Ospite al Vertical Movie Festival di Roma, il regista inglese ha annunciato il suo progetto di realizzare film verticale.
Sarà un film collettivo in sette episodi, il primo dei quali sarà diretto da Greenaway assieme alla moglie Saskia Boddeke, a sua volta regista e videoartista.
All’inizio di agosto avevamo annunciato il primo Festival del Cinema Verticale,ebbene, il festival è terminato e sono stati assegnati i primi premi verticali. Miglior cortometraggio Apnea, di Corrado Ceron, miglior attore Mariano Rigillo, per Il nome che mi hai sempre dato di Giuseppe Alessio Nuzzo, che ha vinto anche il premio per la miglior fotografia.
Come già annunciato, fra gli ospiti di maggior riguardo, spiccava il regista inglese Peter Greenaway, sperimentatore per vocazione e curioso per natura.
Durante un incontro col pubblico ha spiegato il suo punto di vista: “La cultura moderna è ormai indirizzata verso l’utilizzo del cellulare e anche se alcune persone lo usano in orizzontale, la maggior parte lo utilizza in verticale; se vi guardate attorno e guardate le costruzioni di Roma, dell’Italia e dell’Europa, e se credete che il cinema sia come guardare attraverso una finestra, vi accorgerete che la maggior parte delle finestre nel mondo occidentale sono di forma verticale, non orizzontale”.
Greenaway nasce come pittore e ha una particolare predilezione per l’arte italiana: alla biennale di arte moderna di Venezia del 2015 omaggiò l’arte del nostro paese con un video proiettato al padiglione Italia dell’Arsenale:
è, dunque, particolarmente attento al lato estetico delle sue opere; i suoi film spesso sono al limite della video arte. Perciò ha accolto con entusiasmo l’idea di questo festival verticale e, sulla scia dell’entusiasmo che gli proprio, ha ideato il primo film vero e proprio girato in verticale, non perché sia originale o eccentrico, ma per una convinta presa di posizione artistica: “In migliaia di anni i pittori hanno dipinto in differenti forme e in base a questo è cambiato il contenuto, hanno deciso loro stessi la forza della loro arte e così, per quanto riguarda il cinema, sta ai giovani riuscire a far sì che il software riesca ad entrare nell’hardware e che comunque la cornice sia l’esatto contenitore di ciò che sta all’interno”.