Richard Eyre dirige The Children Act – Il verdetto, opera figlia dello scrittore e sceneggiatore britannico Ian McEwan
Il soggetto della pellicola in questione è, infatti, stato ideato dello stesso McEwan, che nel 2014 scrisse La ballata di Adam Henry, da cui è fedelmente ripreso il plot.
Il giudice Fiona Maye (Emma Thompson) si trova alle prese con il caso di Adam Henry (Fionn Whitehead), ragazzo malato terminale di leucemia. Adam necessiterebbe di un’urgente trasfusione di sangue, ma si mostra riottoso a causa delle convinzioni religiose della sua famiglia di Testimoni di Geova. A questo punto il giudice, già alle prese con un matrimonio anch’esso in fin di vita, si trova davanti a complicate scelte, che coinvolgeranno l’interpretazione del Children Act, da cui il titolo del film.
La riflessione ricade sul diritto alla vita, di cui sono pregne le carte costituzionali e sulla libertà di religione, discendente della più ampia libertà di pensiero.
Si tratta di un bilanciamento non facile che ha impegnato luminari dell’etica giuridica e della filosofia del diritto.
Martha Nussbaum parlava di capabilities umane per indicare gli elementi in grado di istituire parametri della dignità umana. La professoressa newyorkese ha indicato la “soglia minimale” per descrivere tale limite “oggettivo” di diritti. Tra questi figurano la vita e la salute. L’impegno sociale ed istituzionale e, quindi, lato sensu giuridico, sarebbe proprio quello di proteggere tali minimi affinché sia garantito il benessere di ciascun individuo.
La Nussbaum, nota fan del multiculturalismo, non stigmatizzerebbe usanze o dogmi di alcun culto, men che meno quelle dei Testimoni di Geova, sempre, però, purché non vengano infranti certi limiti; e ho come l’impressione che McEwan, con questa pellicola, sia della stessa brillante idea.