Sono già passati vent’anni, vent’anni da quando Vittorio Gassman ci ha lasciati. Mi vengono in mente tanti dei suoi film, film che ho visto e rivisto, film con cui sono cresciuta, film che mi hanno fatto conoscere e amare il cinema italiano, film che continuano a farmi ridere nonostante li sappia a memoria. Penso a L’armata Brancaleone del 1966 e al successivo Brancaleone alle crociate (1970), due dei tanti capolavori di Mario Monicelli; a I Mostri di Dino Risi, una sorta di serie tv prima del tempo, venti episodi che raccontano la Roma degli anni ’60; a Fantasmi a Roma (1961) di Pietrangeli, con un cast d’eccezione: Gassman, Mastroianni, Eduardo De Filippo, Buazzelli, Claudio Gora; a Il Mattatore (1960) o Il sorpasso (1962), entrambi di Dino Risi; al bellissimo La Grande guerra, che gli valse anche un David di Donatello; oppure penso a I soliti ignoti (1958) che ha sancito una vera e propria svolta nella carriera d’attore di Vittorio Gassman.
Fino ad allora, infatti, Gassman era ricercato esclusivamente per ruoli di villain o drammatici, come quello di Walter in Riso Amaro, film che lo rese celebre, o come quello di Turi ne I Fuorilegge di Vergano. D’altronde aveva il physique du rôle: altissimo, il naso aquilino, il volto severo. In un’intervista rilasciata in occasione dell’uscita de I soliti ignoti, il regista Monicelli racconta proprio della scelta di Gassman per il ruolo di Peppe, un ruolo decisamente sui generis per il Gassman attore di allora: “Ho deciso di dare un ruolo comico a Gassman perché io conoscevo Gassman al di fuori del lavoro e vedevo che era una persona molto divertente, spiritosa, piena di curiosità, capace di fare svariate imitazioni. Vedevo in lui una persona che aveva molto spirito. Siccome poi aveva delle qualità straordinarie d’attore non riuscivo a capire perché non potesse fare il comico, invece di fare sempre e soltanto grandi ruoli drammatici o di antagonista. Dovetti vincere una battaglia grossa, con i produttori, con gli stessi scrittori, che credevano che scherzassi“.
Qui sotto l’interessante commento di Monicelli ai provini di Gassman, dove racconta del lavoro dietro al personaggio di Peppe:
https://www.youtube.com/watch?v=9Mx4k_WIW8o
Solo a Monicelli poteva venire in mente che quel gigante potesse fare anche ridere. Così, da allora, Vittorio Gassman alternò ruoli drammatici e leggeri, senza dimenticare il teatro, nel quale era un maestro indiscusso.
Vittorio Gassman e il teatro
Per un approfondimento vedi: Vittorio Gassman, storie di teatro
Prima che attore cinematografico, infatti, Gassman è stato uno dei nostri maggiori interpreti teatrali. Sono memorabili le sue interpretazioni shakespeariane in coppia con Salvo Randone, due autentici mostri sacri che si alternavano nelle parti dei due protagonisti, per esempio Otello e Jago. Particolarmente famosa è la sua interpretazione di Amleto anche perché, va detto, Gassman era nato per portare in scena il malinconico principe danese. Dopo il successo al cinema Gassman trascurò un po’ il teatro, senza però mai abbandonarlo del tutto. Nel 1974 scrisse e portò in scena O cesare o nessuno del quale ho informazioni di prima mano perché mio padre riuscì a comprare un biglietto. A parte la bravura e la presenza scenica in uno spettacolo che reggeva praticamente da solo, fatta eccezione per un breve intermezzo con la figlia Paola, la cosa più impressionante era la tecnica. Allora non esistevano sofisticati impianti di diffusione del suono; i teatri avevano un’ottima acustica, ma l’attore era solo con la sua voce. Ebbene, Gassman recitava sussurrati che si sentivano distintamente anche dai loggione più lontani.
Tra le attività teatrali di Gassman vanno ricordate le sue letture, nelle quali fu maestro indiscusso. Tra le più famose ci sono certamente quelle della Divina Commedia, che mi hanno aiutato ad apprezzare molto di più i pomeriggi passati a studiare Dante.
Vittorio Gassman, nei suoi oltre cinquant’anni di carriera recitò in più di cento film, lavorò con grandi registi italiani, come i già citati Mario Monicelli, Dino Risi ed Ettore Scola, ma anche con colossi statunitensi, come Altman, Reynolds o Barry Levinson, che nel 1996 lo volle a tutti nel suo film Sleepers, in quella che sarà una delle ultime apparizioni cinematografiche del grande attore:
https://www.youtube.com/watch?v=bb7fB35sHpg
Nel 2000 ci lascerà a 77 anni per un improvviso attacco cardiaco nel sonno.
Voglio concludere con una poesia, Le montagne russe, scritta da Alessandro Gassman e dedicata al padre. Una poesia toccante, letta con la sua voce profonda che tanto somiglia a quella di Vittorio. Una poesia che in poche righe racchiude la sua essenza, una poesia che racconta il Vittorio uomo e non attore, una poesia scritta da chi l’ha conosciuto davvero ed è sempre stato al suo fianco, anche quando la maschera di Mattatore calava per lasciare il posto al vero Gassman, quello che da tanti viene ricordato come “un grande timido che si nascondeva“.
“Quando dormivo sul tuo petto
quando dormivo sul tuo petto sognavo le montagne russe.Il flusso lento e dolce del tuo respiro
sembrava un volo morbido e per me bambino era questa la misura di quell’andare su e giù.Era un sonno profondo, era un sonno sicuro,
nulla poteva accadere sdraiato su quel gigante tranquillo.Con gli anni mi ritrovai a stringerti con gli occhi da adulto
e ti ritrovai smagrito, spaventato.
Con gli sguardi ormai diversi ci ritrovammo abbracciati.E tu ora addormentato sul mio petto…
Chissà se quella volta trovasti conforto
e nel mio respiro profondo
una tregua alle tue paure”.
Vedi anche l’articolo in ricordo di Vittorio Gassman scritto dal settore amico icrewplay libri: Ricordiamo Vittorio Gassman a 20 anni dalla sua scomparsa