Talk to Me; Regia: Danny e Michael Philippou; sceneggiatura: Danny e Michael Philippou su un soggetto di Daley Pearson; musiche: Cornel Wilczek; scenografia: Bethany Ryan; costumi: Anna Cahill; trucco: Rebecca Buratto; fotografia: Aaron McLisky; montaggio: Geoff Lamb; cast: Sophie Wilde, Alexandra Jensen, Joe Bird, Otis Dhanji, Miranda Otto, Zoe Terakes, Chris Alosio, Marcus Johnson, Alexandria Steffensen; Compagnia di produzione: Screen Australia, South Australian Film Corporation, Adelaide Film Festival, Investment Fund, Head Gear Films, Metrol Technology, Causeway Films; paese di produzione: Australia, 2022; durata: 95’
Talk to Me, la trama
Mia è un’adolescente che fatica a superare il lutto per la madre. Una sera, si fa convincere dall’amica Jade a partecipare a una festa. Attraverso l’uso di una misteriosa mano imbalsamata, i ragazzi presenti riescono a invocare gli spiriti, divertendosi a farsi possedere a turno e per un tempo limitato. Mia, per farsi accettare dai presenti, nonostante sia inizialmente spaventata decide di partecipare a quest’attività condividendo così l’entusiasmo degli altri. I giovani iniziano tuttavia ad abusare dei poteri della mano e il fratello di Jade, spinto proprio da Mia, supera il limite, mettendosi in pericolo e causando irrimediabilmente una frattura tra la nostra dimensione e il regno degli spiriti.
Talk to Me, la recensione
Non stupisce che negli Stati Uniti i diritti per la distribuzione dell’australiano Talk to Me se li sia aggiudicati l’A24, la casa di distribuzione che maggiormente ha contribuito alla diffusione del filone degli elevated horror, un termine che ormai è entrato a pieno titolo a far parte del linguaggio cinefilo mainstream dopo l’esegesi satirica contenuta nel riavvio della saga di Scream.
Non stupisce nemmeno scoprire che i registi di questo film, i gemelli Philippou, parallelamente all’inizio della loro carriera da youtubers abbiano lavorato come assistenti sul set di un altro horror australiano, Babadook, una delle opere che ha inaugurato questa nuova ondata di film orrorifici dalle mire autoriali.
Talk to Me pesca a piene mani dal succitato film di Jennifer Kent, e appare chiaro l’apprezzamento di Danny e Micheal Philippou per Ari Aster (uno dei principali “alfieri” dell’horror made in A24); questo esordio dal gusto contemporaneo non nasconde affatto le proprie ispirazioni, anzi, si colloca scientemente proprio in quella categoria di horror elevati.
Contrariamente a quanto successo in altre pellicole dalle simili ambizioni, sul versante del genere puro Talk to Me soddisfa le aspettative, impedendo che le tematiche alla base del film travalichino la costruzione della suspense e il divertimento. Grazie ad alcune trovate al limite tra l’inquietante e il grottesco il film mostra una certa personalità, almeno a tratti; è inoltre molto funzionale il lavoro svolto dal sound design e la scelta di un cast composto da attori dai giusti volti, a cominciare da quello di Sophie Wilde, interprete della liceale Mia.
Come spesso accade nei già menzionati horror moderni, la protagonista di Talk to Me ha alle spalle un trauma con cui fare i conti (quello del lutto) ed è quasi emarginata. La volontà di integrarsi spinge Mia a partecipare goliardicamente a un rito eseguito attraverso un artefatto sovrannaturale (una mano imbalsamata che sin dal poster del film punta all’iconicità), usato incautamente da un gruppo di ragazzi per socializzare alle feste e procacciare like sui social.
Il parallelismo tra l’utilizzo ricreativo della Mano e il consumo di droghe è sottolineato abbondantemente dal film, che mette in scena la pressione sociale a cui i giovani sono sottoposti e i rischi della dipendenza. La gestione di questa metafora in Talk to Me non risulta tuttavia pedante, dona anzi freschezza a un filone già molto esplorato come quello che riguarda le storie di spiriti e possessioni.
Nella seconda metà spunta qualche crepa nella scrittura del film e il trauma di Mia torna al centro della storia. La personalità mostrata sin lì dalla pellicola vacilla con la riproposizione di situazioni fin troppo comuni negli horror degli ultimi anni, tra cui la natura ambigua degli elementi sovrannaturali legati alla sanità mentale della protagonista. Ciò nonostante l’ottima conclusione lascia un buon sapore in bocca e la curiosità di vedere come i Philippou daranno seguito ad una tutto sommato promettente opera prima, mentre un sequel di Talk to Me è già stato annunciato.