Luke Holland è un regista inglese che si è dedicato soprattutto ai documentari. Non sapeva che i suoi nonni materni, austriaci, erano morti nei campi di sterminio nazisti, assieme ad altri sei milioni di persone. Quando l’ha scoperto ha iniziato la sua opera più imponente, Final Account: 300 interviste registrate in dieci anni. Con una tenacia da terzino sinistro ha rintracciato i superstiti (perché loro, al contrario delle loro vittime, sono sopravvissuti), testimoni dello sterminio, nazisti o semplicemente spettatori del crimine, e gli ha presentato il conto facendo a tutti la stessa domanda:
“Ti senti colpevole?”
Gli intervistati sono ormai tutti ultraottantenni, fragili, cadenti, farebbero pena se quello che raccontano e le immagini d’epoca non relegassero la compassione all’ultimo dei pensieri concepibili.
La prima cosa che viene alla mente è il processo a Eichmann
e, soprattutto, La banalità del male, il libro di Hannah Arendt che fece montare su tutte le furie gli stessi ebrei, che avrebbero preferito che la filosofa descrivesse un mostro, anziché un omino qualsiasi che è morto senza capire perché ce l’avessero tanto con lui, che aveva solo eseguito gli ordini che gli erano stati impartiti. Il che, di fatto, è enormemente più mostruoso che essere un pazzo sanguinario; ma questo significa che tutti possiamo diventare colpevoli ed è dura da accettare. Un processo che Margarethe Von Trotta ha reso splendidamente nel suo film Hannah Arendt, del 2012
Inutile dire anche che il modo migliore per capire questo documentario è vederlo; la scena che sicuramente colpirà più delle altre è quella girata nella villa di Wannsee alla periferia di Berlino, dove il 20 gennaio 1942 fu decisa la Soluzione Finale, dove Holland fa incontrare un reduce di quella conferenza con i giovani neonazisti tedeschi.
Unanimamente il documentario è stato definito un capolavoro assoluto. Se il nostro fosse un mondo decente, il documentario dovrebbe essere diffuso con ogni mezzo possibile perché non venga persa a nessun costo la memoria di fatti così atroci, ma chissà se riusciremo a vederlo.