Il protagonista del nuovo film di Woody Allen è una faccia già nota ai fan del regista newyorkese. Molti ricorderanno di averlo visto in Manhattan, dove era l’ex marito di Diane Keaton, in Radio days e in Ombre e nebbia; si tratta di Wallace Shawn che il quotidiano spagnolo El País ha intervistato e, come abbiamo fatto altre volte, proponiamo l’intervista tradotta ai nostri lettori, stavolta con particolare piacere, anche perché, per una volta, condividiamo il punto di vista di Shawn e, beh, ci si sente meno soli.
Intanto parliamo brevemente di Rifkin’s festival che, magari, approfondiremo; una coppia nordamericana, Mort Rifkin (Shawn) e Sue (Gina Gershon) si reca al Festival Internazionale del Cinema di San Sebastián dove entrambi s’innamorano di un altro, lui della solita bella e focosa spagnola (Elena Anaya) e lei dell’altrettanto classico affascinate francese (Louis Garrel). Rifkin ha tutte le manie che si è sempre attribuito Woody Allen, petulante, ipocondriaco e poco paziente con la pedanteria postmoderna. Il resto del cast è in gran parte spagnolo, anche se troviamo il buon Christoph Waltz nel ruolo di Death.
Si tratta, dunque, di una commedia sentimentale; preferivamo il Woody Allen più dissacrante e cattivo, ma già gli stanno dando tutti addosso, lasciamo perdere e guardiamoci il trailer.
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Trailer di Rifkin’s Festival, il nuovo film di Woody Allen:
E ora veniamo al protagonista. “È la prima volta che ho accettato un copione senza leggerlo” dice “Volevo conoscere meglio Woody e, anche se non gli piace che gli parlino mentre sta girando e è allergico alle chiacchiere, credo di esserci riuscito. Non volevo deluderlo“. Ma queste sono le uniche parole che Shawn dedica al film perché ha cose più urgenti da dire.
Wallace Shawn è un ebreo newyorkese di famiglia agiata, nonostante ciò: “A 40 anni mi resi conto che la mia classe sociale era responsabile di tutto il male negli Stato Uniti. Quando avevo 20 anni, John Fitzgerald Kennedy era presidente degli Stati Uniti e credevo davvero che il mio fosse un buon paese; ero in pace con me stesso, coi miei amici e con tutto quanto aveva a che vedere con la classe media statunitense.
Ma a 40 anni mi resi conto di tutto il lato oscuro che rappresentavano gli Stati Uniti e delle ingiustizie del mondo. Capii che la mia classe sociale era responsabile della gran parte del male. Era la mia gente il nemico dell’umanità. Cambiai”. Infatti, Wallace è conosciuto per essere un attivista di sinistra radicale, per quanto si possa essere radicali negli States, e attualmente sta conducendo la campagna elettorale a favore di Biden.
“La tentazione è pensare che dovremmo rimpiazzare immediatamente il sistema capitalista con un altro“, continua “ma ecco la grande domanda: come si fa? Non è semplice. Credo che l’umanità sia troppo pericolosa per lasciargli gestire una cosa del genere. Se qualcuno mi dice: ‘Ho comprato parecchie armi e intendo usarle per cambiare il sistema che abbiamo’, beh, non mi fiderei di quella persona, anche se ne condividessi le intenzioni”.
Wallace non si limita alle dichiarazioni, oltre a essere un attore e a essere noto, soprattutto, per aver dato voce a numerosi personaggi dei cartoni animati, è autore teatrale di pièce sperimentali, provocanti e molto politicizzate: A thought in three parts includeva un’orgia in un ostello e, quando fu rappresentata a Londra, finì con una retata della narcotici; The fever è un monologo, da rappresentare nelle stanze di hotel, che contiene una critica feroce della crudele asimmetria del capitalismo.
“Non ho figli” conclude “ma so che un padre può giocare con bambini di cinque anni e fare lo scemo, essere divertente e ridicolo. Un quarto d’ora dopo, lo stesso padre può prendere decisioni politiche. Viviamo così. Questa è la mia vita“.