The Umbrella Accademy è diventata già una delle mie serie tv preferite: viaggi nel tempo, superpoteri e altre sorprese ci attendono su Netflix dal 15 febbraio
Dopo Polar, la piattaforma streaming statunitense attinge nuovamente al materiale fumettistico della Dark Horse Comics: Steve Blackman adatta per la tv la serie a fumetti The Umbrella Accademy, con l’aiuto della sceneggiatura di Jeremy Slater (Death Note: Il quaderno della morte). Gerard Way, cantante del gruppo musicale statunitense My Chemical Romance, ha creato questa famiglia di supereroi nel 2007, i cui disegni sono stati realizzati da Gabriel Bà. La casa editrice che l’ha pubblicato risulta una delle più importanti in patria, dopo i giganti Marvel e DC Comics, e tra i suoi titoli vanta Sin City di Frank Miller e Hellboy di Mike Mignola oltre alla pubblicazione sotto licenza di King Kong, Buffy l’ammazzavampiri, Alien, Conan il barbaro e Gli Incredibili; nel 1992 anch’essa ha fondato la sua compagnia cinematografica sotto il nome di Dark Horse Entertainment, il cui primo successo è stato The Mask – Da zero a mito, con attore protagonista Jim Carrey. Collaborando con Universal Cable Productions, ha prodotto la trasposizione del fumetto che in Italia è stato pubblicato prima nel 2009, grazie a Magic Press, e poi dal luglio 2017 da Bao Publishing.
Nel 1989 nascono 43 bambini, nonostante le loro madri non fossero ancora incinte; Sir Reginald Hargreeves, eccentrico miliardario col volto di Colm Feore (Laufey in Thor), cerca di adottarne il più possibile: 7 ragazzi con abilità straordinarie sono presi sotto la sua ala protettiva nell’Umbrella Accademy per diventare una famiglia fuori dal comune, ma soprattutto cresciuti allo scopo di salvare il mondo. Sin da ragazzini sventano i crimini come una squadra di supereroi, tranne Vanya, interpretata da Ellen Page (Juno, Inception, X-Men), considerata ordinaria e costretta ad assistere ai successi dei suoi fratelli adottivi. Col tempo le loro strade si dividono e, se la morte del padre non li ha pienamente riuniti, ci penserà l’arrivo dell’imminente Apocalisse e di due strani assassini che li perseguitano.
Per analizzare meglio l’opera, potrei svelarti alcuni SPOILER, avendo visto The Umbrella Accademy in anteprima. La serie tv si presenta come un countdown verso la tragica fine di tutto ciò che conosciamo, spiegata ai fratelli da chi l’ha vissuta: Numero 5 (Aidan Gallagher), capace di spostarsi di poco avanti nel tempo, da bambino, disobbedendo al ricco scienziato, è andato troppo oltre, bloccandosi in un futuro in cui erano morti tutti; con la sola compagnia di Dolores, un manichino trovato in un magazzino abbandonato, il vecchio con l’anima di un ragazzino studia un metodo per tornare indietro finché non viene notato e reclutato da The Handler (Kate Walsh). Questa donna comanda La Commissione, organizzazione che si occupa di far scorrere la storia secondo il suo regolare corso, e rende Numero 5 un agente perfetto, pronto a uccidere per evitare le anomalie temporali; l’accordo prevedeva che avrebbe fatto ritorno a casa in cambio del servizio per cinque anni, ma, ricavata la giusta equazione, torna ad avvertire la sua famiglia dell’imminente fine per trovare una soluzione. Tramutatosi nuovamente in un bambino durante il passaggio temporale, è ricercato dai suoi ex colleghi; pronto a tutto per salvare il mondo e scoprire i misteri che hanno portato all’Apocalisse, la sua dipendenza secondo Klaus (Robert Sheehan), si rende strano e lunatico inizialmente agli occhi degli altri.
Per preparare la sua squadra alle missioni, Sir Hargreeves è stato cinico, scrupoloso e severo nei confronti dei suoi bambini che, da adulti, non avranno un ottimo ricordo di lui; non erano solo dei bambini, ma la loro missione consisteva nella salvezza del mondo e sarebbe stato necessario un grave evento per riunirli. Assegnò loro solo dei numeri, neanche dei nomi, inventati, invece, da Grace, che da androide-domestica sarà apprezzata quale loro madre. Pogo (Adam Godley), il maggiordomo-scimmia è l’unico a conoscere i segreti del genitore adottivo e perciò mostrerà un rapporto più distaccato rispetto alla madre. Ogni membro dell’Umbrella Accademy possiede un superpotere: il Numero Uno è Luther (Tom Hopper) alias Spaceboy, un grosso omone dotato di super forza, mentre, il Numero Due, Diego (David Castañeda) è abile nel lanciare coltelli, curvando la loro traiettoria per colpire il bersaglio desiderato; il Numero Tre, Allison (Emmy Raver-Lampman), con la sua voce può costringere le persone a compiere il suo volere e il potere del Numero Quattro, Klaus, di mettersi in contatto con i morti si rivelerà più utile di quanto sembra; del Numero Cinque, che si chiama proprio così, già vi abbiamo parlato, mentre il Numero Sei, Ben, è dovuto soccombere proprio per i mostri che ospitava sotto la sua pelle, ma non per questo non ci accompagnerà nel corso degli episodi.
Il Numero Sette, Vanya, non manifesta alcun potere e non apparterrà alla squadra durante le missioni. Purtroppo non è vero che lei è ordinaria, bensì gli è stato trapiantata questa convinzione per proteggerla, insieme alle pillole che doveva prendere ogni giorno per non sbalzare d’umore: se fosse accaduto, il suo potere sarebbe venuto alla luce in modo devastante. La ragazza è cresciuta sentendosi esclusa dalla sua famiglia, ordinaria tra persone straordinarie, e non ha potuto far altro che raccontarlo in un’autobiografia, in cui non ha mancato nessun dettaglio, trovando l’odio dei suoi cari. Adora suonare il violino e impartisce anche lezioni private; un suo allievo, Leonard Peabody (John Magaro) sarà la prima persona a farla sentire speciale. La sua felicità sarà attenuata dalle preoccupazioni della sorella Allison, che si riveleranno fondate al seguito di accurate ricerche. Leonard si rivelerà Harold Jenkins, detenuto per 12 anni dopo l’omicidio del padre: la dinamica dell’accaduto lo rende un villain netflixiano, alla stregua del Kingpin di Daredevil, finendo l’odiato padre a colpi di martello in testa proprio come quest’ultimo. Credendo nel potenziale di Vanya, cerca invano di farle controllare i propri poteri. La splendida Ellen Page, che già era stata una mutante, Kitty Pryde in X-Men – Conflitto finale e in X-Men – Giorni di un futuro passato, in questo caso assomiglia di più alla Forza Fenice: devastante, incontrollabile e superiore a ogni altro superumano. D’altronde, se nei titoli iniziali è segnata come protagonista, non è solo per la sua fama.
L’interpretazione di Robert Sheehan come Klaus mi ha fatto rabbrividire: un personaggio con tante dipendenze, ma che si fa forza per smettere in modo tale da usare il suo potere al meglio e aiutare gli altri; mettersi in contatto con l’aldilà può sembrare banale, ma può rivelarsi anche una fortuna dal momento in cui può rivedere le persone che ama. Tra Allison e Luther non scorre un semplice legame fraterno, ma qualcosa di più, anche dopo il matrimonio della sorella e la nascita di sua figlia Claire. A differenza dei fumetti, Sir Reginald non è mai presentato come Il Monocolo, un alieno venuto sulla Terra, ma il riferimento è ristretto all’oggetto che indossa. Anche i personaggi minori sono ben delineati e acquistano maggior spessore grazie ai grandi dialoghi della sceneggiatura.
In alcune puntate, l’azione è ridotta a pochi minuti, magari nel finale, ma l’interesse e la curiosità di scoprire come finirà il mondo ci lasciano attaccati allo schermo. La colonna sonora accompagna meravigliosamente le scene di maggior impatto emotivo e sfoggia magnifici brani come Don’t stop me now dei Queen e Dancing in the moonlight dei Toploader.