Fuori concorso a Venezia il documentario Citizen K, di Alex Gibney: un docufilm che nasce dopo una serie di lunghe interviste con Michail Chodorkovskij, il miliardario russo ostile a Putin
Il cosiddetto Far West Russo corrisponde all’apertura della Russia al capitalismo, negli anni ’90. In quel decennio, quando Mosca diventò la capitale con più omicidi al mondo, gangster e impresari ancora peggiori dei primi, se possibile, spadroneggiavano, mentre lo Stato era letteralmente in ginocchio. Mentre il presidente Boris Eltsin era sommerso dagli scandali e dai processi, sette oligarchi ne approfittarono per impadronirsi della metà della ricchezza nazionale. Quello con meno scrupoli e che, quindi, fece più soldi era Michail Borisovič Chodorkovskij. La cosa curiosa è che questo pescecane con quattro dita di pelo sullo stomaco oggi è visto come un simbolo di libertà: Chodorkovskij si è scontrato duramente con Putin, che neanche lui è uno stinco di santo, è stato accusato, non si sa se giustamente o meno, di omicidio, è stato incarcerato per otto anni, nel 2013 approfittò dello stesso indulto che liberò una delle Pussy Riot, adesso è in esilio volontario ed è visto come il maggior avversario di Vladimir Putin.
Dice Alex Gibney: “Mi sono avvicinato a lui con un certo scetticismo, poiché era diventato l’uomo più ricco della Russia durante i selvaggi anno ’90“. Gibney lo ha intervistato per più di venti ore, ha cominciato ad apprezzare la sua intelligenza e il suo humor nero e ha dato il via alla memoria, sia pur selettiva, di Chodorkovskij che mescola ambiguità, personaggi sinistri, analisi politiche, storie, tragedie di un paese come la Russia di cui, in realtà, poco si sa. Chodorkovskij fu accusato di evasione fiscale e anche di aver incaricato l’omicidio di Vladimir Petuchov, sindaco di Nefteyugansk, sede siberiana della maggiore filiale della sua compagnia petrolifera, la Yukos. Poi, in un incontro televisivo fra vari impresari e Putin, accusò, senza mezzi termini, le cariche più alte del governo di corruzione. Putin lo rimbeccò ricordandogli i suoi problemi col fisco e il modo disinvolto col quale aveva accumulato il suo denaro. Da quel momento iniziarono le sue disgrazie. Secondo Gibney, l’esperienza del carcere ha molto cambiato Michail Chodorkovskij : “Chodorkovskij è uscito di prigione con un’accesa passione per una Russia più democratica e libera. Così un oligarca è diventato un dissidente in esilio“. Può essere.
Non stravedo per Putin che, oltre a reprimere duramente e immotivatamente i suoi oppositori, ha in giro affari loschi con Trump e con Salvini e, tanto per colmare la misura, è amico intimo di Berlusconi. Però è vero che poco so, se non quello che dicono gli interessati giornali europei, di lui che, tutto sommato, ha stravinto le ultime elezioni col 74% dei voti, quindi più di 56 milioni di elettori gli hanno confermato la fiducia, e un’affluenza del 67,5 %, che non è pochissimo, se si considera che alle presidenziali USA, di regola, si supera appena il 50%. Ma la cosa che mi piace di meno è che si faccia araldo della libertà e della democrazia uno che si tiene stretti i suoi milioni di rubli, guadagnati come li ha guadagnati. Mah, il nostro è un mondo strano.