Il giro del mondo in 80 giorni (Around the World in 80 Days)
Regia: Michael Anderson; soggetto: dal romanzo di Jules Verne Le tour du monde en 80 jours (1873); sceneggiatura: James Poe, John Farrow e S.J. Perelman; fotografia (Eastmancolor, Technicolor, Todd AO): Lionel Lindon; scenografia: James Sullivan, Ken Adam, Ross J. Dodd; costumi: Miles White; coreografia: Paul Godkin; colonna sonora: Victor Young; montaggio: Gene Ruggiero, Paul Weatherwax; titoli di coda: Saul Bass; interpreti: David Niven (Phileas Fogg), Cantinflas (Passepartout), Robert Newton (ispettore Fix), Shirley MacLaine (principessa Aouda), Charles Boyer (Monsieur Gasse), Sir John Gielgud (il maggiordomo Foster), Martine Carol (ragazza alla stazione di Parigi), John Carradine (col. Proctor Stamp), Charles Coburn (funzionario a Hong Kong), Peter Lorre (un cameriere giapponese), Ronald Colman (funzionario delle ferrovie indiane), Noël Coward (Roland Heskett-Baggot), Marlene Dietrich (proprietaria del saloon), Frank Sinatra (pianista del saloon), Luis Miguel Dominguin (torero), Fernandel (vetturino francese), Josè Greco (ballerino), Sir Cedric Hardwicke (Sir Francis Gromarty), Trevor Howard (Fallentin), Buster Keaton (conducente del treno); produzione: William Cameron Menzies e Michael Todd per Todd/United Artists; origine: USA – 1956; durata: 175′ (versione originale).
Trama
Londra, 1872. Phileas Fogg (Niven) è un gentiluomo londinese, abitudinario e dotato di precisione maniacale. All’esclusivo Reform Club i soci discutono sul tempo necessario per compiere un giro del mondo. Fogg interviene nel dialogo e scommette con loro l’esorbitante somma di 20.000 sterline che egli riuscirà nell’impresa in soli ottanta giorni. Nonostante sulla sua persona aleggino sospetti e voci, data la sua proverbiale riservatezza, egli impavido parte per Parigi, in compagnia del valletto Passepartout (Cantinflas), così chiamato perchè pieno di risorse e dalla capitale francese in pallone aerostatico si dirige in Spagna e poi a Suez. In Egitto l’ispettore Fix (Newton) di Scotland Yard, riconoscendo nel distinto gentiluomo i tratti di un ladro ricercato per un sensazionale furto alla Banca di Inghilterra, gli si mette alle calcagna. In nave Fogg e Passepartout raggiungono l’India, dove salvano l’avvenente principessa Aouda da alcuni fanatici che vorrebbero bruciarla sulla pira funebre del marito morto,secondo una barbara tradizione. La donna siunisce di buon grado alla compagnia del suo eroico soccorritore. Da Hong Kong al Giappone, poi in giunca fino a San Francisco. Prendono tutti insieme un altro treno per attraversare il selvaggio West, con annesso un attacco indiano al convoglio che non impedisce loro di arrivare a New York,sempre tallonati dal tenace ispettore. Dal porto della città statunitense dirottano,corrompendo il capitano, una goletta affinchè li conduca a Liverpool, dove però Fix li arresta, convinto di aver in mano il ladro di banca. Da Londra giunge però la notizia che il vero malfattore è stato catturato mentre cercava di lasciare l’Egitto. Chiarito l’equivoco il mortificato Fix li libera e i tre prendono il treno per Londra, convinti di aver perso la scommessa. Fogg si chiude in casa con Aouda,che gli confessa che lo amerebbe, anche se povero. Passepartout esce dall’abitazione e sente la data scoprendo che, viaggiando verso est, hanno guadagnato un giorno, grazie ai fusi orari. Avvertito dal fedele domestico, Fogg si precipita al Club dove entra spaccando il secondo. Incassa il denaro e sposa Aouda.
Genesi di un kolossal
Pietra miliare del cinema d’evasione, Il giro del mondo in 80 giorni è il frutto del lavoro del cinquantenne impresario teatrale Mike Todd, che possiede secondo il critico John Chapman “lo spirito di un venditore ambulante e l’ambizione smodata di un Napoleone”. Dimostrando inventiva e spirito d’iniziativa egli ha brevettato un suo personale schermo ultra-panoramico,il Todd-AO (consiste nel girare le riprese su un negativo di 65 mm e stamparlo su un positivo di 70 mm,ottenendo così un effetto di dilatazione delle immagini simile al Cinemascope) ma come produttore cinematografico è all’esordio. Assume un regista, John Farrow e lo licenzia dopo pochi giorni, sostituendolo col trentacinquenne londinese Michael Anderson, abituato al cinema d’avventura. Come seconda mossa inventa un neologismo che trasforma le riprese in un evento mondano, reclutando accanto ai protagonisti comparse del calibro di Peter Lorre, Marlene Dietrich e Frank Sinatra. Apparire nel film,anche per un cameo di pochi secondi, diventa così uno status symbol e Todd può concedersi il lusso di mettere alla porta Gregory Peck, reo di non essersi accontentato di impersonare un ufficiale di cavalleria. La terza mossa è quella di impostare una campagna promozionale come quella di uno show di Broadway, con l’ausilio degli esercenti: niente popcorn in sala, solo posti riservati con prenotazione obbligatoria due giorni prima dello spettacolo. Il trattamento, che rende ogni proiezione un evento esclusivo, richiama gli spettatori a frotte e Il giro del mondo in 80 giorni recupera in fretta i 6 milioni di dollari d’investimento iniziale. Non pago, Todd fa la felicità delle cronache mondane sposando, poco prima del lancio del film, nientemeno che Elizabeth Taylor, di venticinque anni più giovane. Alla serata degli Oscar Liz entra a teatro come una regina, sfoggiando un diadema di diamanti da 25.000 dollari. Il giro del mondo in 80 giorni che ha già vinto due Golden Globe (per il miglior film drammatico per il comico messicano Cantinflas-Passepartout) ottiene otto candidature, presentandosi come concorrente agguerrito alla ‘disfida dei kolossal’ che si profila.
Il racconto del redattore
Ricordate il caso Marty dell’anno precedente? Dimenticatelo. Le storie quotidiane girate con pochi soldi non hanno possibilità di vincere perchè la cinquina dei finalisti è requisita dalle mega-produzioni. Il Gigante del veterano George Stevens (premiato per la regia), che candida tra i protagonisti Rock Hudson e, per l’ultima volta, il deceduto James Dean dura tre ore e diciassette minuti; I dieci comandamenti di Cecil B. DeMille con Charlton Heston-Mosè, tre ore e trentanove minuti (un Oscar agli effetti speciali di John Fulton). Nominato alla regia di King Vidor troviamo Guerra e Pace, prodotto da Dino De Laurentiis e Carlo Ponti che dura quattro ore e circola negli USA in una versione ‘corta’ di 210 minuti. Al loro confronto il musical esotico Il re ed io di due ore e trentadue minuti e Il giro del mondo in 80 giorni di due ore e quarantasette minuti sembrano cortometraggi ma in fin dei conti sono i più premiati: alla commedia musicale con l’istitutrice britannica Deborah Kerr (già adattata da Broadway nel 1946, avrà un remake nel 1999 con Jodie Foster intitolato Anna and the King) innamorata del maschilista e intransigente re del Siam Yul Brinner vanno cinque statuette per il seducente e misterioso attore protagonista (quell’anno è il faraone ne I dieci comandamenti e generale imbroglione in Anastasia, che segna la pace di Hollywood con Ingrid Bergman, vittoriosa come attrice protagonista)per la scenografia,il suono, i costumi e la colonna sonora. Con due Oscar (fotografia e scenografia in bianco e nero) troviamo Lassù qualcuno mi ama di Robert Wise, biografia romanzata del pugile Rocky Graziano che consacra Paul Newman mentre L’uomo che sapeva troppo di Alfred Hitchcock porta a casa solo il trofeo alla miglior canzone (che comunque è la celeberrima Que serà serà, cantata da Doris Day). Grande scandalo suscita il torrido erotismo che il duo Tennessee Williams – Elia Kazan inietta in Baby Doll, definito dal cardinale Spellman “più efferato dell’invasione sovietica dell’Ungheria” con una moglie minorenne che non consuma il matrimonio col marito e viene corteggiata dal vicino di casa siciliano: le quattro nomination avute non approdano a nulla. Vince per il soggetto originale La più grande corrida di Irving Rapper, con un bambino che salva un torello dalla morte che lo aspetta nell’arena: è scritto da Dalton Trumbo, che essendo sulla lista nera scrive sotto pseudonimo: l’ Oscar lo riceveranno gli eredi solo molti anni più tardi. Miglior film straniero è La strada di Federico Fellini, che consegna alla memoria i ritratti indimenticabili della matta gentile Gelsomina e del bruto vagabondo Zampanò. Durante la cerimonia l’attrice e moglie del regista Giulietta Masina scompare: la ritrovano Fellini e Cary Grant mentre canta Lacreme napulitane davanti a una platea di camorristi piangenti. Trionfa come miglior film Il giro del mondo in 80 giorni (in alto il filmato) che riceve dal presentatore Jerry Lewis anche i riconoscimenti alla sceneggiatura, alla fotografia a colori, alla colonna sonora e al montaggio.