Un Mondo a Parte; Regia: Riccardo Milani; Soggetto e Sceneggiatura: Michele Astori e Riccardo Milani; Fotografia: Saverio Guarna; Montaggio: Patrizia Ceresani e Francesco Renda; Scenografia: Marta Maffucci; Costumi: Alberto Moretti; Cast: Antonio Albanese, Virginia Raffaele, Alessandra Barbonetti, Sergio Meogrossi, Corrado Oddi e “personaggi di Pescasseroli”; Produttori esecutivi: Saverio Guarascio, Mandella Quilici, Gianluca Mizzi, Ludovica Rapisarda; Prodotto da: Mario Gianani e Lorenzo Gangarossa per Wilside, società del gruppo Fremantle in associazione con Medusa Film; Distribuzione: Medusa Film; Durata: 112 minuti.
Riccardo Milani, dopo i più recenti Io, noi e Gaber e Grazie ragazzi, torna con una commedia dai risvolti sociali che vuole trattare temi intramontabili, con un’amara, e allo stesso tempo dolce, ironia. Ha trascorso anni nei piccoli centri montani d’Abruzzo, avendo la possibilità di conoscere e mettere a nudo nel suo film, comunità, scuole e abitanti rassegnati alla migrazione dei giovani e alla decadenza dei luoghi rurali e montani.
Ad accompagnare Milani in questo mondo a parte, Antonio Albanese e Virginia Raffaele, insieme a un cast di gente del luogo, non professionisti, che arricchisce la commedia. In uscita il 28 marzo in più di 500 sale italiane.
Un Mondo a Parte, la sinossi
Per il maestro elementare Michele Cortese (Antonio Albanese) sembra aprirsi una nuova vita. Dopo 40 anni di insegnamento nella giungla romana, riesce a farsi assegnare all’Istituto Cesidio Gentile detto Jurico: una scuola composta da un’unica pluriclasse, con bambini dai 7 ai 10 anni, nel cuore del Parco Nazionale d’Abruzzo dal nome di finzione Rupe (Opi).
Grazie all’aiuto della vicepreside Agnese (Virginia Raffaele) e dei bambini, supera la sua inadeguatezza metropolitana e diventa uno di loro. Quando tutto sembra andare per il meglio però, arriva la notizia che la scuola, per mancanza di iscrizioni, a giugno chiuderà. Inizia così una corsa contro il tempo per evitarne la chiusura in qualsiasi modo.
Il film racconta la battaglia dei due insegnanti che, ribellandosi a decisioni prese dall’alto, organizzano una vera e propria resistenza umana e culturale di tutta la comunità per salvare le lezioni. Una soluzione collettiva, creativa e possibile da prendere come esempio contro l’atteggiamento di chi si adatta a subire senza provare a fare qualcosa.
Come gli suggeriscono gli abitanti del luogo, Michele Cortese non deve fare altro che “acconciarsi“, adeguarsi al modo di vivere perché “Non siamo nel mondo dei sogni, ma in Un mondo a parte“, si sente dire da Agnese: in un luogo in cui le riunioni con le mamme degli alunni si tengono in una stalla; in cui si è disponibili h24 non solo per i bambini ma anche per tutti gli altri familiari; in un luogo in cui è strano chi vuole restare, come è strano il maestro che si è fatto trasferire spontaneamente.
“Penso che negli ultimi tempi il senso civico e il senso della comunità in ognuno di noi sia stato spesso calpestato e messo da parte, ma anche mantenuto vivo e che, alla prima occasione, riesca a venir fuori. La gente ha necessità di giustizia in cui riconoscersi e bisogno di trovare un piccolo riscatto provando a fare qualcosa piuttosto che abbassare sempre la testa e abituarsi al peggio accettandolo senza reagire” ha detto Riccardo Milani.
La recensione
Il film ricorda un Benvenuti al Sud, per l’alienazione del protagonista – che indossa i mocassini sulla neve – nel trovarsi in un luogo sconosciuto in cui gli abitanti parlano prevalentemente in dialetto. Sarebbe meglio dire Benvenuti al centro!
Nello specifico, sulla lente d’ingrandimento vi sono le modeste realtà rurali e montane dell’entroterra in via allo spopolamento, ma qui piuttosto che una critica nei confronti dell’arretratezza di queste, è chiara la valorizzazione dei piccoli centri e quanto l’istruzione pubblica costruisca le basi della comunità e del futuro di essa. Non solo, è forte il tema della fuga di cervelli: in questo caso si pone al centro dell’attenzione il conflitto tra aprirsi alla modernità, con ritmi e sfide ben diverse, e rimanere ancorati alle proprie radici, puntando però, non all’immobilità, ma a far crescere il proprio territorio e trarre vantaggio dalle opportunità spesso trascurate.
Su questo tema, la splendida citazione da parte del maestro Michele dell’antropologo Vito Teti sul concetto di restanza: “Al diritto a migrare corrisponde il diritto a restare, edificando un altro senso dei luoghi e di se stessi. Il sentirsi ancorati e insieme spaesati in un luogo da proteggere e nel contempo da rigenerare radicalmente. Partire e restare sono i due poli della storia dell’umanità“.
Antonio Albanese, come il suo Michele, sa acconciarsi bene nel ruolo, che si tratti di un personaggio strambo, serioso o a metà tra le due versioni, come spesso si è prestato camaleonticamente sul grande schermo. Virginia Raffaele fa una bella figura da co-protagonista, calandosi nella parte convincente di un’abruzzese doc, con ideali grandi ma che riesce a mettere in pratica.
La scelta del cast per la maggioranza autoctono e di attori non professionisti, strizza l’occhio al neorealismo de La terra trema e di Ladri di biciclette. A prescindere da ciò, non ho notato stonature profonde nella recitazione, anzi mi è sembrata funzionale alla trama, alla veridicità della vicenda e al modo di vivere che si è cercato di raccontare con molta precisione. Anche dei bambini è da apprezzare la spontaneità, giusti nei tempi e nelle espressioni.
Nota positiva anche sul fronte della fotografia, soprattutto per quanto riguarda i campi lunghissimi funzionali al racconto, per scandire il giorno e la notte, e ricchi di carica emotiva che mostrano il paesaggio abruzzese innevato, la flora e la fauna, oltre che gli animali tipici del luogo.
Scegliere di raccontare dei temi più o meno drammatici attraverso una chiave di lettura comica e con atteggiamento ironico, a parer mio aiuta ad affrontare meglio la realtà e far aprire gli occhi. Un Mondo a Parte nella sua semplicità, riesce a divertire con spensieratezza e con amarezza, e ci riserva anche delle scene emozionanti.
“Il mio tentativo è quello di poter dire delle cose attraverso dei film che a volte sono divertenti, toccanti, emotivi e cercano di essere commoventi, film in cui la gente si possa riconoscere condividendone le finalità e l’approccio.” posso dire che il tentativo di Milani è stato raggiunto, senza troppe pretese.
Non vi sono particolari colonne sonore indimenticabili, fatta eccezione per l’omaggio finale a Ivan Graziani che lascia una dolce sensazione addosso, ricca di speranza e amore.
Nel complesso, il film funziona e arriva allo spettatore senza troppi giri di parole. Forse vi sono linee narrative di troppo, inserite con il fine esplicito di sensibilizzare il pubblico sui temi sociali più rilevanti e attuali del nostro paese; probabilmente è ancora necessario indottrinare e lasciare questo tipo di messaggi studiati, attraverso lo strumento del cinema.