(Ah, da quando Senna non corre più… ah, da quando Masi non gioca più…).
Reduce dal Gran Premio del Brasile, questo weekend il circus della F1 sbarca a Las Vegas, primo scacco matto possibile per il campione del mondo in carica Max Verstappen, a caccia del 4⁰ titolo consecutivo nelle terre del Nevada (nel caso, hugo sotto i portici e fuochi d’artificio ai tavolini del molo, tanto paga zio Piquet…).
L’olandese, al comando della classifica, ma la cui Red Bull, da tempo, è in difficoltà tecnica, nella scorsa tappa di San Paolo ha tuttavia dato un colpo (quasi) da KO all’unico rivale per l’iride Lando Norris, alfiere McLaren che, partendo dalla pole, ha visto il numero 1 clamorosamente rimontare dalla 17⁰ posizione in griglia, con una vittoria da maestro portata a casa sotto il diluvio.
E Senna, sia in corsivo che non, parte proprio da quella città, San Paolo. È il 1994, domenica 1⁰ maggio. Un ragazzino in un bar, uno schermo, il tramite con il suo beniamino. Occhi di speranza e di passione. E poi la curva del Tamburello, il botto che zittì una nazione. I detriti in pista, l’ambulanza. Il pistone dello sterzo. Ayrton non c’era più, quel giorno a Bologna…
Senna, 6 episodi per niente fucsiaaa
Al netto della scena d’apertura, qualcosa di guardabile s’intravede soltanto a partire dalla seconda metà dell’episodio 2, dal galà pre-gara di Monaco ’84. La corsa, poi, com’è noto, paleserà al grande pubblico il talento cristallino di Senna sotto la pioggia, il quale si guadagnerà così l’appellativo di Magic a bordo della modesta Toleman.
Ayrton, nello specifico, si classificherà 2° dietro a Prost, a causa della discutibile decisione del direttore di gara Jackie Ickx di interrompere il Gran Premio, nel momento in cui il brasiliano stava per sorpassare il francese. Punteggio dimezzato, quindi, non si era raggiunto il limite di chilometraggio necessario per l’assegnazione piena. Però, ricorda, Karma is a bitch (ho sempre trovato molto divertente questa espressione anglosassone…). Prost, infatti, beffardo sul podio del Principato, perderà il mondiale per appena mezzo punto su Niki Lauda, con cui condivideva il garage alle dipendenze di Ron Dennis. Diversamente, con un 2° posto a punteggio pieno, avrebbe prevalso lui a fine stagione.
Fino a Monaco ’84, tuttavia, oltre a istantanee d’infanzia di dubbia rilevanza, il buon Gabriel Leone interpreta un Senna che, più che il mito idolatrato da molti, pare visivamente Carlos Sainz (e probabilmente questo è un complimento…), con, però, i modi kitsch di Leandro de Il Mondo di Patty, la telenovela in cui Katy Perry lo scorso venerdì sera divenne un sogno adolescenziale a bordo di una BMW decappottabile.
Insomma, per la maniera in cui è narrato, tutto il percorso di Ayrton nelle serie minori suscita un interesse meno che nullo. Allo stesso modo, Lilian De Vasconcelos, l’ex compagna di scuola che diventò sua moglie per 8 mesi, incarnata per l’occasione da Alice Wegmann, viene presentata come una a cui bisogna spiegare il perché, per un pilota, il vicino di box è il primo avversario da battere.
Per non parlare di quella giornalista di cui ignoro il nome, la quale non vale un’unghia della nostra Mara Vengiorgio di Sci-Fi Sport F1, che pone continuamente domande ad Ayrton di livello terrapiattistico, tipo perché a 34 anni corra ancora, dopo 10 stagioni di Formula 1 e 3 titoli mondiali vinti con la McLaren.
Ora, io non sono un sennologo ferrato, e può darsi che l’asso brasiliano abbia davvero pensato a un prematuro ritiro, per esempio a causa delle frizioni con la Federazione, guidata inizialmente dall’odiato Jean-Marie Balestre e poi da Max Mosley, o per preoccupazioni legate alla sua incolumità, in special modo dopo gli imolesi incidenti del venerdì di Barrichello e, ovviamente, quello mortale del sabato di Ratzenberger, il giorno antecedente allo schianto al Tamburello con la sua Williams.
Ma la domanda è sulle motivazioni intrinseche a competere, e la cosa, finché è una boutade sul mollare tutto e andare a pescare di Sid Watkins, lo storico medico della F1, ci può stare.
Non ci sta, invece, senza contesto narrativo atta a sostenerla, se posta con serietà, dacché il Nostro viene mostrato a mimare i movimenti alla pedaliera financo quando amoreggia sulla spiaggia.
Per avere un metro di paragone, il suo compagno di squadra in McLaren nel biennio vincente ’90-’91, Gerhard Berger, lascerà a 38 anni, quello in Williams nel ’94, Damon Hill, a 39.
Per non parlare del Leone d’Inghilterra Nigel Mansell, ritiratosi (di fatto) a 39 anni da Campione del Mondo, o del top rivale di Ayrton, Alain Prost, che appese il casco al chiodo, anch’esso da iridato, a 38 anni.
(Vedi cosa significa, cara giornalista senza nome, divagare con riflessioni irrilevanti anziché centrare il punto…).
A casa tua Professore, l’impatto visivo vince, le musiche predestinate
In pratica, riassumendo, tutti i personaggi con sostanzioso tempo a schermo sono scritti male, senza alcun tipo di tridimensionalità.
Tutti, tranne uno. E parlo proprio del Professore, Alain Prost. Un Vegeta farabutto, sportivamente parlando, con slanci di umanità, il quale, oltre a essere identico all’originale nei suoi ricciolini, ha decisamente maggiore spessore rispetto all’unidirezionale Senna, un Goku insopportabile contro il sistema.
Oltre a ciò, la serie ha un valido impatto visivo, sia nelle ricostruzioni delle corse, coadiuvate dalle immagini di repertorio, che nel trucco dei piloti, basti pensare all’ottima realizzazione del volto deturpato di Niki Lauda.
Bene anche la selezione delle musiche, con un richiamo costante, facile da prevedere, alle sonorità degli anni ’80 e ’90.
Emozione pura questa mancanza di tensione
Forse l’aspetto più deludente della serie, però, è la mancanza di tensione. Nemmeno durante le controverse Suzuka ’89 e Suzuka ’90, dove Ayrton e Alain si sono speronati a vicenda per vincere il campionato (con la Federazione che ci ha messo lo zampino…), si percepisce il valore di ciò che è in ballo.
Neppure un momento di commozione, a piangere sono talvolta i personaggi, ma sfido chiunque a versare lacrime guardando i 6 episodi. Eppure si tratta dell’epica e tragica storia di uno dei 100 individui più importanti della seconda metà del Novecento. Ma nulla sotto questo punto di vista, ti assicuro, e io sono riuscito a commuovermi persino con Colpi da maestro…
Nonostante le critiche, le 5 ore di Senna scorrono relativamente bene, si può, difatti, finire la serie in un’unica sessione, senza arrivare esauriti al termine. Il che è un merito non trascurabile. Ma, e lo dico con un punta di orgoglio, le mie telecronache sono centomila volte più emozionanti…
(Ti do un anno per inseguire il tuo sogno, giovane Ayrton. Se no ti trovi un lavoro onesto nelle criptovalute…).
(Abbonati a Netflix per assistere allo spettacolo di Senna a partire dal 29 novembre. Clikka, clikka, clikka…).
(Xuxa, mi ricordo di te…).
(Cesare, sto giocando ancora…).