Ci sono film che ti colpiscono per la loro incredibile veridicità e per l’essere perfettamente in linea con il momento storico che si sta vivendo.
È questo sicuramente il caso de L’uno, piccola produzione italiana arrivata il 23 novembre su Chili, e che a causa delle restrizioni in atto per il Covid, ha debuttato prima online e poi su grande schermo.
Ancor prima che il film inizi, ho preso un vero e proprio schiaffo in faccia; sembra davvero impossibile che il film sia stato concepito prima che questa assurda situazione pandemica ci condizionasse la vita.
Si apre infatti comunicando una serie di misure straordinarie:
“Regole per un capodanno sicuro con l’Uno nel cielo
1 il coprifuoco vieta di uscire per le strade dopo le 5 p.m.
2 festeggiate in casa in compagnia di soli parenti e amici stretti
3 vietati droni, botti e fuochi d’artificio
4 vietate feste ed eventi ufficiali”
Assurdo vero? Sembra quasi un estratto dall’ultimo DPCM. Invece, e questa è la caratteristica che rende la storia ancora più intrigante, siamo di fronte ad un’opera scritta qualche anno fa per il teatro appunto e che ha visto la luce a Capodanno 2018.
La vicenda de L’Uno ha per protagonista non un virus, bensì un oggetto volante non identificato. Da quattro mesi questo è presente nel cielo, ma lì è rimasto, immobile, silenzioso.
Una presenza indesiderata che influisce molto più di quel che potrebbe sembrare sulle vite di tutti, e in particolare di sei personaggi: Marta (Elena Cascino), Tommaso (Matteo Sintucci), Giulio (Stefano Accomo), Claire (Anna Canale), Cecilia (Alice Piano) e Marco (Carlo Alberto Cravino).
La vicenda si svolge quasi esclusivamente durate la sera del 31 dicembre in casa di Tommaso e Marta.
Questi si ritrovano a casa dei primi due per trascorrere insieme la notte di Capodanno e costretti a rimanere chiusi qui, senza possibilità di contatti con l’esterno, i sei ragazzi dovranno necessariamente fare i conti con sé stessi, con chi li circonda, con i propri ricordi e i propri rimorsi.
Si perché fuori c’è l’oggetto misterioso che ha stravolto le loro esistenze e il cenone non sarà spensierato come pianificato
È forse questa la minaccia più grande portata dall’Uno, mettere ognuno dinanzi alla propria realtà dei fatti? Sembrerebbe proprio di si.
Ogni frase sbagliata, detta o non detta, ogni gesto, ogni parola infatti, diventa un pretesto per far affiorare ricordi dolorosi, far emergere verità scomode e farci scoprire, grazie a dei flashback (pochi e unici momenti in cui si esce dalla casa), qualcosa di più su questi ragazzi.
A dire il vero questo mi ha fato riflettere e mi ha spaventata.
Questa assurda situazione che stiamo vivendo, potrebbe davvero ridurci così?
Isterici, stressati fino all’inverosimile, con atteggiamenti quasi maniacali, come Marta, o indifferenti a tutto, perfino ad un figlio che sta per nascere, come Cecilia; completamente assorbiti dalla persona che abbiamo accanto ed incapaci pertanto di seguire le nostre inclinazioni, come Tommaso o senza arte né parte, come Giulio.
Questo film è talmente calzante con ciò che stiamo vivendo, che mai, in tutti i 92 minuti, oseremmo mai mettere in dubbio l’esistenza di questo oggetto non identificato che è stato denominato Uno di Ogimomo dal nome di colui che lo ha segnalato per primo.
La nostra realtà è talmente stata stravolta da qualcosa di così assurdo, che anche un UFO nel cielo ci sembrerebbe normale e non desterebbe poi così tanto scalpore.
Diretto da Alessandro Antonaci, Stefano Mandalà, Daniel Lascar e Paolo Carenzo, si presenta come uno spettacolo pirandelliano, 6 personaggi in cerca d’autore in epoca moderna.
L’Uno infatti, è l’adattamento dell’omonimo testo teatrale della compagnia ContraSto datato 2018, i cui attori sono gli stessi che agiscono sullo schermo.
Molti altri elementi a dir la verità ci riportano all’ambito teatrale, dai dialoghi, serrati e a tratti pesanti se vogliamo, all’ambientazione che è quasi monocentrica, alle voci che in più di un’occasione si sovrappongono a volume elevato creando un effetto di disturbo e che in teatro ha sicuramente un esito più adeguato.
Quasi tutto il film infatti, ad eccezione dei flashback indispensabili per comprendere alcuni risvolti della storia, si svolgono all’interno di una sola stanza, molto curata e con un design moderno certo, ma claustrofobica, senza finestre né porte a vista.
Piccolo spoiler: nella pellicola è presente un inaspettato sliding doors (ricordando un famoso film con Gwyneth Paltrow) che ci fa dare un’occhiatina ad un altro uno, quello più canonico e al quale dovrebbe essere più logico pensare visto il periodo dell’anno in cui la storia è ambientata, cioè l’1 gennaio.
Ci fa vedere come sarebbero potuti essere i sei personaggi senza quella strana presenza nel cielo e sapete la verità: piccoli dettagli cambiano e fanno la differenza.
Clare e Tommaso non ci sono addirittura più, come soprammobili inutili, Marta è solare, Giulio invece depresso e perso nelle sue farneticazioni.
L’uno è solo il primo dell’anno, è vero, nessuna catastrofe imminente sta quindi per consumarsi fuori, ma dentro è la morte dei sentimenti, delle vite di questi 4 disgraziati, Marco, Marta, Giulio e Cecilia che senza quell’altro Uno, non sanno più di che parlare e su cosa confrontarsi.
Ecco dunque che l’uno diviene metafora di qualcosa che tutti attendono: sprona, sollecita, pungola, esorta i personaggi ad andare avanti, come qualcosa in cui sperare o di cui avere paura, che li rende migliori o peggiori, che tira fuori un lato di loro fino ad allora sopito, dormiente.
“Da quando c’è l’Uno sono sempre costretto ad essere ispirato“.
L’Uno riesce, nonostante i propri limiti quindi, a risultare particolarmente coinvolgente, e nonostante la staticità delle ambientazioni, la dinamicità di alcune scene, quasi schizofreniche, l’equilibrio viene ristabilito.
Da notare e ammirare la drammaticità dell’interpretazione di tutti i personaggi, biglietto da visita quasi scontato potremmo dire, trattandosi di esperti teatranti.
L’esperimento appare dunque riuscito, e ciò che lo spettatore di oggi vede, è un qualcosa di quanto mai attuale, coinvolgente e dannatamente vero.
Dopo l’iniziale shock, la storia assume pian pano i suoi contorni e al di là di tutto ha un suo perché, una su drammaticità, una sua caratterizzazione.
Un plauso agli autori per la proverbiale lungimiranza quindi e speriamo sia stato solo un caso.