“Certo,un uomo può cambiare la vita di una donna ma, ne sono convinta, specialmente una donna può mutare le prospettive dell’esistenza e delle mete di un uomo” Sofia Coppola
Sofia Coppola nasce a New York il 14 maggio 1971, figlia del regista Francis Ford Coppola (autore della trilogia de Il Padrino, Apocalypse Now, La Conversazione, solo per citarne alcuni). Nipote dell’ attrice Talia Shire e cugina di Nicolas Cage, la strada del Cinema con la C maiuscola sembra per lei spianata. Esordisce ancora neonata ne Il Padrino: suo ruolo è quello di un maschio, Michael Francis Rizzi, il nipote di Michael Corleone. Come attrice la sua parte più nota è quella di Mary Corleone ne Il Padrino – Parte III, in cui sostituisce Winona Ryder, dopo che quest’ultima ha deciso di abbandonare il set dopo un solo giorno di riprese. Gli strali della critica per la scelta del padre di affidarle il ruolo si dimostrano impietosi, come le accuse di nepotismo. A proposito della sua carriera come interprete la regista dichiara: “Ho esordito per caso, perché era venuta meno l’attrice prescelta per il mio piccolo ruolo, ma il mio unico fine è sempre stato mettere in pratica dietro la cinepresa tutto quello che avevo imparato da mio padre Francis”. Dopo alcuni cortometraggi, nei quali dimostra un talento precoce, non ha ancora 28 anni quando nel 1999 presenta a Cannes il suo primo film da regista Il giardino delle vergini suicide, di cui è anche sceneggiatrice, basato sul soggetto tratto dal romanzo Le vergini suicide di Jeffrey Eugenides.
Il giardino delle vergini suicide (1999)
Provincia del Michigan, anni ’70. Le cinque sorelle Lisbon Cecilia, Lux (Kirsten Dunst), Bonnie, Mary e Therese sono tutte adolescenti, di età compresa fra i 13 e i 17 anni e appartengono a una famiglia rigidamente cattolica e perbenista. Il padre (James Woods) è un distratto insegnante di matematica, mentre la madre (Kathleen Turner) è un sergente di ferro che sovrintende all’educazione delle giovani figlie, con polso fermo e inflessibile disciplina. La loro vita da recluse e l’indubbia avvenenza le rende figure mitiche, ambite senza speranza da tutti i ragazzi del loro quartiere benestante. Dopo un primo tentativo di suicidio andato a vuoto la più giovane, Cecilia, si butta dalla finestra della sua stanza e muore infilzata sulla cancellata sottostante. Questo tragico avvenimento, archiviato in fretta come incidente, segna profondamente le altre quattro sorelle. I genitori, su consiglio del parroco, decidono di allentare i freni, acconsentendo alla richiesta delle ragazze di partecipare al ballo scolastico, a patto che rispettino un coprifuoco. Tre di loro tornano a casa ma Lux, inebriata dal titolo di reginetta del ballo conquistato col suo accompagnatore per la serata, Trip (Josh Hartnett), si apparta con lui e perde la verginità sul campo da football della scuola. Rientra solo al mattino e la reazione dei genitori è immediata: le quattro sorelle vengono ritirate dalla scuola e segregate in casa, senza possibilità di comunicare con l’esterno. Rimane loro solo la lampada, con cui inviano segnali luminosi ai ragazzi, appostati nella casa di fronte, che mettono a punto un piano di fuga. La notte dell’evasione i ragazzi giungono nel salotto, dove trovano solo Lux ad attenderli. Vengono invitati ad entrare e vagano nella casa buia fino a scendere nel seminterrato, ancora pieno dei resti di una festicciola casalinga organizzata mesi prima dai genitori per le figlie. Da una trave pende il corpo inerte di Bonnie. I ragazzi scappano spaventati, solo per incappare nel cadavere di Mary, con la testa ancora nel forno. Therese giace morta al piano superiore, imbottita di sonniferi e Lux nel frattempo si uccide coi gas di scarico dell’ auto del padre, nel garage. La festa per il debutto in società di un’altra adolescente diventa presto l’argomento del giorno nella tranquilla cittadina. I coniugi Lisbon, nel silenzio, lasciano la città.
La prospettiva dalla quale la storia viene raccontata è quella di uno degli adolescenti innamorati delle sorelle Lisbon. Il suo sguardo è ancora addolorato, in aperto contrasto con l’indifferenza che sembra permeare la cittadina di provincia, preoccupata solo di mantenere la sua imperturbabile quiete. La pellicola è piena di indizi che inducono lo spettatore in errore, frustrando continuamente le sue aspettative: le immagini delle ragazze sono volutamente stucchevoli, così ammalianti nella loro perfezione che sembra impossibile celino un’esistenza fatta di angoscia e solitudine. L’atteggiamento dei loro giovani ammiratori, che trovano inspiegabile come due genitori scialbi e insignificanti abbiano potuto generare cinque angeli del cielo, riverbera nella condotta di questi ultimi verso le figlie: esse hanno il dovere di corrispondere al loro ideale bigotto e moralista di eccellenza e per questo non hanno la possibilità di sbagliare, di vivere pienamente e macchiare così il loro candore. L’esordiente Sofia Coppola presenta la storia sotto forma di ricostruzione giornalistica, punta sul simbolismo e immerge lo spettatore in un’atmosfera morbosa ed onirica in cui le ragazze Lisbon non vengono giudicate. La voce fuori campo è ancora quella di un adolescente, mentre dovrebbe essere quella di un quarantenne, vista l’epoca dei fatti. Suona come un monito per i genitori a indagare su ciò che si nasconde dietro l’apparenza, per conoscere davvero i propri figli, affinché si sentano amati e non tristemente soli e condannati all’infelicità, tanto da preferire la morte alla vita. Questa è la mia interpretazione e la tua, caro lettore?
Voto 6,5 su 10.