Nella prima parte della conferenza stampa del 26 ottobre della terza stagione di Suburra sono intervenuti Gina Gardini, Alessandro Borghi, Giacomo Ferrara, Carlotta Antonelli, Federica Sabatini, Adamo Dionisi e Arnaldo Catinari. I temi affrontati sono stati tanti, dalla fine della serie ai rapporti tra i vari personaggi. Vediamo cosa hanno avuto da dire gli attori, le attrici, il regista e la produttrice.
Vedi anche: Suburra: il trailer della terza stagione
Suburra: curiosità dal set, colonna sonora e note di regia e produzione
Gina Gardini (Showrunner e produttrice Cattleya)
Suburra a livello personale è un percorso molto lungo, di quasi otto anni, quindi a livello emotivo salutarla mi dà una sensazione dolceamara. A livello di esperienza professionale mi ha dato la possibilità di crescere tantissimo e di collaborare con Netflix, cosa che non avevo mai fatto e che mi ha fatto cambiare prospettiva su come sviluppare una serie con un pubblico già internazionale. Quando noi facciamo una cosa conosciamo il nostro pubblico e speriamo sempre che il nostro prodotto ottenga un pubblico sempre più vasto, internazionale; questa serie, invece, era già immaginata in questa direzione ed è stato bello e interessante imparare e crescere insieme a Netflix.
Sin dall’inizio, sin dal momento in cui Netflix ci ha chiamato, abbiamo pensato di fare un adattamento del film Suburra. Il film è stato sviluppato in una maniera molto precisa; gli eventi del film erano in primissimo piano e tutti i personaggi erano al servizio di questa procedere cupo verso l’Apocalisse. Qui abbiamo ribaltato tutto, qui si raccontavano i personaggi, si raccontava come portavano avanti e creavano gli eventi. Era sempre stato previsto che il film e la serie non avessero tanto in comune, ma solo il grande tema, il mondo criminale di Roma. La serie è sempre stata prevista come un arco di tre stagioni, divise tra tre mondi, il finale era previsto così perché così era nato.
Alessandro Borghi (Aureliano)
La fine di Suburra ti lascia un po’ di cose e se ne porta via delle altre. Si porta via tutto quello che si può toccare, si porta via i costumi, le macchine di scena, i posti che hai conosciuto molto bene in questi anni, che sono diventati parte della tua vita, però ti lascia la cosa più interessante e più bella di questo lavoro, che sono i legami, legami che hanno forgiato la mia vita professionale e anche privata. Quando ho incontrato Gina la prima volta era molto tempo fa; da lì sono cambiate mote cose ed è molto bello adesso poter parlare di tutto quello che è successo qui, insieme, con la consapevolezza di aver fatto qualcosa di molto bello.
Aureliano è cambiato tantissimo, è un personaggio che a tutti gli effetti è iniziato con il film. Dal film siamo dovuti andare indietro per poi ricominciare ad andare avanti. E’ stata una cosa complessa da fare all’inizio, perché come si dice “se non ci credi tu, non ci credono neanche gli altri”, quindi dovevo innanzitutto convincermi di essere più giovane di due anni prima e dovevo iniziare a riscoprire un nuovo punto di vista emotivo e anche fisico. All’inizio, nella prima stagione, il mio personaggio, come quello di Spadino e di Lele, era un personaggio che cercava il suo posto all’interno di un contesto, si portava dietro tante cose in comune con Spadino e Lele, come i conflitti in famiglia, il non saper bene come adoperare il loro tempo, la loro mente e quale fosse la loro posizione. Mano mano trovano questo potere e devono imparare a gestirlo. E’ stato a tutti gli effetti un excursus emotivo e molto pratico in relazione alla gestione del potere che si va a conquistare. Penso al biondo della prima stagione, un ragazzo che viveva con il padre e cercava il suo posto, che poi nella terza stagione un posto ce l’ha, è stabilito, con tutti i problemi che ne conseguono. E’ stato un percorso che ha seguito un po’ anche il mio, la crescita, il prendere consapevolezza di alcune cose rispetto a questo lavoro, sono tutte cose che ho cercato di applicare al mio personaggio.
Questa serie è molto importante per me, ma questa terza stagione ha avuto un sapore particolare per me, per tutta una serie di motivi; sentivo che avremmo avuto la possibilità di raccontare i personaggi nel profondo e secondo me è quello che siamo riusciti a fare. Abbiamo avuto la possibilità di essere seguiti da Arnaldo, un grande amico, che ci ha guidati per tutto l’arco di questa serie e sapeva benissimo dove andare a spingere per tirare fuori determinate cose, soprattutto su un arco temporale a tutti gli effetti più stretto, dato che passiamo da dieci episodi, a otto episodi fino a sei episodi. Ho trovato tutto estremamente organico, divertente e soddisfacente e l’ultimo giorno di set è stato molto triste. Me lo ricordo molto bene, io e Giacomo ci siamo commossi ed erano presenti tutte le persone che erano presenti fin dall’inizio di questo percorso, non solo noi attori, ma anche tutti quelli che stanno dietro alla macchina da presa, che quando mi hanno salutato la prima volta quattro anni fa ero un ragazzetto che cercava di dimostrare qualcosa e adesso ci lasciamo con la consapevolezza di aver fatto qualcosa di bello. E’ stato molto emozionante ed è stata una cosa che mi porterò dietro per un sacco di tempo.
Cosa ho capito da Suburra, come ho riletto la città grazie a Suburra? Ho capito che le cose peggiorano, nel senso che tutti sanno che sono un romano un po’ atipico, ho un odio-amore molto forte nei confronti della mia città, dell’amministrazione, di un sacco di cose. Ci sono dei problemi nella gestione di una città, dove una parte importante delle problematiche derivano dai cittadini stessi, dall’approccio che hanno, dal fatto di non ascoltare gli altri e di pensare molto spesso soltanto a loro stessi e a considerare soltanto le cose che li riguardano in prima persona. Quindi, il mio punto di vista su Roma ultimamente non è mai positivo, ma sono positivo sul fatto che questa cosa si possa cambiare, non la vedo una cosa impossibile. Penso che ci siano moltissime persone con la giusta voglia e gli strumenti giusti per arrivare a un nuovo livello di gestione di questa città. Sicuramente per primi dobbiamo pensarci noi, noi esseri umani, rispetto alle piccole cose che ci riguardano per arrivare a essere una cosa soltanto. Questo vale per la monnezza per strada, per andare sul set, per un sacco di altre cose. Quindi, ci sono dei problemi che però se ti guardi intorno ti accorgi che non sono problemi solo di Roma, ma sono problemi dell’Italia, di tanti altri paesi e questi problemi vanno affrontati. Bisogna capire quali sono le fonti a cui attingere per fare informazione e per essere informati, perché ormai è diventata una corsa a chi dice per prima qualcosa, piuttosto che a chi dice la cosa vera o più interessante o più formativa.
Giacomo Ferrara (Spadino)
Carlotta Antonelli (Angelica)
Già nella seconda stagione il rapporto tra Angelica e Nadia era molto conflittuale. Senza fare spoiler in questa stagione si svilupperà questo rapporto, potrebbe cambiare. Loro due non vogliono il potere, ma sono delle donne potenti e grazie a questo prenderanno la loro parte di potere. E’ molto bello il rapporto che hanno Nadia e Angelica a un certo punto, molto particolare, interessante per come comincia e poi per come finisce.
Federica Sabatini (Nadia)
Nadia e Angelica sono sicuramente due personaggi che sono partiti un po’ angli antipodi e che troveranno un bisogno in comune che le porterà a cambiare la prospettiva del loro rapporto. Credo che la loro necessità di arrivare al potere sia fondamentalmente legata al potere di autodeterminarsi all’interno di un sistema che invece non le prevede inserite. Si faranno valere, questo sicuramente.
Adamo Dionisi (Manfredi)
Ho iniziato Suburra che ero un cialtrone, ora sembra che sono quasi diventato speciale. Suburra mi ha dato tutto, Manfredi mi ha dato ancora di più, ma è la famiglia che è fondamentale. Mi mancherà questa famiglia, mi mancherà Gina, Alessandro, Giacomo, Carlotta, Federica, Arnaldo. Suburra è stata importante per me, professionalmente sono cresciuto tanto, ho imparato molto da tutti loro, sono giovani e quindi quell’energia che non ho più la prendevo da loro. Siamo una squadra di professionisti, dalla A alla Z, quindi oggi sono super felice. Da domani mi chiuderò in hotel e non parlerò con nessuno. Per me è una rottura emotiva grandissima. E’ sicuramente difficile abbandonare questa famiglia, ma dopo cinque/sei anni io credo sia impossibile in realtà; questi legami ce li ritroveremo per sempre.
Arnaldo Catinari (Regista)
Io sono in un grande frullatore di emozioni in questo momento, perché mi sto rendendo conto di quello che abbiamo fatto, dell’amore che tutti noi abbiamo messo in questo progetto. Un progetto che mi ha visto nelle precedenti stagioni come direttore della fotografia, quindi lo conosco molto bene. Poi l’anno scorso è arrivata questa proposta, un po’ inattesa e inaspettata, ma che mi ha riempito il cuore di gioia, da part di Gina e di Riccardo Tozzi perché affrontassi questa uova stagione non come direttore della fotografia ma come regista. Il frullatore emotivo c’è, c’è stato e mi ha portato a dire queste parole adesso perché ho lavorato con amici, con attori che per me sono tutti attori da Oscar, straordinari. In questo esordio alla regia in una serie così importante ho avuto al mio fianco Gina, che è stata oltre che produttrice e showrunner, la vera anima di questa serie.
L’ultima stagione ha una grande fortuna; innanzitutto è un epilogo e forse il sintetizzare il tempo era quello che ci richiedeva questo epilogo. Il tempo doveva essere quasi ineluttabile, affinché questi personaggi non potessero scappare da nessuna parte. Ognuno è solo con se stesso e davanti ha un tempo che sta per finire. Avremmo potuto fare anche una stagione di dieci episodi, però penso che queste sei puntate, che mi preoccupavano molto all’inizio perché pensavo fossero poche, invece per come abbiamo steso il racconto mi sembra sia lo spazio migliore, proprio per il racconto emotivo dei personaggi. Abbiamo cercato di raccontare non solo con l’azione, con tutto ciò che è il ritmo, ma abbiamo cercato di raccontare soprattutto con l’emozione. Ognuno di questi personaggi non aveva più alcuna alternativa. Il tempo che veniva dato era il tempo che stava finendo. C’è un conto alla rovescia, un tic tac, che arriverà all’ultima inquadratura della sesta puntata.