BBC Culture presenta i risultati del suo sondaggio sul cinema mondiale
In occasione della giornata mondiale contro la violenza sulle donne, vorrei presentarvi un interessante articolo pubblicato dalla giornalista Ana Maria Bahiana il 30 Ottobre sul sito BBC Culture, in cui circa trecento critici sono stati invitati a scegliere i loro dieci film preferiti in lingua straniera. Il resoconto di questo sondaggio ha fornito risultati scioccanti per quanto riguarda la presenza femminile dietro la macchina da presa; infatti, nella classifica finale solo quattro film su cento sono diretti da donne, superate nel numero persino dai registi di nome Jean, ben sette nella lista. Questa carenza è dovuta al fatto che essendo escluse dalla possibilità di fare le registe, le donne rischiano di non far parte della storia del cinema. Gabrielle Kelly, autrice del libro Celluloid Ceiling: Women Film Directors Breaking Through, un saggio che esamina i progressi delle donne regista nel 21esimo secolo, ha dichiarato dopo aver letto i risultati:
“Il fatto che così pochi registi donne siano arrivati al top del sondaggio non è sorprendente per me. Gli studi cinematografici si sono sempre concentrati sugli uomini perché gli uomini hanno controllato la maggior parte degli aspetti del film, da quando è diventato un business redditizio negli Stati Uniti, agli albori del cinema”.
Anche la produttrice e presidente della Diversity Committee nella Producers Guild of America, Deborah Calla, ha commentato:
“Ci sono meno film diretti da donne, e quindi ci sono meno film diretti da donne che vincono premi o vengono selezionati dai festival. Le donne registe hanno un’impronta più piccola “.
Tanti gli studi a supporto di questo sondaggio, tra cui quello del Centro per lo studio delle donne nella televisione e nel cinema, il quale stabilì che in 23 festival e concorsi mondiali nel 2016 e nel 2017 erano stati proiettati in media solo sei film diretti da donne contro i diciotto dei colleghi maschi; per i documentari la media era sette contro sedici. Secondo la giornalista:
“La scarsità porta all’invisibilità e l’invisibilità porta a una maggiore scarsità, e quindi la storia del cinema viene scritta e insegnata con poche o nessuna donne in essa.”
“Le donne hanno sempre dovuto lottare doppiamente. Hanno sempre dovuto portare due pesi, quello privato e quello sociale. Le donne sono la colonna vertebrale delle società.” Rita Levi-Montalcini
In realtà gli albori del cinema vide molte protagoniste femminili. La prima regista e produttrice nella storia del cinema fu la francese Alice Guy-Blanché vissuta dal 1873 al 1968, la quale girò il cortometraggio La Fée aux choux nel 1896 dopo essere riuscita ad ottenere qualche metro di pellicola una volta assunta alla Gaumont come segretaria. Subito dopo troviamo Elvira Notari produttrice, sceneggiatrice e regista italiana di ben più di sessanta pellicole tra il 1906 e il 1929, fondatrice assieme al marito della casa di distribuzione Dora la quale, negli anni venti, arrivò a spedire i suoi film anche oltreoceano, vissuta dal 1875 al 1946. E ancora le americane Lois Weber e Ida May Park, in Europa tra le altre Germaine Dulac, Marie Louise Droop e in America Latina Carmen Santos, Gilda de Abreu, Mimi Derba; tante donne con ruoli importanti nel cinema, che hanno visto il loro numero ridursi con il passare del tempo, quando il cinema ha perso la sua “novità” per diventare business. Secondo Heidi Honeycutt, capo della sezione Nightfall, LA Film Festival questo è avvenuto perchè:
“A parte le attrici, le donne sono state scoraggiate da ruoli attivi nel cinema fino a quando gli anni ’60 hanno scosso le cose attraverso lo smantellamento del sistema di studio, la creazione di nuove vie di distribuzione cinematografica, gli effetti decrescenti del Codice Hays e i movimenti dei diritti civili e dei diritti delle donne. Prima di allora, non c’erano donne che dirigessero qualcosa oltre gli anni ’20. Ma, in generale, le donne non erano comuni in molte industrie ricche e ben pagate. Sono stati anche scoraggiati da, sai, essere astronauti o chirurghi. “
“La nostra società è di sesso maschile, e fino a quando in essa non entrerà la donna non sarà umana.” Henrik Johan Ibsen
Nel sondaggio di BBC Culture ci sono anche le statistiche che riguardano la quantità dei finanziamenti rilasciati alle registe donne per fare film. Secondo uno studio della University of Southern California, l’80% delle donne registe ha realizzato un solo film nel periodo dal 2007 al 2016, mentre il 54,8% dei registi maschi si è fermato a solo un film durante lo stesso periodo; la produttrice Deborah Calla ha commentato:
“Se una donna regista riesce a ottenere finanziamenti per un film, di solito è tutto ciò che ottiene. Ci sono un certo numero di statistiche che dimostrano che la maggior parte delle donne che dirigono un film non dirigono un secondo o un terzo. È incredibilmente difficile per una regista creare un corpo di lavoro “.
Altro risultato sorprendente del sondaggio: a quanto sembra, per una donna è più facile girare un film in Iran che negli USA poiché:
“Gli Stati Uniti hanno un’industria delle arti ampiamente privatizzata che è chiusa alla maggior parte delle persone. Nella maggior parte delle altre nazioni del primo mondo, ci sono sovvenzioni cinematografiche e artistiche sponsorizzate dal governo che consentono ai cittadini di fare film senza la barriera del gate aziendale. Le donne hanno un’opportunità distinta in queste nazioni che semplicemente non hanno negli Stati Uniti “.
Il momento storico che stiamo vivendo, con l’avvento dei vari movimenti scaturiti dal #MeToo come #EqualRights, #Equalpay, #GenderEquality e molti altri, ci fanno capire che, come dice Gabrielle Kelly:
“Siamo al culmine di grandi cambiamenti, non solo a Hollywood e in Occidente, ma in tutto il mondo. Siamo metà del mondo e abbiamo bisogno di raccontare almeno la metà delle storie perché fino ad ora siamo stati enormemente in inferiorità numerica. L’esclusione è sistemica e il cambiamento non sarà facile, ma sta accadendo. Aspetto un momento in cui non è un problema e un regista non ha bisogno del prefisso “donna” di fronte a quel titolo. “
“Date alle donne occasioni adeguate ed esse saranno capaci di tutto.” Oscar Wilde
Per dovere e onore di cronaca, la giornata mondiale contro la violenza sulle donne è il 25 novembre per commemorare la morte delle sorelle Mirabal che da anni si impegnavano nella lotta contro il dittatore della Repubblica Dominicana Rafael Leonidas Trujillo al potere dal 1930 al 1961. Mentre si recavano a trovare i loro mariti in prigione, le tre sorelle furono torturate, bastonate e strangolate, poi furono caricate sulla loro macchina e gettate in un precipizio per simulare un incidente proprio il 25 novembre, giornata scelta da attiviste durante l’incontro Femminista Latinoamericano e Caraibi nel 1981 a Bogotà e ufficializzato dall’ONU nel 1999.
Ora non voglio fare considerazioni politiche o esaminare una problematica della società sotto gli occhi di tutti ogni mattina aprendo un giornale e nemmeno soffermarmi sulle responsabilità individuali o di un sistema precostituito; questo articolo nasce solo per portare alla luce una questione ben presente anche nel magico mondo del cinema che non si limita allo sfruttamento sessuale ma va oltre, analizzando una realtà professionale che appare alla portata di tutti, mentre anch’esso è un ambiente prevalentemente maschile. Forse siamo davvero all’inizio di un cambiamento, forse davvero qualcosa si sta muovendo nel senso giusto ma, lo ripeto, aprendo ogni mattina il giornale dovremmo fermarci e fare delle considerazioni, cominciare a capire che è un problema così profondo da dover attuare un radicale e immediato mutamento che funzioni realmente e, soprattutto, fin da subito. Un cambiamento che deve partire dalla mente della gente, uomini e sì, anche donne, che alle volte dimenticano l’importanza di mettersi nei panni degli altri; proprio per questo, vorrei chiudere l’articolo con le parole della mia collega redattrice Irene Pepe:
Noi di iCrewPlay pensiamo che scrivere di cinema significhi anche scrivere di ciò che succede intorno a noi.
Non possiamo e non vogliamo limitarci a comunicare news, altrimenti lo scrivere diventerebbe fine a se stesso e le notizie diventerebbero notizie vuote. Il cinema stesso, alla fine, è un mezzo potentissimo per arrivare alle orecchie di tutti, per sensibilizzare, per far aprire gli occhi o semplicemente per creare un contatto, per ricordarci sempre di restare umani. Fare del giornalismo, anche se di semplici film e serie tv, non significa estraniarsi dal mondo che ci circonda; significa riuscire a essere comunque presenti e attenti parlando di attualità attraverso i mezzi che ci sono più congeniali, attraverso una finzione, che spesso neanche è così finzione. I film, quelli veri, sono in grado di parlarci di tanto e allora perché non lasciarli parlare? Poco tempo fa vi abbiamo raccontato del caso Cucchi, con la nostra recensione di Sulla mia pelle, della Riace di Mimmo Lucano, del recente decreto legge Pillon, anche oggetto della manifestazione tenutasi ieri a Roma con Non una di meno, attraverso la recensione di L‘affido – Una storia di violenza. Questi sono solo degli esempi, ma esempi immediati per capire che voler parlare di cinema non è una scusa per non dover parlare di tutto il resto.
Per non avere più vittime, per non leggere ancora di donne trucidate o vendute come oggetti, per equità di trattamento anche salariale, per avere quei diritti che, alla fine non è chiaro il motivo, vengono negati solo perché donne, tutta la redazione di iCrewPlay si unisce al grido: