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Lettura: The Shrouds, recensione del nuovo film di David Cronenberg
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The Shrouds, recensione del nuovo film di David Cronenberg

L'ultima fatica del regista canadese in uscita il 3 aprile è un'opera personale sull'impossibilità di elaborare il lutto

Matteo Dilaghi 2 mesi fa Commenta! 6
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The Shrouds di Cronenberg
7.5
The Shrouds - Segreti Sepolti

In The Shrouds l’imprenditore Karsh (Vincent Cassel), rimasto vedovo, sviluppa una tecnologia che grazie a dei particolari sudari permette di osservare i defunti decomporsi all’interno delle loro bare. Una notte le tombe nel cimitero di proprietà di Karsh vengono vandalizzate, e il protagonista cerca di orientarsi all’interno di una situazione sempre più complessa.

Contenuti
I temi di The ShroudsUn film personaleUn’opera misteriosa come la morte (e la vita)

I temi di The Shrouds

Cronenberg affronta il tema dell’elaborazione del lutto a suo modo, in una società capitalista che galleggia nell’incertezza tra aspirazioni di ricchi magnati, cospirazioni e teorie del complotto su hacker russi, équipe mediche e una tecnologia sempre più onnipresente e onnisciente. Nel mondo rappresentato in The Shrouds – Segreti Sepolti sentirsi al sicuro è impossibile, mentre le pulsioni di vita e di morte si intersecano e si confondono tra loro.

The shrouds

Il protagonista affronta il dolore causato dalla perdita del corpo dell’amata. Non spende parole sui momenti passati insieme o su qualità della donna che non facciano riferimento alla sfera fisica. La morte in questo film corrisponde al corpo che sfugge dalla disponibilità del partner, non a caso anche il divorzio viene descritto come una piccola dipartita. I tentativi di Karsh di “riappropriarsene” non si esauriscono al controllo visivo del cadavere, nell’atto del guardare, ma si riflettono anche nel rapporto con la sorella della moglie (Diane Kruger, in un doppio ruolo) e in quello con la sua assistente personale, un’IA che si presenta come un avatar animato dotato delle fattezze e della voce della consorte defunta.

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Crimes of the Future, il lungometraggio con cui David Cronenberg ha fatto il suo ritorno nel 2022, fu bollato in fretta da critici e appassionati come il “film-testamento” del maestro canadese, non sapendo che sin dalla presentazione a Cannes il regista stava già pensando alla realizzazione di questa storia, nata dall’esigenza di fare i conti con la morte della moglie, sopraggiunta nel 2017. The Shrouds condivide con il film precedente alcuni difetti, come un impianto teorico che prevale sul resto o alcuni dialoghi eccessivamente meccanici, ma va verso una direzione più originale e stratificata pur conservando in modo evidente tutti i marchi di fabbrica del regista.

The shrouds

Un film personale

“Ti sei fatto una carriera con i corpi”, viene detto nel corso del film al protagonista, che come Cronenberg non crede nell’aldilà. Mostrare in modo ossessivo e morboso corpi mutilati o in via di trasformazione d’altronde è la cifra del cinema del regista canadese. Corpi che vengono mostrati attraverso uno schermo, come nell’invenzione di Karsh destinata ai parenti dei defunti, spettatori in lutto. Il parallelismo tra il protagonista e il lavoro di Cronenberg non si esaurisce nella premessa voyeuristica: la pettinatura e il vestiario del personaggio interpretato da Vincent Cassel ricordano quelli del regista di Videodrome e La Mosca.

Cronenberg ha raccontato, nella conferenza a cui si è collegato da remoto dopo la proiezione del film per la stampa, come The Shrouds sia nato come un’opera personale: un tentativo, a suo dire fallito, di elaborare il proprio lutto, ma che ha smesso di essere catartico quando è entrata in gioco la finzione.

Il regista ha spiegato di dar vita a ogni sua opera considerandola un universo a sé, senza pensare alla propria filmografia o allo stato generale del cinema, eppure l’urgenza che l’ha spinto verso questa storia può averlo portato a sviluppare inconsciamente una riflessione sul suo ruolo da padre putativo del body horror, filone che negli ultimi anni sta tornando molto in voga, ma declinato da un punto di vista femminile e femminista – come nei casi di The Substance e Titane.

The shrouds cronenberg
David cronenberg durante un momento della conferenza stampa.

Un’opera misteriosa come la morte (e la vita)

Il film ha un ritmo compassato, ingessato, proprio come se fosse un cadavere in putrefazione, un oggetto immobile e misterioso quanto la morte stessa. È difficile tracciare il confine tra la volontà di confezionare un film asfissiante e la fisiologica mancanza di energia dovuta alla modesta produzione e all’età del cineasta di culto. Eppure The Shrouds è un’opera che sembra essere consapevole dell’assurdità della propria premessa e che per questo non rinuncia a generare momenti umoristici stranianti o dark.

Nonostante ciò, per tutto il film si respira un’aria funebre, e se davvero The Shrouds dovesse rivelarsi l’ultima fatica di Cronenberg, la sua filmografia si chiuderebbe con un finale appropriato, intriso di un destabilizzante e pertinente senso di incertezza, che poteva risultare ancora più potente se nella seconda parte il film avesse puntato ancora di più sullo spaesamento del protagonista recandosi in territori da neo-noir.

Il film riesce comunque a trasporre sullo schermo la frustrazione data dall’impossibilità di trovare un senso alla realtà e alla fine di essa, e i fan del regista difficilmente resteranno delusi.

The Shrouds – Segreti Sepolti arriva nelle sale italiane dal 3 aprile, distribuito da Europictures, dopo essere stato presentato all’ultimo Festival di Cannes e al Film Festival di Busto Arsizio.

The Shrouds di Cronenberg
The Shrouds - Segreti Sepolti
7.5
Good Stuff Un film affascinante e coerente con la poetica dell'autore Cast convincente Buona dose di auto-consapevolezza
Bad Stuff Il ritmo, volutamente compassato, non sempre è gestito al meglio Il potenziale della seconda parte non viene sfruttato al massimo Scrittura dei dialoghi talvolta troppo meccanica
Summary
Cronenberg dà vita a un film personale e stratificato in cui non tutto funziona, ma che riesce a convincere e a turbare come alcune delle sue grandi opere del passato.
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