Con Sorry, we missed you, ancora una volta il regista inglese si impegna a descrivere la cruda realtà. Quella che vediamo tutti. Non è che lui la veda meglio, però la sa raccontare. Ken Loach è uno di quei registi che sono talmente bravi da far risultare ogni loro film indimenticabile. Nei suoi lavori si coglie sempre una grande sensibilità e una profonda umanità, tali da farti empatizzare immediatamente con i personaggi, da farti immedesimare nella storia e da portarti, così, a riflettere su quel che abbiamo intorno, su quello che succede al vicino di casa o all’operaio che incontri in treno alle sei di mattina. Loach sta attento ai dettagli, alle espressioni, ai toni di voce, agli ambienti in cui i suoi personaggi vivono con l’accuratezza di un abile osservatore. Il mio amico Eric, La parte degli angeli, Io Daniel Blake, fino ad arrivare a Il vento che accarezza l’erba (in assoluto il mio preferito), tutti piccoli capolavori che descrivono con semplice accuratezza la nostra vita.
In attesa della sceneggiatura di Peppa Pig (l’immagine è per smorzare il possibile effetto depressivo dei film di Loach)
il 14 novembre uscirà nelle sale italiane Sorry, we missed you, suo ultimo film. Con la sua consueta attenzione al mondo che lo circonda e con l’ausilio del suo fido sceneggiatore, Paul Laverty, Ken Loach continua a fare film di alta qualità e tensione cinematografica prendendo i soggetti della solida realtà. I titoli di coda sono espliciti: “Grazie a tutti quei trasportatori che ci hanno fornito informazioni sul loro lavoro, ma non hanno voluto che i loro nomi comparissero“.
La storia è questa: Ricky e Abby, interpretati rispettivamente da Kris Hitchen e Debbie Honeywood, vivono a Newcastle coi loro due figli, Liza Jane e Sebastian. Ricky riesce a sbarcare il lunario facendo diversi mestieri precari, mentre Abby fa assistenza domiciliare a persone anziane e disabili. Nonostante lavorino duramente, le loro possibilità finanziarie sono sempre insufficienti. Ricky pensa che un’occasione per incrementare i guadagni sia acquistare un furgone per diventare un trasportatore freelance; per fare questo, Abby deve vendere la sua auto. E ci fermiamo qui. Immagino che molti staranno già sbuffando e pensando: “ecco il solito pippone di Ken Loach sulle ingiustizie, su deboli e gli sfigati“. Bene, quelli che la pensano così possono anche smettere di leggere e andare a vedere l’ultimo film di Checco Zalone. Quelli che, invece, conoscono e amano Ken Loach sanno benissimo che nei suoi film c’è sempre un momento magico, liberatorio, che dà speranza, nonostante tutto, o che, almeno, ti fa sentire meno isolato, perché gli attori, finalmente, dicono quelli che pensi anche tu. E, in un mondo nel quale il solipsismo ha raggiunto il suo apice, non è poco.