Scarpette Rosse è un film del 1948 diretto da Micheal Powell e Emeric Pressburger (fondatori della casa di produzione The Archers), vincitore di due premi Oscar, per la migliore scenografia e la migliore colonna sonora. Nel 1999 è stato inserito dal British Film Institute nella lista dei 100 migliori film britannici del XX secolo al nono posto. Nel 2009 la pellicola è stata restaurata a cura dello stesso Martin Scorsese (insieme con Thelma Schoonmaker), che da sempre manifesta apprezzamenti per questo film, il quale di fatto rientra tra i suoi preferiti.
Scarpette Rosse: di cosa parla?
La compagnia di danza di Boris Lermontov (interpretato da Anton Walbrook) è tra le più richieste del momento, celebre per le musiche dell’orchestra ed i talentuosi ballerini, nonché le spettacolari scenografie, protagoniste degli stessi balletti. Il giovane Julian Craster (Marius Goring), studente del conservatorio e talentuoso compositore, viene assunto nella compagnia dopo aver dimostrato il suo talento a Lermontov. Poco dopo conosciamo Victoria Page, ovvero Vicky (interpretata dalla splendida ed esordiente Moira Shearer, impegnata nel ruolo che segnerà poi la sua carriera), vera protagonista della pellicola: una giovane e talentuosissima ballerina che si farà notare da Lermontov a tal punto da venire scelta come prima ballerina per il prossimo spettacolo della compagnia, Scarpette Rosse, tratto dall’omonima fiaba di Hans Christian Andersen del 1845. Scarpette Rosse narra di una ballerina posseduta da un paio di scarpette forgiate dal demonio, di un colore rosso acceso, dotate di una propria anima e che muoveranno i piedi della ragazza, facendola ballare fino allo sfinimento, giorno e notte, per mari e monti, sino a condurla alla morte. Il film assume delle tinte sempre più drammatiche, ponendo Vicky dinanzi alla dura scelta tra l’amore e la carriera.
Analisi e Riflessioni
Scarpette Rosse è uno dei maggiori capolavori del cinema britannico, ancora oggi conserva la sua forte rilevanza storica e tecnica nel mondo della cinematografia. Si tratta di una vera e propria opera d’arte, un piacere per gli occhi. Un film visionario, permeato da un’atmosfera onirica e surreale, sognante, in grado di immergerci nella fiaba di Andersen, giocoforza le splendide scenografie di Hein Heckroth e Arthur Lawson e la colonna sonora di Brian Easdale, che di fatto sono valse l’Oscar. È un film rivoluzionario che ha riscritto il genere del ballet-movie, dotato di importanza storica per il cinema a colori, grazie alla magistrale fotografia di Jack Cardiff. I costumi, l’utilizzo di peculiari tecniche registiche (quali ad esempio la soggettiva durante le piroette), ma soprattutto le scenografie mozzafiato, con dipinti, sovraimpressioni e animazioni, contribuiscono notevolmente a rendere quest’opera un capolavoro, senza nulla togliere alla narrazione. La trama è fortemente melodrammatica e rappresenta il conflitto tra arte e vita, portato all’esasperazione.
Il film svolge un’analisi del rapporto tra arte e vita, della costante compenetrazione tra le due, dove la stessa arte, in questo caso della danza (che per eccellenza incarna la politica del sacrificio), diviene ragione unica di esistenza di Vicky Page. L’arte viene vista come sacrificio, giungendo alle estreme conseguenze che derivano dalla dedizione costante alla danza, tale da erodere completamente la vita della giovane protagonista, posta dinanzi all’estremo out-out: tra la danza e l’amore, tra l’arte e la vita. Emblematica è la scelta della fiaba di Andersen, dove proprio le scarpette rosse alludono alla passione per la danza, tale da consumare la ballerina. Una ragazza dunque erosa dalla sua stessa passione: ciò che poi verrà trasposto proprio nella vita di Vicky, che subisce una drammatica identificazione con la protagonista del balletto nella tragica discesa verso la follia. Il tema dell’artista ossessionato e distrutto dalla sua arte è peraltro più che ricorrente nel cinema: basti pensare a film come Whiplash di Damien Chazelle o ancora, Il cigno nero di Darren Aronofsky, quest’ultimo una chiara citazione a Scarpette Rosse in quanto anche qui la splendida Natalie Portman interpreta una ballerina.
In questo senso il personaggio di Lermontov, dall’atteggiamento dittatoriale e contraddistinto dalla sua crudele intelligenza, con tono pacato e saggio è solito dispensare massime dai connotati assoluti, regole ferree che non possono e non devono voler violare tutti coloro i quali fanno parte della sua compagnia. L’uomo è interpretato da un eccezionale Walbrook, dallo sguardo felino e la voce placida, che ha donato forte tridimensionalità al personaggio, visto nella sua fragilità e al contempo nella sua estrema cattiveria. Ci fa accettare in modo meschino che per l’arte si possa morire. Eppure Craster non può considerarsi come la controparte buona, non è tanto meglio di Lermontov laddove anch’egli, come il dispotico imprenditore, pone Vicky dinanzi all’estrema scelta.
“La vera impressione di semplicità non si ottiene che con una vera tortura dell’anima e del corpo.”- Boris Lermontov
Scarpette Rosse è una pellicola melodrammatica, presentando una narrazione di una crudeltà inaudita, propria della fiaba originale di Andersen, dove la ballerina, condannata al ballo perpetuo, finirà per chiedere ad un boia di mozzarle i piedi affinché potesse porre fine a quella tortura. Ciò che caratterizza l’opera è quindi l’eccesso in ogni singolo elemento, l’esasperazione che permea i temi trattati con estrema drammaticità. Riconosciamo l’importanza storica del capolavoro in questione che figurò, ai tempi, come una novità assoluta del musical non americano, dove la danza non è più rappresentazione di gioia e vitalità, dove anzi il tema della morte è dilagante.
Si tratta di un film romantico, un romanticismo che però non si riduce meramente al rapporto tra i due giovani protagonisti, bensì si tratta di un romanticismo estremo, gotico, demoniaco che si nutre per la propria arte. La scelta è assoluta, ci viene presentata in modo estremo l’inconciliabilità tra i sentimenti e la carriera, perché l’amore deve sussistere esclusivamente per la carriera e per nessun altro. I sentimenti rivestono un’accezione negativa, figurano come una distrazione in grado di sporcare un’arte, di renderla sterile, grezza, priva di pathos. Eppure il sentimento che risulta più dannoso è la gelosia, essa stessa fautrice di un destino crudele.
“Quando una ballerina è così imbecille da sposarsi, per me non ha più valore.”- Boris Lermontov
Scarpette Rosse: una vera opera d’arte
Da sfondo al melodramma possiamo ammirare delle splendide immagini, grazie alla meravigliosa fotografia di Jack Cardiff e alle scenografie. Uno splendore che deriva dal peculiare utilizzo dello spazio, dove astratte profondità e cromatismi accesi hanno la stessa libertà del sogno. Seppur naturalmente viene spontaneo riferirsi alla sequenza madre della pellicola, ovvero la meravigliosa, surreale e onirica scena del balletto che dà il nome al film, numerose sono in realtà le scene che si presentano come veri e propri dipinti. Ad esempio il compleanno di Grischa: una meravigliosa scena notturna sulle sponde di uno specchio d’acqua, che sembra rimandare ai dipinti di Renoir (pittore impressionista che era solito rappresentare spaccati della vita parigina, in particolare momenti di festa e gioia). O ancora, i momenti in cui Lermontov è solo, immerso nei toni del grigio, colto nella sua fragilità; o quando, col volto cupo, apprende la notizia del matrimonio dei protagonisti, risvegliando in sé un sentimento di gelosia inaudita: particolare in questo caso la scelta dei toni del rosa e del rosso, colori che alludono all’amore e alla passione, ma al contempo alla rabbia provata dall’uomo. Jack Cardiff, artista della fotografia, fa un uso sapiente di colori e luci, dichiarando di ispirarsi a grandi artisti classici quali Rembrandt e Caravaggio, in particolare per i forti e netti contrasti di luci ed ombre. Peculiare inoltre il forte dinamismo, naturalmente evidente con riferimento alla danza, ma in realtà presente in ogni momento laddove la pellicola è ricca di scene affollate, quali ad esempio i dietro le quinte che dipingono perfettamente le atmosfere del teatro, fatto di rituali, ansie e preoccupazioni. E ancora, la drammatica scena della corsa giù per le scale: una vera e propria corsa verso la morte.
Infine, ma non per importanza, la musica. La colonna sonora, composta da Brian Easdale e vincitrice di un premio Oscar, è meravigliosa e tale da rappresentare perfettamente ogni stato d’animo. I personaggi si abbandonano sulle note musicali del tema portante, fondamentale per esprimere ogni sensazione, così direttamente trasmessa allo spettatore. La pellicola nasce con l’obiettivo di suscitare stupore attraverso le sue magiche e meravigliose atmosfere, dove il naturalismo viene meno per lasciar spazio al sogno.
Qui il trailer originale di Scarpette Rosse:
E, per i più curiosi, qui un video in cui Martin Scorsese spiega l’operazione di restauro di questo capolavoro: