Tiny Pretty Things racconta la danza nuda e cruda. Luci e ombre, trionfi e scheletri nell’armadio, sorrisi e lacrime. Lo fa servendosi di una trama misteriosa che prende il via da un tentato omicidio e si snoda attraverso sospetti e mezze verità.
La serie non ha riscosso successo a sufficienza e questo è probabilmente dovuto ad una struttura piuttosto banale, vista e rivista che diventa interessante soltanto man mano che gli episodi approfondiscono la narrazione dei protagonisti.
Ho notato, in effetti, che niente e nessuno è come sembra apparire dal primo episodio, probabilmente un segnale per suggerire che l’apparenza inganna e che quello che succede dietro il sipario ci è del tutto ignoto.
In Tiny Pretty Things emerge un approccio innovativo alle tipiche problematiche adolescenziali e c’è una lodevole attenzione alle precise caratteristiche personali e caratteriali di ciascun personaggio e questo è davvero un particolare che ho apprezzato. Viene, ad esempio, affrontato il problema della forma fisica e degli inarrivabili standard imposti agli studenti, ma anziché utilizzare il tipico e scontato personaggio femminile con disturbi alimentari, a soffrire di questa grave patologia è un giovane uomo.
Anche i rapporti sono intriganti e particolari in Tiny Pretty Things, perché il coinvolgimento sentimentale viaggia sui binari dell’onestà e della brutalità. La serie non risparmia scene piuttosto esplicite di nudo e di sesso, ma senza mai scadere nello squallore, né nella volgarità. Ce n’è per tutti i gusti: amore non corrisposto, legami inappropriati, rapporti conditi da tanti sensi di colpa, e così via al punto che le relazioni finiscono con l’essere piuttosto confuse e superficiali, cosa che forse tradisce una “frettolosità” narrativa o una mera esigenza riempitiva delle varie dinamiche sociali che si svolgono tra i membri dell’accademia.
Combattuti tra il bene ed il male, questi giovani artisti cercano il loro posto nel mondo e proprio chi dovrebbe guidarli, ispirarli, proteggerli e prendersene cura, finisce col rappresentare il peggior esempio possibile, se non addirittura una seria minaccia alla loro stessa incolumità.
Le coreografie rappresentate dai talentuosi interpreti di Tiny Pretty Things sono straordinarie ed incantano, gli attori sono tutti ballerini e devo dire che, nonostante non abbia un ruolo da protagonista, l’attore che interpreta Shane (Brennan Clost) spicca su tutti gli altri sia per intensità interpretativa, sia per l’indiscutibile bravura.
Tiny Pretty Things è tratta dall’omonimo libro libro di Sona Charaipotra e Dhonielle Clayton ed è composta da dieci episodi che si svolgono nella prestigiosa Archer School of Ballet di Chicago la cui punta di diamante, Cassie (Anna Maiche) precipita nel vuoto per quello che sembra essere stato uno sfortunato incidente. In seguito a questo evento, si libera un posto nella scuola e Neveah (Kylie Jefferson) un’aspirante ballerina che precedentemente era stata rifiutata, viene “ripescata”.
Il finale della serie è in parte prevedibile e in parte sorprendente, ma non delude lo spettatore che, conclusa la visione della prima stagione, non potrà che aspettarsene una seconda. La stessa Anna Maiche, interprete di Cassie, ha dichiarato:
La storia merita una seconda stagione perché ci sono dei punti che meritano ancora di essere approfonditi.