The End Of F***ing World tornerà con una seconda stagione! Ripercorriamo la storia in attesa della prossima carrellata di episodi
La serie britannica basata sull’omonimo fumetto di Charles Forsman, ideata e diretta da Jonathan Entwistle in collaborazione con Lucy Tcherniak, ha brillato nell’universo delle serie TV grazie alla sua capacità di interessare e sorprendere. Si compone di 8 episodi, ciascuno della durata di circa 20 minuti. Proprio come nel fumetto, ogni episodio alterna i punti di vista dei protagonisti. Era stata concepita per essere sviluppata in un’unica stagione, nonché in modo tale da risultare una narrazione continua simile ad un lungometraggio, pertanto è stata una piacevole sorpresa apprendere che tornerà con una seconda stagione. In Inghilterra è andata in onda su Channel 4 a partire dal 24 ottobre 2017, mentre dal 5 gennaio 2018, è disponibile su Netflix.
I due protagonisti, Alyssa (Jessica Barden) e James (Alex Lawther), sono adolescenti disadattati e sociopatici, entrambi in maniera molto diversa. Si avvicinano l’uno all’altra con intenzioni diametralmente opposte e decisamente inquietanti: Alyssa pensa di potersi innamorare di James e spera che la aiuti a scampare al patrigno, un molestatore viscido e violento e a congiungersi con il suo vero padre; James invece, convinto di essere uno psicopatico irrecuperabile, avvicina Alyssa fingendo di innamorarsene, con l’intenzione di renderla vittima del suo progetto: provare ad uccidere qualcuno. Fuggono insieme per realizzare i propri intenti, ma nel corso dell’avventura rivedranno le rispettive priorità ed l’idea che si sono fatti dell’amore.
I fan di Black Mirror, avranno riconosciuto Alex Lawther nell’episodio Shut Up and Dance, mentre nel film The Imitation Game non vi sarà sfuggito la sua interpretazione di Alan Turing da giovane. Jessica Barden (che nonostante le apparenze ha ben 26 anni) ha recitato in The Lobster di Yorgos Lanthimos e in Penny Dreadful, nel ruolo della prostituta Justine. Entrambi regalano una interpretazione memorabile e non semplice data la sostanziale tristezza del contesto, si fanno odiare e amare allo stesso tempo, generando una forte empatia che rende difficile discuterne le scelte.
Splendida la colonna sonora composta da Graham Coxon (per chi non lo sapesse, cantautore e chitarrista dei Blur), con pezzi destabilizzanti e in grado di esprimere tanto la drammaticità di alcuni momenti, quanto l’ironia di altri e di rendere perfettamente le atmosfere noir della serie. Tra i brani segnalo: We might be dead by tomorrow (Soko), Funnel Of Love (Wanda Jackson), Superboy and Supergirl (Tullycraft) e The End of the World (Julie London).
Molteplici le citazioni cinematografiche come nell’episodio 3 in cui i due protagonisti rendono omaggio a Quentin Tarantino improvvisando una danza. Jessica ha rivelato che la scena è stata girata in un’ora e mezza e ha richiesto un solo ciak. Dunque non v’è dubbio che Tarantino sia stato grande fonte d’ispirazione per Entwistle che ha citato anche Una vita al massimo di cui Quentin ha scritto la sceneggiatura.
La decisione di dare una continuazione alla serie nasce evidentemente dal grande successo riscosso. In merito, Jonathan Entwistle ha dichiarato: ‘Ogni giorni ricevo un sacco di messaggi in cui mi chiedono cosa succederà nella seconda stagione. O se ho un’idea per la seconda stagione. È una cosa costante, ma c’è anche la voce di chi invece mi dice “Non puoi fare una seconda stagione, per questo, questo e questo motivo”. Sono tutte conversazioni valide. Credo che la domanda cruciale sia un’altra: senza il fumetto a coprirci le spalle come possiamo essere certi di realizzare una buona seconda stagione?…Per me, il punto fondamentale sono James e Alyssa, e credo che lo sia anche per le persone che guardano la serie. Penso che la seconda stagione dovrebbe parlare di questo‘. E’ certo che ritroveremo quasi tutti i personaggi del cast originale, ma relativamente alla trama, mentre nel fumetto il finale non lascia spazio a dubbi, il finale della prima stagione lascia in sospeso molti scenari. Ciononostante nell’elaborare un futuro per i nostri fuggitivi, si rischia di rovinare il brillante equilibrio di cui è pregna la storia.