscirono a farsi garantire una percentuale sulle vendite e sullo streaming.
Le basse percentuali ricevute, adesso non sarebbero nemmeno state possibili senza il passato sciopero.
Durante la stesura di questo articolo, lo strike del 2023 presentato dalla WGA si appresta ad entrare nel suo 84esimo giorno consecutivo, e non ci sono segni di trattative da parte delle grandi case di produzione.