E’ stata la mano di Dio. (Vincitore di 3 David di Donatello: David Giovani, Miglior Regia e Miglior Film)
Trama
Negli anni ’80 a Napoli, un ragazzo ha l’occasione di vivere uno dei sogni più grandi degli amanti del calcio, quando giunge nella sua città il goleador Diego Maradona, ma a questa grande gioia si accompagnerà una tragedia inaspettata.
‘La vita, ora che la mia famiglia si è disintegrata, non mi piace più. Non mi piace più. Ne voglio un’altra, immaginaria, uguale a quella che tenevo prima. La realtà non mi piace più‘ – Fabietto Schisa
E menomale, direi, che a Paolo Sorrentino la realtà non piacesse più. Menomale che abbia cercato nel cinema il rifugio per tutto ciò che l’aveva deluso nella vita. Menomale che i suoi genitori lo avessero abituato ad un livello di “ricchezza” emotiva tale da indurlo a cercare la bellezza e a vestirla al meglio per mostrarla al mondo intero. Menomale che abbia avuto la forza di trasformare la sua tragedia in un’occasione per comunicare. Menomale che non si sia disunito.
E’ stata la mano di Dio è diverso dagli altri film di Sorrentino ed è un film piuttosto unico nel suo genere, è unico per il linguaggio che utilizza, per il messaggio che comunica, per l’energia che trasmette. Nel confrontarmi con diversi spettatori, quasi tutti mi hanno riferito le stesse parole “Dopo la prima parte del film, la visione è diventata più pesante, stancante” e a tutti ho risposto allo stesso modo: “Significa che Sorrentino è riuscito a farci sentire come si è sentito lui. La sua vita ha preso una piega completamente diversa da quella vissuta sino all’adolescenza, è diventata pesante, stancante“.
E’ semplicemente sublime l’abilità di raccontare così tanti personaggi in una sola pellicola e di farlo così bene, di approfondirli tutti nonostante la vicenda principale ruoti sostanzialmente intorno ad un solo protagonista. Ma è un tratto tipico di Sorrentino che ci insegna a non trascurare mai le storie di coloro che arricchiscono il tema centrale, perché contribuiscono, ciascuno a modo proprio, a plasmarlo. Esattamente come ogni famigliare, parente e conoscente ha lasciato il segno nella vita di Fabietto, persino Maradona (!) che la vita gliel’ha salvata.
A chiudere la valutazione della pellicola ricca di dotti riferimenti e saggi consigli, un doveroso pensiero al cast scelto da Sorrentino. Persino San Gennaro col volto di Enzo Decaro, che resta sul set il tempo di qualche inquadratura, ha una caratterizzazione eccezionale. Toni Servillo è…semplicemente Toni Servillo e la sensuale Luisa Ranieri è misteriosa ed inquietante, attraente e addolorante, il debuttante Filippo Scotti è un perfetto piccolo Paolo Sorrentino e cosa dire dei brillanti Lino Musella, Massimiliano Gallo, Betty Pedrazzi, Renato Carpentieri e Ciro Capuano (interprete di se stesso, ndr)? Ogni attore ha un ruolo intessuto perfettamente nella trama del film. L’assenza di uno soltanto, manderebbe a monte l’intera struttura della storia e muterebbe il senso della crescita e della formazione di Fabietto.
E’ stata la mano di Dio è un film che potremmo dividere in due atti, due fasi molto diverse l’una dall’altra legate tra loro dalla continuità della vita del protagonista, dal brutale passaggio dalla fanciullezza all’età adulta.
Fabietto e la sua famiglia prima, Fabio e la sua città poi in un infrangibile legame con tutto il bagaglio culturale e sentimentale di una vita di gioie e dolori, scherzi e drammi. Personaggi scritti magnificamente ed interpretati anche meglio, riprese mozzafiato e dialoghi profondi per un film che è già un’opera d’arte.
Oggi sappiamo di dovere un ulteriore “grazie” a Maradona, perché senza lui non avremmo avuto Paolo Sorrentino.